mercoledì, luglio 26, 2017

GLI AMARISSIMI “BACI PERUGINA" PORTATI DALLA GLOBALIZZAZIONE E DALLA ROBOTIZZAZIONE. LA NESTLÈ, MULTINAZIONALE PROPRIETARIA DEL FAMOSO MARCHIO, HA ANNUNCIATO 340 LICENZIAMENTI.



Oristano 26 Luglio 2017
Cari amici,
Baci amari per 340 lavoratori della Nestlé, addetti alla produzione dei Baci Perugina, famosi in tutto il mondo. Scivolate nel 'limbo' dei nuovi poveri altre famiglie che, complici i robot e la globalizzazione, gusteranno il sapore molto amaro di quei noti baci, per anni simbolo del nostro dolce made in Italy. La Mannaia della multinazionale Nestlé è calata dunque nello stabilimento di San Sisto in Umbria. I sindacati sono insorti, ma l’efficacia della protesta appare debole e scontata. Ora, nei fogliettini di uno dei cioccolatini più famosi al mondo, i lavoratori dello stabilimento Umbro leggeranno non le brevi frasi romantiche degli innamorati, ma parole ben più amare: quelle di commiato.
Eppure, come accusano i sindacati, è trascorso appena un anno dal piano di rilancio concordato con l'azienda che, ora, dopo appena 12 mesi, sembra diventato carta straccia. L'accordo, siglato al Ministero del Lavoro, aveva ottenuto la concessione della cassa integrazione per 819 lavoratori, legata al rilancio aziendale. Prevedeva investimenti per 60 milioni di euro in tre anni, con il business incentrato sul prodotto principe, il Bacio Perugina. Non ci sarebbero dovuti essere esuberi ma nuovi manager, innovazione delle tecnologie produttive e del modello organizzativo. A compensare il calo della produzione relativa ai mesi caldi ci sarebbe stata quella dei gelati, sostitutiva delle vendite dei cioccolatini.
Apparentemente tutto sembrava procedere in modo regolare, in quanto il piano sembrava produrre buoni risultati, come confermato anche dalla Nestlé. L'azienda affermava, infatti, che il mercato dell’export negli Usa, Canada, Brasile, Cina ed Australia viaggiava in doppia cifra. Improvvisamente, invece, l’amara sorpresa dello spettro del licenziamento, trasformando la speranza in angoscia e facendo sì che quel dolce cioccolato con la nocciola dentro diventasse amarissimo per i dipendenti.
Una grande preoccupazione si addensa sul futuro dell'azienda della Nestlé in Umbria, dopo l'annuncio del nuovo piano industriale che, con un investimento di 60 milioni di euro, prevede però molti esuberi e senza cassa integrazione. Quel Piano industriale che destinava l'investimento di 60 milioni di euro all’acquisizione di nuove tecnologie e alla robotizzazione degli impianti, quella moderna ristrutturazione ipotizzata, nel suo scenario tecnico-organizzativo, nonostante le apparenze di nuova efficienza, si sarebbe rivelato letale per i dipendenti: avrebbe comportato, come spesso avviene in questi casi, un caro prezzo da pagare: una pesante diminuzione dei posti di lavoro.
Il comunicato ufficiale, emesso da Leo Wencel, capo del settore mercato della Nestlé, è stato chiaro e senza troppi giri di parole: la ristrutturazione avrebbe comportato il licenziamento, senza Cassa Integrazione, di 340 lavoratori. Questa drastica decisione ha costretto i sindacati a dichiarare lo “stato di agitazione", ma con quali speranze e per ottenere cosa? Il clima appare difficile e particolarmente arroventato.
"Con la dichiarazione di Wencel - sostengono i sindacati - ancora una volta Nestlé straccia completamente l'accordo firmato un anno fa che ricordiamo a tutti aveva la finalità di riassorbire gli esuberi e di gestire eventuali situazioni di criticità senza impatti sociali. Quello che invece emerge è la visione da parte dell’azienda di voler fare della Perugina una 'fabbrichetta da sottoscala'". Il futuro appare davvero incerto: ora bisognerà attendere gli incontri fra le parti per capire se i lavoratori potranno ancora scartare Baci con parole d'amore oppure di rabbia, per il lavoro perduto che ormai non c'è più.
Cari amici, a chi si era illuso che la globalizzazione avrebbe creato maggiore benessere e uguaglianza, che avrebbe diminuito il forte divario tra chi produce e chi lavora, dico che (se non lo ha già avuto) deve ricredersi quanto prima. Il livellamento che la globalizzazione ha cercato di portare, uniformando mercati e finanza, non ha certo diminuito le differenze esistenti ma le ha aumentate; oggi i ricchi sono ancora più ricchi mentre le schiere dei poveri sono sempre in aumento, considerato che le produzioni vengono fatte dove il lavoro viene pagato di meno. Tra globalizzazione e robotizzazione sempre in crescendo, penso che il futuro di milioni di lavoratori sia già segnato.
Amci miei, il futuro che io immagino mi preoccupa molto: non riesco a capire come potrà sopravvivere una moltitudine di uomini e donne estromemessa dai posti di lavoro; in tempi abbastanza brevi saranno molti milioni, forse miliardi, i 'senza lavoro'! Che succederà? Questa moltitudine sarà almeno in grado di ribellarsi? Sarà capace di sovvertire un iniquo nuovo ordine sociale che consente a poche decine di multimiliardari di possedere come cosa propria oltre la metà del mondo? Difficile prevedere cosa succederà, anche se penso che alla fine una rivoluzione, magari di tipo nuovo, anche molto diversa da quelle che abbiamo conosciuto, stia covando già sotto la cenere. Non credo che la specie umana sia rassegnata a tornare ad essere govermata da un nuovo Faraone che magari oggi ha preso il nome di Grande Fratello.
A domani.
Mario


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