Oristano
20 Marzo 2016
Cari amici,
una recente Legge
Regionale ha stabilito che, con
decorrenza 16 Marzo, in Sardegna il pane godrà di una adeguata tutela e protezione. Intanto farà chiarezza, in particolare nei confronti del consumatore: quello fresco dovrà essere venduto "entro la giornata in cui si
è concluso il processo produttivo", inoltre, cosa molto importante, quello
precotto o pre-congelato, non potrà più essere messo in vendita negli stessi
scaffali del pane fresco, ma
collocato "in scaffali ben distinti e separati da quelli del pane fresco e
accompagnato dalla dicitura 'pane ottenuto da cottura di impasti'",
per evitare confusione tra i due prodotti. Con la stessa legge viene anche istituito
il
registro regionale delle
tipologie da forno, tipiche della tradizione isolana; è previsto inoltre un
percorso di accompagnamento per l'accesso al regime delle denominazioni di
origine protetta, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità
tradizionali garantite. Infine, viene anche istituito un Contrassegno Regionale, attestante la vendita di pane fresco, con
precise indicazioni sulle modalità di preparazione e sulle materie prime usate.
La legge è stata approvata
all'unanimità dal Consiglio Regionale, dopo l’unificazione delle proposte di
legge presentate da Daniela Forma del Pd e da Luigi Crisponi dei Riformatori.
La nuova normativa era molto attesa dagli operatori del settore, ed è stata
salutata positivamente in particolare dall'Associazione Panificatori della
Confcommercio. Ora sarà possibile, dicono, contrastare più efficacemente il
dilagante abusivismo. La legge, nei 15 articoli in cui si articola, individua
negli accordi di filiera lo strumento principe per valorizzare l'intera
produzione. "Ad oggi - ha spiegato Daniela Forma del PD - la
legge non permetteva al consumatore di riconoscere il pane fresco di giornata
rispetto a quello conservato, precotto o presurgelato, distinzioni estremamente
importanti sia per i panificatori che per i consumatori in quanto le differenze
sono sostanziali non solo sui tempi e modalità di preparazione, ma soprattutto
sul livello nutrizionale”.
L’esigenza di una
regolamentazione chiara, era da tempo sollecitata dal settore della
panificazione che in Sardegna è composto da circa 1.050 imprese con oltre 4.000
addetti e 350 milioni di euro di fatturato totale annuo. Un settore vitale - ha
sottolineato l'esponente del Pd - che porta con sé un sistema di competenze e
tradizioni che oggi sono in grado di soddisfare una domanda che varia dal pane
comune, ai pani tipici, come il carasau, sino ai pani rituali e quindi più
vicini alla tradizione. "Abbiamo voluto valorizzare le nostre
tradizioni più vive - ha commentato Luigi Crisponi, altro firmatario
della Legge - preservandole dalla pressione della modernizzazione che spesso grava
sui consumatori in modo maldestro. Il testo unificato disciplina in maniera
organica l'attività della panificazione, tutela le capacità professionali degli
imprenditori, assicura il valore delle produzioni da forno tipiche e infine
garantisce gli utenti su caratteristiche e ingredienti contenuti nei prodotti
panari posti sui banchi di vendita".
Cari amici, la panificazione
in Sardegna è una tradizione millenaria, ancora oggi viva e vegeta, che non
teme confronti con le altre realtà. Nella cultura sarda il pane non era (e non
è) soltanto un alimento, come in tutti i popoli mediterranei, ma assumeva anche
un importantissimo significato simbolico. La grande diversità tra i vari tipi
di pane non riguardava in passato solo la sua composizione (relativamente agli ingredienti),
ma era relativa anche al ceto sociale a cui era destinato e alle particolari cerimonie
per cui veniva preparato.
La panificazione un
tempo era quasi esclusivamente domestica e impegnava non poco le donne della
casa, alle quali era demandato l’intero ciclo della panificazione: dal lavaggio
e la molitura dei cereali alla loro setacciatura, dall’impasto alla cottura. L’iniziazione
a questo delicato e faticoso compito avveniva fin da subito, quando le donne
erano ancora bambine. Ancora giovanissime esse venivano coinvolte nella
panificazione con i compiti più semplici, mentre le fasi più complesse erano eseguite
dalle donne più mature, esperte; erano loro a gestire in modo competente e raffinato la difficile preparazione
del pane nelle occasioni particolari, quali le feste religiose, i matrimoni, i
battesimi, etc.
Arte complessa quella
del pane, che richiedeva lunghi tempi di lavorazione: iniziava la sera e terminava
la mattina successiva, con la cottura nel forno a legna. Nonostante la grande
fatica necessaria le donne vivevano con gioia quest’impegno: durante le varie fasi si
raccontavano fatti divertenti e maliziosi; poi, come rito scaramantico, per
augurarsi la buona riuscita del pane tracciavano un segno di croce sull’impasto
durante la lievitazione e, nelle fasi successive, recitavano altre formule
rituali propiziatorie. Infine, prima di infornare, appoggiata la pala sul limitare della bocca del forno, era consuetudine farsi, con rispetto, il segno della croce.
Considerato il grande impegno necessario, questa complessa operazione non poteva essere affrontata quotidianamente: era un’operazione effettuata con cadenza settimanale e raramente si panificava due volte nella stessa settimana. Una volta tolto dal forno il pane
veniva custodito in appositi contenitori (is carrigus) e coperto con dei teli
di cotone o lino che, nel periodo estivo, venivano spruzzati esternamente con
dell’acqua per non farlo seccare troppo. Al pane era universalmente attribuita un'aura di sacralità: non
poteva mai essere gettato via, una volta diventato raffermo veniva consumato
ammorbidito nelle zuppe, oppure tagliato a fette e, dopo essere stato passato
in acqua bollente, condito con sugo e formaggio fresco, o anche fritto; anche la sua posizione a tavola era regolamentata: veniva collocato con delicatezza, mai messo rovesciato, in quanto sarebbe stato di cattivo augurio! Pensate, se per un gesto maldestro anche un solo piccolo
pezzo di pane cadeva a terra, lo si raccoglieva subito, e, dopo averlo soffiato, veniva rimesso sulla
tavola dopo essersi fatto il segno della croce.
Cari amici, certo, i
tempi cambiano: quelli che Vi raccontavo erano quelli della Civiltà Contadina, che sembra ormai lontana anni luce! Oggi, con l’avanzare dell’industrializzazione, la panificazione
domestica in Sardegna ha subito un forte calo ma la tradizione è rimasta, e i
panificatori sardi sono sempre bravissimi. Comunque, il 'pane casareccio' piace ancora molto: risulta in costante aumento la richiesta di quello preparato con grano duro come una volta, cotto nel forno a legna.
Il pane dunque, per noi sardi, continua ad essere non solo un alimento ma molto
di più: qualcosa di magico, di...misteriosamente più prezioso!
A domani.
Mario
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