Oristano
3 Marzo 2016
Cari amici,
Che l’uomo istintivamente
sia sempre stato portato a dimostrare agli altri la sua superiorità, cercando di apparire
sempre il più forte, il più dotato, quello capace di vincere sempre le sfide
che ogni giorno la vita gli mette davanti, è cosa nota. Questo comportamento,
conseguentemente, non fa che dimostrare che la bontà, l’altruismo non gli sono congeniali,
e credo mai lo saranno. L'espressione latina “homo homini lupus” (letteralmente
"l'uomo è un lupo per l'uomo"), evidenzia in modo chiaro questo
concetto. Perché oggi inizio la mia riflessione affondando il coltello sulle debolezze umane? Semplicemente perché,
qualche giorno fa, in un simpatico quanto piacevole incontro tra amici ci siamo
sbellicati dalle risate, ricordando quella
“curiosa barzelletta” che riguardava un ricco signore colpito da improvvisa défaillance
sessuale.
Poiché sono abituato a
metabolizzare a posteriori fatti e avvenimenti del giorno nei miei momenti
serali di relax, l’episodio mi ha stimolato a riflettere sulle tante volte che
ciascuno di noi cerca, in tutti i modi, di superare i vari momenti di défaillance,
mai arrendendosi all’evidenza! Quante volte sarà capitato anche a Voi di cercare di
apparire sereni e tranquilli, mostrando agli altri una maschera di sicurezza
sul viso, mentre al Vostro interno regnava il panico, l’apocalisse? Questo perché
mostrare agli altri le proprie debolezze, le propria fragilità, è una prova difficile,
che quasi mai ci sentiamo di fare! Il motivo è semplice: l’istinto primordiale
(tornando all’homo homini lupus), ci porta a non avere alcuna fiducia negli
altri, convinti che la nostra debolezza, se conosciuta, ci condannerà.
Cari amici, la Società
in cui viviamo, in particolare questa del Terzo Millennio, è più una società dell’apparire che una società dell’essere. Al giorno d’oggi tutti vogliono
apparire ben più forti e capaci di quello che sono, mostrarsi sempre, sia
uomini che donne, personaggi superiori, simili a quelli che, parafrasando certi
termini usati dalla pubblicità “non
debbono chiedere mai”! Tutto questo ha fatto sì che, per paura della nostra
fragilità, continuiamo a indossare quotidianamente quella maschera da palcoscenico,
quella finta corazza che ci mostra diversi, apparentemente più forti, ma deboli
e vuoti dentro.
È proprio vero: essere
se stessi non è mai facile! Mettersi a nudo, mostrare le proprie debolezze, è
una grande prova di coraggio che pochi si sentono di fare! Del resto cosa importa se poi
tutto questo contribuisce a creare intorno a noi una società sempre più “falsa”,
sempre più appariscente e luminosa fuori, ma tetra e buia dentro di noi? Poco o
niente, e con indifferenza continuiamo a praticare il gioco della falsità, della recita
continua, dell’apparente amicizia, mentre invece dentro ci sentiamo ancora più
isolati, solitari e diffidenti. Il sociologo statunitense David Riesman ha ben messo il dito in
questa piaga, definendo questa società falsa e bugiarda, “La folla solitaria”.
Eppure l'uomo fin dalle origini non ha mai amato vivere da solo. Egli ha sempre avuto bisogno di stare
“insieme all’altro”, in quanto impaurito dalla solitudine, dai pericoli, dalla riconosciuta
incapacità di affrontare senza amici le avversità della vita. Nonostante ciò
egli è rimasto schiavo della “paura
dell’altro”, timore che continua a spingerlo a mostrargli la sua
superiorità! Insomma la sua potremmo definirla ‘la paura della paura’! In passato Fedro ed Esopo, misero a nudo
questo suo mondo fragile, e, per mostrarlo, utilizzarono ironicamente, come veicolo, gli animali. Michel de
Montaigne, un filosofo, scrittore e politico francese del 1.500, affermava che “La
guerra più difficile per l’essere umano è la guerra contro se stesso. La storia
è piena di uomini e di donne che hanno vinto il mondo ma che sono crollati di
fronte a loro stessi e alle loro debolezze”.
Cari amici, a questo
punto credo che la Vostra curiosità sia arrivata a tal punto da chiedermi di
far partecipi anche Voi di quella “maldicenza
curiosa” da me accennata in premessa. Ebbene, non ho difficoltà a raccontarla, almeno a quelli che non la conoscono.
Eccola.
Un uomo di campagna
ormai non più giovane, con grande angoscia e amarezza si accorse che il suo
vigore sessuale andava costantemente scemando: arrivato fino al punto da
renderlo incapace di adempiere ai suoi doveri coniugali. La cosa lo angustiava
talmente che, vincendo la vergogna, si decise a consultare uno specialista. Partito
in città in gran segreto, espose con non poca difficoltà il suo problema al
medico che, dopo averlo visitato e sottoposto ad analisi, lo pregò di ritornare
alcuni giorni dopo per ritirare i risultati.
Il giorno stabilito l’uomo,
in preda ad una comprensibile ansia, si recò dal medico e, non avendo potuto conferire
con lui in quanto era fuori sede, ritirò comunque dalla segretaria la busta con
il suo referto clinico. Arrivato a casa si chiuse nello studio (non voleva
certo far sapere alla moglie della visita) e, aperta la busta, iniziò a leggere
la relazione. La diagnosi era espressa in termini medici, per lui difficili
da comprendere, anche se letti e riletti più di una volta.
La relazione
terminava con una frase sibillina “… in sintesi si può definitivamente affermare che
l’organo esaminato può essere così definito: S.S.P.P.”. La firma del
medico sigillava la relazione.
L’uomo con gli occhi
fissi sul foglio cercava in tutti i modi di afferrare il significato di quella
sentenza: cosa significavano, poi, quelle lettere maiuscole puntate S.S.P.P.? Iniziò così a fantasticare. S significava sicuramente sano, pensò…ma l’altra S? Ah, forse era una conferma, dunque sanissimo! Credo che andiamo bene,
penso. Esaminando le successive P
associò la prima a perfetto: certo
che ci stava bene… anzi la doppia P
poteva significare addirittura perfettissimo,
sentenziò. Il cuore gli batteva forte e ripeteva mentalmente “Sano sanissimo, perfetto perfettissimo”... insomma si si convinse che andava
tutto ok!
La notte cenò con
rinnovato piacere con la moglie e, dopo cena, a letto tentò l’ennesimo assalto,
ma nulla, purtroppo, di quello che aveva sognato si avverò: il tentato amplesso
fu una sconfitta peggiore delle precedenti. Dopo aver trascorso la notte
insonne, la mattina, nervoso e agitato, si recò nuovamente dal medico e, aspettato il suo turno, fu
ricevuto. Dopo un attimo di titubanza, entrò in argomento e gli disse:” Dottore
non so quanto lei mi abbia illuso, ma leggendo il suo referto mi era sembrato
di capire che Lei mi avesse trovato in ottimo stato (evidenziato
dall’affermazione S.S.P.P.), ma purtroppo quando ho riprovato con mia moglie sappia
che è andata anche peggio di prima”!
Il medico lo osservò attraverso
i suoi occhialini dorati, con uno sguardo tra il serio e il faceto; non rispose
subito, forse perché cercava le parole giusta per rispondergli. Alzatosi in
piedi alla fine gli rispose: “Vede, caro signore, lei ha inteso male il
significato della mia relazione; quello che lei ha inteso come ‘sano sanissimo,
perfetto perfettissimo’, nascondeva ben altro: tutto il suo contrario! Sa cosa intendevo dire con
quell’abbreviazione? Serve Solo Per Pisciare! L’uomo, col viso contratto in una
smorfia di dolore, si alzò a fatica e, senza profferire parola, andò via.
Con ironia, amici miei,
concludo con una massima del famoso cantante George Michael: “Penso che per la maggior parte
di noi le nostre più grandi fragilità siano di natura sessuale”.
A domani.
Mario
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