Oristano
13 Marzo 2016
Cari amici,
inutile negare che l’azzeramento
da parte dell’UE dei dazi doganali su un nuovo contingente di 35.000 tonnellate
annue di olio tunisino (“aggiuntive” a quelle già in essere) non crei problemi
alla produzione italiana: chi lo afferma non dice certo la verità! Stando ai
fatti, questa nuova facilitazione, che porta le attuali 56.700 tonnellate anno
a oltre 91.000, ha provocato una forte indignazione da parte dei nostri
agricoltori. La giustificazione adottata dall’Europa, quella di voler aiutare
la Tunisia, un Paese che sta affrontando un periodo difficilissimo, pur
condivisibile, penalizza in modo particolare l’Italia, che in cambio certamente
poco avrà in agevolazioni di altro genere.
La nostra olivicoltura,
già duramente provata da eventi eccezionali come il pessimo raccolto 2014, a
cui si è aggiunta l’epidemia di Xylella, potrebbe avere da questa ulteriore
massiccia importazione a dazio zero, contraccolpi di non poco conto. C’è il
rischio, infatti, che le importazioni a basso costo dalla Tunisia, vadano ad
alimentare il mercato nero del finto extravergine tricolore, come dimostra il maxi
sequestro operato di recente dalla Forestale in Puglia, con 7mila tonnellate di
olio nordafricano bloccate appena prima che alcuni oleifici pugliesi le
mettessero in commercio come made in Italy.
Il settore olivicolo,
già in difficoltà come i recenti fenomeni di falsificazione hanno messo in
luce, potrebbe trovarsi ora in ginocchio (anche se una clausola consente questi
nuovi limiti solo per il 2016 e per il 2017), alla faccia delle rassicurazioni
portate sia da Renzi che dal Ministro Martina (ormai definite più favole che
realtà) sul rilancio in atto del Made in Italy.
La decisione di
aumentare le importazioni senza dazi di olio tunisino nell’Unione Europea era
stata adottata a Settembre dalla Commissione Europea: la misura era stata accordata
per aiutare l’economia della Tunisia in un momento piuttosto difficile, oltre
che per garantire la stabilità del suo sistema democratico (l’unico che si può
definire tale tra quelli usciti dalla cosiddetta “primavera araba”). Federica
Mogherini, capo della diplomazia europea, aveva commentato la proposta dicendo:
«Circostanze
eccezionali richiedono misure eccezionali. […] In questo periodo difficile la
Tunisia può contare sul sostegno dell’UE». L’olio d’oliva, infatti, è
il principale prodotto agricolo esportato dalla Tunisia verso l’Unione Europea
e la sua produzione dà lavoro – direttamente o indirettamente – a più di un
milione di persone.
La Tunisia, dunque, viene privilegiata in sede UE, stante il successo della “primavera araba”, l'unica che è riuscita a completare la transizione da un regime
autoritario a un sistema democratico (anche se non certo esente da difetti). Stante questo, non sono mancati gli attentati, compiuti ripetutamente dallo Stato Islamico, che hanno indebolito
non poco l’economia nazionale tunisina, basata principalmente sul turismo, e
hanno fatto aumentare il timore che la situazione fuori controllo della vicina
Libia possa destabilizzare anche la fragile democrazia Tunisina (la grave crisi
libica viene considerata dall’Unione Europea come una delle priorità di
sicurezza da affrontare nel prossimo futuro). Questi i motivi per cui l’Unione
Europea ha concesso la facilitazione, stanziando anche fondi aggiuntivi alla
giovane e debole democrazia di questo Paese.
In Italia si è discusso
parecchio del provvedimento. La Coldiretti, la principale associazione che
rappresenta gli agricoltori, ha detto che la misura danneggia non poco l’economia
agricola italiana e in particolare quella delle due Regioni produttrici di olio
per eccellenza: la Puglia e la Sicilia. L’accusa è rivolta soprattutto al Governo
di Matteo Renzi, reo di non essersi opposto a sufficienza nel Consiglio Europeo
alla proposta di aumentare le importazioni prive di dazi, senza garantire niente in cambio ai Paesi danneggiati.
Cari amici, quando la
coperta risulta troppo corta, è difficile che tutti quelli che stanno nel letto
riescano a scaldarsi a sufficienza. Spesso gli interessi di una parte ledono
anche gravemente gli interessi di un’altra, creando in questo modo situazioni “del
dopo”, peggiori di quelle che apparentemente si sono volute sanare. Lo
constatiamo oggi, per esempio, pensando all’invasione della Libia e dell’Irak,
guerre portate avanti non tanto per migliorare la situazione umanitaria di quei
Paesi, ma per soddisfare le esigenze economiche egoistiche dei Paesi invasori.
I risultati, oggi, li paghiamo tutti: con esodi biblici di milioni di individui
che, volenti o nolenti, riusciranno a "cambiare" il volto dell’Europa.
Forse continuo a ripetermi,
però a mio avviso l’unica salvezza dell’Europa è la sua costituzione in Stato Federale,
che purtroppo non riesce ancora a formarsi, e che, ogni giorno che passa, sembra un
traguardo sempre più lontano.
A domani.
Mario
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