Oristano
16Marzo 2016
Cari amici,
inutile dire che l’abito non fa il monaco! Un abito
‘buono’, una migliore presentazione, possono dare di noi (come anche di una
cosa inanimata) una valutazione più adeguata, ed essere, di conseguenza,
osservati nella luce migliore. Questa battuta la utilizzo per parlarvi del
recente restauro effettuato nel nostro museo cittadino, l’Antiquarium Arborense,
che custodisce molti tesori inestimabili del nostro passato. Certo, quando
anche gli altri due musei (quello del Giudicato e quello della Sartiglia)
saranno entrati in funzione, la storia del nostro territorio potrà dirsi
completata e potrà dare al visitatore la giusta visione d’insieme.
Il museo cittadino di
Via Parpaglia, l’Antiquarium Arborense, è il più antico della Sardegna, e pochi
giorni fa, Venerdì 11 Marzo, ha riaperto i suoi battenti al pubblico con una
rinnovata veste. È stato ‘inaugurato’ dal Sindaco Guido Tendas, presente l’Assessore
regionale ai Beni culturali Claudia Firino, il Soprintendente archeologico
della Sardegna Marco Edoardo Minoja, il Direttore del Polo Museale della
Sardegna Giovanna Damiani, il curatore del museo Raimondo Zucca e il Presidente
della Cooperativa La Memoria Storia Susanna Naitza. Tra i lavori effettuati
l’adeguamento degli impianti, l’eliminazione delle barriere architettoniche e
la realizzazione di spazi espositivi multimediali, oltre la ricomposizione
dell’intera collezione archeologica dell’Avvocato Pischedda, acquisita dal
Comune di Oristano nel 1938.
Il precedente
‘rinnovamento’ di questo importante museo sardo risale al 2008 (70 anni dopo la sua
istituzione, avvenuta nel 1938), ed ora, dopo che l’Amministrazione Tendas è
riuscita a portare da Cagliari (grazie all’accordo con la Soprintendenza
Archeologia della Sardegna) nuovi prestigiosi materiali prima giacenti nel
museo regionale ma provenienti da varie aree della provincia di Oristano, si
presenta al pubblico più completo e interessante, arricchito anche dall’installazione
di postazioni multimediali che evidenziano nel modo migliore la nostra storia.
L’Antiquarium di
Oristano è in possesso, anche se pochi lo sanno, di “pezzi unici”. Possiede, per
esempio, sia manoscritti che libri originali, straordinariamente interessanti: un
raro (forse l’unico) documento scritto da Heinrich Schliemann, l’archeologo
scopritore di Troia, Micene, Tirinto, un prezioso manoscritto autografo del
decifratore dei caratteri cuneiformi, Rawlinson, così come una lettera
dell’archeologo Canina del 1847 inviata al celebre Lord Vernon (lo scavatore
delle 14 tombe di Tharros ricche d’ori). Dopo la ristrutturazione il museo, al
quale si potrà nuovamente accedere dall’ingresso di Piazzetta Corrias, nei due
livelli espositivi mostra: al piano terra la prima I sala e il museo tattile,
al piano superiore la seconda sala, la sala Retabli, la sala video e la sala
per le esposizioni temporanee.
Al piano terra, nella
prima sala, si può percorrere, anche se velocemente, la storia del territorio
dell’Oristanese partendo dalle sue origini: dal neolitico antico (7500 anni
fa), richiamato dall’ossidiana del Monte Arci, oggetto in passato di un intenso commercio
internazionale, al neolitico medio e recente, sia nel Sinis, che nel
Montiferru, nel Campidano e nel Barigadu, fino alla comparsa dei metalli, il
rame e il bronzo. A seguire, a partire
dal 1500 e fino al 1000 a.C., è evidenziata la cultura nuragica, con reperti rinvenuti in
numerosi ed importanti nuraghi presenti nel territorio. Dopo il 1000 inizia la
cultura d’importazione, frutto degli incontri mediterranei con i micenei, i
ciprioti e i levantini, che hanno dato vita alla così detta età dei “giganti”, con
la costruzione sia dei nuraghi che delle tombe “dei giganti”; è questo anche il periodo
in cui si fabbricano centinaia di statuette in bronzo e, a Mont’e Prama nel
Sinis, le statue colossali di guerrieri in arenaria, poste accanto alle tombe
individuali nel cimitero degli “eroi”.
Verso il 630 a.C. il
nostro territorio si popola ulteriormente: i Fenici costruiscono, insieme ai
Sardi, le città di Othoca (Santa Giusta) e Tharros, a cui seguiranno Neapolis,
Cornus, Uselis e Aquae Ypsitanae-Forum Traiani. Con la diffusione del
cristianesimo (a partire dal IV secolo d. C.) arriveranno anche i Vandali, i
bizantini, gli Islamici e i Giudici d’Arborea, la cui storia verrà narrata
meglio nel Museo Regionale della Sardegna Giudicale, che verrà allocato nel barocco Palazzo Arcais, che si affaccia, a poca distanza dall'Antiquarium, su Corso Umberto, la
più nota ‘Via Dritta’. Il museo tattile, ubicato sempre al piano terra, presenta una
selezione di oggetti delle varie fasi culturali rappresentate nel Museo,
realizzati fedelmente per essere “letti” attraverso le mani dei bambini, degli ipovedenti
e dei non vedenti. Sono stati realizzati, per questo 'particolare museo', anche dei modelli di opere d’arte medievale
e cinquecentesca, presenti nella sala Retabli, nella Cattedrale e nella chiesa di San
Francesco di Oristano.
Al piano superiore,
nella seconda sala, sono esposti i ‘pezzi unici’ della collezione Pischedda: gli ori,
le gemme e i meravigliosi vetri iridescenti. Inoltre, attraverso pannelli,
manoscritti, nonchè edizioni originali dei loro libri, vengono evidenziati gli
archeologi protagonisti degli scavi: da Schliemann a Evans, da Champollion a Rawlinson,
da Austen Layard a Paul Émile Botta, fino a Wolley, oltre a studiosi italiani che
operarono sia in patria che all’estero. La Sala Retabli ospita: due scomparti di
Retablo di bottega catalana del principio del ’400 (Madonna e Bambino con
angeli musicanti e San Martino), il Retablo smembrato di San Francesco con le
stimmate di Pietro Cavaro (circa 1533), il Retablo smembrato della Madonna dei
Consiglieri tra Sant’Andrea e San Giovanni Battista di Antioco Mainas del 1565,
lo Stemma del Regno di Spagna, oltre ad acquasantiere con lo stemma di Oristano del 1561; presenti anche iscrizioni commemorative del restauro del ponte Tirso (’700) e
della chiesa oristanese di San Vincenzo martire (1656). Completano il piano
superiore la sala video e quella per le esposizioni temporanee.
Cari amici, credo che
il museo rinnovato sarà sicuramente fonte di maggiore attrazione per i
visitatori, non solo della nostra città e dell'Isola, anche se potrà considerarsi completo solo quando anche gli altri due
musei cittadini, come menzionato in premessa, saranno messi in funzione e
aperti al pubblico. Sarà un modo ‘globale’ per mostrare al pubblico l’antico
splendore di questo nostro territorio, ma anche per invitare tutti a non
dimenticarlo e, soprattutto, fare in modo che Oristano e il suo territorio tornino ad essere un riferimento importante nell'Isola, come una
volta.
A domani.
Mario
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