Oristano 14 marzo 2024
Cari amici,
Seppure in gran parte
oramai disabitate, sono ancora tante e in buon stato le “STAZIONI
FERROVIARIE” presenti lungo le strade ferrate, oltre ai caselli per l’apertura delle
sbarre agli incroci delle strade ordinarie, così come le “CASE CANTONIERE
DELL’ANAS”, costruite nel secolo scorso ai bordi delle strade statali su tutto il territorio nazionale. Rappresentano
le tracce indelebili di un passato ben presente nella memoria degli anziani, mentre oggi destano, curiosità mista a commiserazione, nella schiera dei giovani
che scuotono la testa al pensiero del solitario svolgersi della vita di una volta, trascorsa in ristrettezze
e solitudine in questi edifici costruiti ai bordi dei linee ferroviarie e delle strade
principali del nostro Paese.
Da noi in Sardegna la rete ferroviaria prese il via nel1863 con la costituzione della Compagnia Reale delle Ferrovie
Sarde, avvenuta a Londra il 2 Giugno 1863. L’Ingegnere inglese Benjamin Piercy venne
nominato progettista e responsabile tecnico della costruenda ferrovia, e ancora oggi di
questo importante personaggio inglese, noi sardi possiamo ammirare la sua casa
sarda, “VILLA PIERCY”, posta al centro di una meravigliosa tenuta a Badd’e
Salighes. il 1° Maggio del 1871 venne inaugurato il primo tratto della linea ferroviaria che andava da Cagliari a Villasor e la locomotiva che fu utilizzata portava il nome di
Ichnusa.
La realizzazione di una
linea ferroviaria prevedeva, per il suo regolare funzionamento, oltre la posa
dei binari, la costruzione di tutta una serie di immobili: dalle stazioni di
partenza e di arrivo dei passeggeri ai caselli, dislocati all'incrocio delle strade per l'apertura e chiusura dei passaggi a livello; locali che
il personale utilizzava non solo per lo svolgimento del servizio ma anche come
residenza per se e la famiglia. Si, amici, in un passato non poi così lontano la
vita lavorativa e quella familiare non avevano grandi differenze: si lavorava,
si mangiava e si dormiva, praticamente sul luogo di lavoro! Mio nonno materno
Domenico Serra, “sorvegliante” delle Regie Ferrovie, abitò con la famiglia per un
lungo periodo nei diversi caselli ferroviari, dal Cagliaritano fino al Sassarese,
e la moglie, nonna Giuseppina Atzori (Peppica), pensate, ebbe, a volte anche da sola, nei diversi caselli ferroviari, ben 12 figli!
Nella stessa identica
situazione si trovava nella prima metà del secolo scorso il personale che
operava nelle strade nazionali gestite dall’ANAS; lavoratori che anch’essi
abitavano con la famiglia praticamente “sul luogo di lavoro”, ovvero nelle “Case
cantoniere”, costruite ai bordi delle strade di cui dovevano occuparsi. Indubbiamente
era una vita piena di grande solitudine, se pensiamo che in queste abitazioni
non c’era la luce elettrica, la rete idrica (in ogni cantoniera vi era una
cisterna che veniva riempita ogni mese) e ovviamente senza possibilità di comunicare, mancando il telefono! In caso di malattie, si raggiungeva in bicicletta il paese più vicino per chiamare un medico.
Amici, ho vissuto anche personalmente
le difficoltà di abitante delle case cantoniere, perché, come figlio di dipendente
dell’ANAS, ho trascorso diversi anni in due cantoniere, prive come detto di luce
elettrica, acqua corrente e riscaldamento; per studiare usavo il lume a
petrolio o le candele, e calmavo la sete non certo bevendo l’acqua minerale in
bottiglia ma quella della cisterna, preventivamente bollita; l'unico riscaldamento era un modesto focolare, che bruciava la poca legna che si reperiva in campagna. La lontananza dai
centri abitati, inoltre, costringeva le famiglie dimoranti nella solitaria cantoniera
a coltivare e gestire un orto per avere le verdure, un pollaio per allevare le galline o un locale per l'allevamento dei
conigli, oltre a curare qualche albero da frutto! Insomma in questo modo
si realizzava quel vero, realistico progetto alimentare chiamato oggi “a chilometro
zero”!
Era indubbiamente una vita di
sacrifici, che la generazione di oggi di certo non sarebbe disposta ad
accettare, convinta che sia possibile avere tutto e subito, ignorando l’impegno
e la fatica della generazione precedente, che ha costruito quel benessere di
cui oggi essi godono! Quella di oggi è una nuova generazione irriconoscente, che sottovaluta i
grandi sforzi fatti dalla generazione che li ha preceduti, che con fatica ha ricostruito
l’Italia uscita dalle macerie della guerra, che è vissuta senza agi, spesso mancante
anche del pane, con i ragazzi cresciuti senza avere un pallone per giocare o le bambine di una bambola; una
generazione che non avrebbe mai nemmeno potuto sognare gli agi di cui i giovani
godono oggi! Dovrebbero solo riflettere, prima di dichiarare il loro scontento!
Cari amici, tornando a
questi numerosi immobili presenti sia nella rete ferroviaria che in quella
stradale (sono diverse migliaia), costruzioni che rappresentano la storia dell’Italia
e che ancora oggi (tanti in ottimo stato di conservazione) conservano la pianta
e l’architettura di quell’epoca, ci si interroga sulla loro possibile "nuova destinazione" (conservandone in primo luogo l'originaria architettura), con un utilizzo consono ai bisogno della nostra epoca.
La società Rete
Ferroviaria Italiana ha pensato di destinare questi ex spazi abitativi a nuovi
utilizzi di pubblica utilità. Sono stati sottoscritti quasi 1500 contratti di
comodato d’uso gratuito in favore di: associazioni culturali, circoli che
organizzano eventi pubblici (concerti, corsi, mostre e presentazioni), Enti di
volontariato, operanti nel terzo settore, Comuni per l’allestimento di
biblioteche di paese e anche come centri di accoglienza di migranti per la gestire
delle situazioni di emergenza.
Anche l’ANAS ha
deciso nella stessa direzione. Con un accordo sottoscritto dall'Anas con il Ministero delle
Infrastrutture (MIT), il Ministero dei Beni Culturale (MIBACT) e il
DEMANIO, le case cantoniere ormai dismesse, dopo una riqualificazione e un'adeguata sistemazione, saranno adibite a scopi turistico culturali. Le cantoniere, dall’inconfondibile
colore rosso pompeiano, diventeranno un brand formidabile per promuovere quel
turismo sostenibile necessario allo sviluppo sociale, economico e culturale dei
tanti territori ricchi di arte, tradizioni enogastronomiche e bellezze
paesaggistiche che rendono l’Italia un Paese unico al mondo.
Cari amici, plaudo a
questa interessante iniziativa che costituisce, indubbiamente, un positivo recupero dell'esistente,
capace di soddisfare due importanti bisogni: il primo di natura conservativa, per preservare la storia di questi immobili, il secondo per un loro fruttuoso utilizzo turistico, essendo in gran parte immobili dislocati vicino a tanti paesi dell'interno, centri minori, ma ricchi di quell'antico patrimonio di saperi e sapori da diffondere e trasmettere, ai possibili visitatori.
A domani.
Mario
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