Oristano 29 marzo 2024
Cari amici,
Che la plastica sia
diventata, senza ombra di dubbio, la “Peste del Terzo Millennio” è
cosa ormai tristemente nota. Ogni anno il mondo viene invaso da centinaia di
milioni di tonnellate di nuova plastica, creando, per terra e per mare,
accumuli di plastica che, per la gran parte non vengono riciclati, continuando così ad inquinare
pericolosamente. In particolare la plastica PET, quella comunemente usata per
fabbricare contenitori per alimenti monouso, viene dispersa nell'ambiente, dove,
degradandosi in particelle microplastiche, finisce anche nella catena
alimentare sia animale che umana.
Purtroppo la produzione
di nuova plastica non accenna a diminuire, e continua a creare danni enormi sia
all’ambiente che alla salute umana. Gli studi per eliminare dall’ambiente
questo dannosissimo prodotto continuano e, di recente, un team di ricercatori
del Rensselaer Polytechnic Institute (RPI), operativo negli USA, mentre
studiava uno dei possibili modi per riciclare i rifiuti di plastica, ha fatto
una scoperta a dir poco rivoluzionaria: ha inventato un processo di riciclo che
può aprire la strada alla creazione di interessanti nuovi materiali perfettamente
biodegradabili.
I ricercatori, usando dei
particolari batteri verdi, prodigiosamente modificati con una particolare operazione
di ingegneria genetica, hanno dato vita a dei “super batteri”, capaci di
trasformare la plastica PET in robusti fili di una seta biodegradabile,
ispirata alla resilienza e alla flessibilità della seta di ragno! Una scoperta che fortunatamente ha dato vita ad un materiale resistente e sostenibile, che potrebbe
imprimere una svolta decisiva alla lotta per la difesa dell’ambiente. Lo studio
è stato recentemente pubblicato su “Microbial Cell Factories”.
Amici, un grande respiro di sollievo, dunque, per la scoperta di questi scienziati, che attraverso
un particolare processo chiamato “trasformazione microbica”, sono riusciti a convertire
la plastica in fili di seta! Ecco come avviene il processo, che, per or, è ancora
in fase di sperimentazione. È un processo che, se come appare agli scienziati
si rivelerà applicabile su scala globale, potrà presto iniziare a risolvere
l’annoso e inquinante problema del riciclo della platica. Al momento la ricerca
prosegue con grande soddisfazione degli scienziati, che hanno, con un colpo
d’ingegno, trasformato l'editing genetico di questi particolari batteri (la
modifica ha riguardato l’inserimento di una sequenza di aminoacidi simili a una
proteina trovata nella seta), ottenendo così da loro di farli produrre un
materiale molto simile alla seta naturale!
I ricercatori del
Rensselaer Polytechnic Institute (RPI), hanno utilizzato per gli esperimenti i batteri
“pseudomonas aeruginosa”. Questi batteri sono naturalmente capaci di
consumare polietilene, e gli scienziati, attraverso l’editing genetico, li
hanno opportunamente modificati per
produrre dei filamenti setosi, come prima detto. Il processo utilizzato è
paragonabile alla fermentazione utilizzata nella produzione della birra. In
questo caso, anziché nutrire i microbi con lo zucchero, i ricercatori li hanno alimentati
con una forma “predigerita” di rifiuti di plastica, trasformandoli così in un
nuovo materiale.
La scelta di iniziare a
far produrre ai batteri i filamenti di seta è stata determinata dalle proprietà
uniche che la seta possiede: è forte, leggera e naturalmente biodegradabile.
Questo nuovo materiale derivato potrà avere molteplici usi, come del resto la
plastica a cui siamo abituati, ma con un grande vantaggio in più: è in grado di
degradarsi naturalmente senza trattamenti speciali. La seta naturale, come ben
sappiamo, trova applicazioni in diversi campi, ma il suo processo tradizionale
di produzione non è economicamente sostenibile.
Cari amici, personalmente
ritengo questa scoperta “fondamentale”, per iniziare a liberarci dall’inquinamento
portato dalla terribile plastica, che continua a contaminare il pianeta. Come
ho avuto modo di apprendere (nel Web) dagli articoli di Gianluca Riccio,
direttore creativo di Melancia adv, copywriter e giornalista, la
possibilità di produrre fili di seta dai rifiuti di plastica potrebbe darci
davvero una mano. Inoltre, l’uso dell’editing genetico apre la possibilità di
personalizzare il materiale, ispirandosi ai diversi tipi di seta prodotti da
vari tipi di ragni. Questa innovazione dimostra che è possibile affrontare concretamente
il problema dei rifiuti plastici, producendo materiali utili che non inquinano
il pianeta a lungo termine. Chissà, forse abbiamo imboccato la strada giusta!
A domani.
Mario
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