Oristano 8 marzo 2024
Cari amici,
Tradizionalmente le
donne sarde (SAS FEMINAS) sono state da sempre rappresentate come persone abili e capaci, praticamente l'anima
forte e centrale della famiglia. Già in epoca nuragica il culto della Dea Madre
rappresentava quel doveroso omaggio, quella concreta testimonianza del loro
valore. Fin dal lontano passato, dunque, la società sarda era una società
fortemente “MATRIARCALE”. Ebbene, l’impronta del passato, nonostante la forte trasformazione avvenuta nella famiglia, è ancora presente, nel senso che non ha
perso del tutto l’originaria forma di rispetto nei confronti della donna e il
riconoscimento delle sue capacità.
In Sardegna questo antico
rispetto per la donna (in particolare in Barbagia) credo sia la chiara dimostrazione di quanto il ruolo de Sa
Femina Sarda sia stato sempre centrale nella antichissima cultura del
nostro popolo, che nulla aveva (ed ha ancora oggi) da imparare dagli altri
popoli del Mediterraneo che per lungo tempo dominarono l'isola. Il confronto, fin dai tempi più
remoti, con le altre civiltà, con la cultura degli altri “popoli del mare”, non
ha minimante sminuito l’importanza e il rispetto che i sardi hanno sempre
attribuito alla donna. Questa convinzione è confermata dai tanti ritrovamenti
archeologici, che attestano l’importante presenza nell’antica società sarda dell’istituzione
sociale “matrilineare”, che vedeva la donna come fulcro della vita familiare.
Fin dagli albori, dunque,
la civiltà che si è sviluppata in Sardegna ha considerato la donna come “protagonista capace,
depositaria di saggezza, di saldi principi morali, con alta capacità di
conduzione della casa e della famiglia. È la storia a dimostrarlo: dal culto
nuragico della “Dea madre” all’utilizzo delle sue forti capacità anche come “donna accabadòra”, chiamata nei tristi momenti a porre fine
all’agonia dei moribondi. La donna sarda, insomma, figura sempre protagonista nelle
vicende umane: da quelle gioiose a quelle tristi. A leggere la luminosa storia della nostra isola troviamo
donne intrise di grande coraggio, saggezza e determinazione! A dimostrarlo basta
un solo esempio: la giudicessa Eleonora D’Arborea, grande condottiero, madre e donna
legislatrice, divulgatrice del primo corpo di leggi scritte, la famosa “CARTA DE LOGU”.
Amici, questa mia riflessione
non vuole ribaltare in concetto imperante di “PATRIARCATO”, trasferendolo dal
maschile al femminile, in quanto nel concetto sardo di donna “Matriarca”, questo concetto prevaricante non è mai esistito: la donna sarda non ha mai esercitato il suo dominio sull’uomo, instaurando sempre col suo uomo
un rapporto paritario, portando avanti, con lui, un’”organizzazione familiare” sempre
basata sui valori sia paterni che materni, prettamente indirizzati ai bisogni
di ciascun componente della famiglia; una filosofia, questa, fondamentale in ogni
società civile.
Questa Sardegna ad
organizzazione matriarcale, cari lettori, è la perfetta dimostrazione del “valore dell’insieme”,
dove le differenze di genere tra le due parti coesistono, si compenetrano, con la concorde divisione dei compiti.
La lunga assenza dell’uomo da casa, per i defatiganti impegni nella campagna,
ha comportato la necessità di delegare alla donna tutte le responsabilità della
gestione familiare: la crescita dei figli, la loro formazione scolastica ed
educativa, la cura delle mura domestiche, la gestione del patrimonio, tanto che
il marito definiva la sua donna “SA MERI MIA”. In questa impegnativa delega la donna dimostrava tutto il suo valore, facendo i necessari sacrifici e le rinunce senza mai
lamentarsi.
Amici, la Sardegna di
oggi ha mantenuto in parte la figura della donna “Matriarca”, in particolare in
Barbagia, terra di pastori oggi come ieri. Negli anni Ottanta del secolo scorso
ha avuto modo di conoscere personalmente la realtà barbaricina del matriarcato
in uno dei suoi centri più alti: a Fonni. In questo centro barbaricino ho vissuto per ragioni di lavoro (dirigevo
la locale filiale della Banca) per circa tre anni. Qui ho potuto toccare con mano lo svolgersi della vita familiare dei pastori, dove l’uomo trascorre ancora molto giorni lontano da casa curando le
sue pecore, mentre la donna opera saggiamente come è stato scritto prima: è la saggia
amministratrice della famiglia, si prende cura dei figli e delle risorse economiche. Qui ho constato
di persona la capacità ed il valore delle donne barbaricine: sagge mogli, madri e valide amministratrici.
Cari amici, oggi è l’8 marzo, data che
celebra in tutto il mondo il valore delle donne. A me sembra proprio doveroso, in questa occasione, rendere un sincero omaggio alle “Fiere donne sarde”, eccellenti
matriarche, senza nulla togliere al valore dell’uomo. Donne che hanno sempre dimostrato saggezza e coraggio, che
non hanno mai prevaricato l’uomo ma hanno sempre avuto con lui quel positivo rapporto
paritario che, purtroppo, stenta ad affermarsi nel resto del mondo. Buon 8
MARZO a tutte le donne del mondo!
A domani.
Mario
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