giovedì, aprile 13, 2023

LO SCIGLIMENTO DEI GHIACCI NEI POLI, CAUSATO DALL'AUMENTO DELLE TEMPERATURE, STA RIPORTANDO IN VITA PERICOLOSI VIRUS E BATTERI, DORMIENTI DA MIGLIAIA DI ANNI.


Oristano 13 aprile 2023

Cari amici,

Come ben sappiamo la temperatura della terra sta cambiando: continua, purtroppo, a crescere in modo anomalo, con la conseguenza di far sciogliere i ghiacci dei poli, problema che comporterà conseguenze, sotto certi aspetti, inimmaginabili. Nell’Artico lo scioglimento dei ghiacci sta scongelando il permafrost, quello strato di terreno ghiacciato dove da migliaia di anni vivono annidati pericolosi virus e batteri che, riportati in vita dallo scongelamento, possono mettere in pericolo la salute umana e animale, dopo essere rimasti dormienti per decine di migliaia di anni.

Il problema, come ha affermato Kimberly Miner, scienziato del clima presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA presso il California Institute of Technology di Pasadena, non è certo di poco conto, in quanto la posta in gioco è molto pericolosa, capace di ri-scatenare epidemie presenti nel lontano passato. Inoltre, durante lo scioglimento dei ghiacci, possono anche essere rilasciati rifiuti chimici e radioattivi risalenti alla Guerra Fredda, che potrebbero danneggiare seriamente la fauna selvatica e distruggere gli ecosistemi.

Il permafrost, amici, ha coperto per migliaia di anni circa un quinto dell’emisfero settentrionale (tundra artica e le foreste boreali dell’Alaska, del Canada e della Russia). Esso funge da capsula del tempo, perché conserva, oltre agli antichi virus, i resti mummificati di numerosi organismi estinti: Animali che gli scienziati sono stati in grado di scoprire e studiare negli ultimi anni, come due leoni delle caverne, Cuccioli di altri animali e un Unicorno lanoso. Il motivo per cui il permafrost è un ottimo mezzo di conservazione non è solo perché fa freddo: esso è, infatti, un ambiente privo di ossigeno che la luce non riesce a penetrare. Purtroppo, però, le attuali temperature artiche si stanno riscaldando velocemente: fino a quattro volte più veloce del resto del pianeta, e questo indebolisce lo strato superiore di permafrost  scongelandolo.

Per comprendere meglio i rischi derivanti dallo scongelamento del permafrost, dove sono presenti numerosi virus congelati, Jean-Michel Claverie, professore emerito di medicina e genomica presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Aix-Marseille a Marsiglia, in Francia, ha testato campioni di terreno prelevati dal permafrost siberiano per verificare la presenza di particelle virali, e i virus c’erano eccome! Claverie si è concentrato su un particolare tipo di virus che scoprì per la prima volta nel 2003. Conosciuto come virus giganti, è molto più grande del solito tipo e può essere visto con un normale microscopio ottico, piuttosto che con il più potente microscopio elettronico, rendendolo un buon modello per questo tipo di attività di laboratorio.

Nel 2014 lo scienziato è riuscito far rivivere un virus che lui e il suo team hanno isolato dal permafrost, lo ha reso infettivo per la prima volta dopo 30.000 anni, introducendolo in cellule in coltura. Per sicurezza, ha scelto di studiare un virus che poteva colpire solo amebe unicellulari, non animali o esseri umani. Ha continuato poi gli esperimenti negli anni successivi, isolando virus come il Pithovirus sibericum, isolato da un campione di permafrost di 30.000 anni fa. Gli esemplari di virus più giovani, trovati nel contenuto dello stomaco e nei resti del mantello del mammut lanoso, avevano 27.000 anni.

Che i virus rinvenuti siano ancora contagiosi dopo così tanto tempo, ha detto Clavery, è indicativo di un problema ben più ampio e pericoloso. “Vediamo gli effetti di molti, molti, molti altri virus”, ha aggiunto. “Quindi sappiamo che sono là fuori. Non sappiamo per certo che siano ancora vivi. Ma il nostro ragionamento è che se i virus dell’ameba sono ancora vivi, allora non c’è motivo per cui altri virus non dovrebbero essere vivi, capaci per infettare i loro ospiti.”

Amici, tracce di virus e batteri che possono infettare l’uomo sono dunque presenti nel permafrost. Un campione di polmone di una donna estratto nel 1997 dal Permafrost di un villaggio sulla penisola di Seward in Alaska conteneva materiale genomico del ceppo influenzale responsabile della pandemia del 1918. Nel 2012, gli scienziati hanno confermato l’esistenza dei resti mummificati di 300 anni di una donna sepolta in Siberia. Conteneva le firme genetiche del virus che causa il vaiolo.

Il problema appare alquanto serio. La scienziata Birgitta Evengaard, professore emerito presso il Dipartimento di microbiologia clinica dell’Università di Umeå in Svezia, ci ha messo in guardia contro un approccio allarmante. “Se c’è un virus nascosto nel permafrost che non abbiamo affrontato per migliaia di anni, la nostra difesa immunitaria potrebbe essere insufficiente”, ha detto. “È giusto rispettare la situazione ed essere proattivi piuttosto che solo reattivi. Il modo per combattere la paura è avere conoscenza”.

Cari amici, gli scienziati affermano che per ora non c'è alcuna minaccia immediata, ma è bene prepararsi agli scenari del futuro per evitare una brutta pandemia: insomma, un nuovo Covid-19! Il suggerimento più valido, la migliore linea d’azione, hanno confermato gli scienziati, è cercare di fermare lo scioglimento dei ghiacci e la più ampia crisi climatica che ci perseguita, in modo da mantenere quei rischi sepolti per sempre nel permafrost.

A domani.

Mario

Nessun commento: