giovedì, aprile 20, 2023

LA TRISTE STORIA DI CATALINA LAY, LA LEVATRICE OGLIASTRINA CONDANNATA PER STREGONERIA. QUANDO L'INQUISIZIONE, ANCHE IN SARDEGNA, PERSEGUITAVA E TORTURAVA CHI PRATICAVA RITI NON CATTOLICI.


Oristano 20 aprile 2023

Cari amici,

Il periodo della “Santa Inquisizione Spagnola” è sicuramente uno dei periodi più bui della Chiesa cristiana del Medioevo. Un periodo, quello del delicato passaggio dal Medioevo all’Età Moderna. in cui il Cattolicesimo aveva più che paura terrore dei riti paranormali o delle pratiche guaritorie non riconosciute dalla Chiesa e perciò considerate opera del diavolo.  La Chiesa, pertanto, condannava aspramente questi riti, considerando “miscredenti” chi li praticava. Allora il principale compito della Chiesa era la difesa della fede dai miscredenti, isolandoli, processandoli e mandandoli, in molti casi anche al rogo.

Focalizzando l’attenzione sulla Sardegna, si rileva che nel 1492, il temibile, Tomás De Torquemada, il religioso spagnolo, primo grande rappresentante dell'Inquisizione spagnola, priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona, nominava Sancho Marin inquisitore del Tribunale del Sant’Uffizio di Cagliari. Con l’arrivo della Santa Inquisizione Spagnola nella nostra isola, iniziava per i sardi uno dei periodi più oscuri, destinato a cambiare per sempre la vita comunitaria, fatta di usi, costumi e tradizioni millenarie, che si scontravano con l'allora rigida visione della Chiesa.

Iniziò così una lotta feroce e incontrollata, contro determinate persone che praticavano i riti antichi non condivisi dalla Chiesa, figure che venivano definite “Streghe”. Il timore atavico dimostrato cavalcava l’onda della superstizione e dava corpo all’incubo di una metamorfosi tra l’umano e il diabolico, la cui sintesi perfetta era costituita dalla donna, che in Sardegna era quella che praticava i riti così detti magici. Ovviamente, la Chiesa aveva il pieno consenso dei governanti che avallavano il duro comportamento e gli istituiti tribunali dell’Inquisizione.

Il Governatore del Logudoro, Don Pietro Aymerich, ammoniva così le donne del suo territorio: “Attente a vivere cristianamente: non siate streghe, perché se siete streghe il Sant’Uffizio vi prenderà e vi brucerà”. Il termine strega, generico, comprendeva un numeroso ‘insieme’ di persone: Guaritrici, veggenti e rabdomanti, tutte persone, in particolare donne, dotate di una sensibilità superiore, nei confronti dei poteri della Natura, nonché antiche depositarie di un sapere rituale tramandato da generazioni. Per la Chiesa, invece, seppure esse vivevano cristianamente, venivano considerate creature malvagie, addirittura assetate di sangue. In sardo erano dette “Cogas”, “majarzas”, “bruxias”, “surbiles”, una varietas di “streghe” che, nella Sardegna dei secoli che vanno dal XVI al XVIII, erano diventate amiche del diavolo.

In Sardegna furono preda dell’Inquisizione Dominica Figus, Maria Murgia, Angela Borras, Teresa Serra, Caterina Corellas, Catalina Lay, Julia Carta e molte altre, tutte accusate di stregoneria dalla terribile Inquisizione spagnola. Nei loro confronti il Sant’Uffizio attuò delle severe condanne, la cui efferatezza culminò spesso con il rogo. Sotto le terribili torture tutte confessarono le fantasiose colpe di cui erano accusate: aver giaciuto con il demonio, aver praticato rituali orgiastici ed aver trescato con il demonio.

Amici, oggi voglio raccontarvi una di queste storie, quella di Catalina Lay, la levatrice di Seui, piccolo paese dell’Ogliastra, che faceva parte delle donne inquisite come streghe. Arrestata dall’arcivescovo di Cagliari, si era ritrovata il giorno di Ferragosto del 1583, scalza, ad ascoltare l’Autodafé (la proclamazione della sentenza di condanna) a Sassari nella piazza della Carra (oggi Piazza Tola), città in cui, dal 1563, aveva sede il tribunale inquisitorio. Non era sola, con lei altre otto donne trai trenta e i sessant’anni: Joanna Porcu e Clara Dominicon di Sedini, Antonia Orrú di Escolca, Pasca Serra di Villanofranca, Catalina Pira di Tertenia, Sebastiana Porru di Gemussi, Catalina Escofera di Cuglieri.

Catalina Lay era una levatrice provetta (in “Limba” una “maista de partu”), che pagò a caro prezzo la sua grande competenza e la sua abilità nel coadiuvare le donne nel parto; essa operava conoscendo bene le procedure tramandate da generazione in generazione sull’uso dei medicamenti naturali e il potere degli antichi “abrebus” (le parole proibite dei riti magici religiosi). In un’epoca nella quale la mortalità infantile era molto alta, le capacità di Catalina erano apprezzate, rispettate e temute allo stesso tempo, quasi potesse avere un invisibile potere di vita o di morte sul nascituro. Questo “potere” era alquanto temuto dalla Chiesa, tanto che non era raro che all’epoca persone come lei fossero perseguitate: bastava un’accusa ingiustificata mossa da chiunque per portare una di queste davanti al giudice inquisitore.

Così successe anche per Catalina Lay, che, nel processo svoltosi tra il 14 o 15 agosto del 1583 ricevette la condanna a sei anni di reclusione, duecento frustate e altre terribili pene. Dopo l’autodafé a Sassari, la cerimonia pubblica nella quale fu eseguita la penitenza e decretata la condanna, non si sono più rintracciate notizie su Catalina. Pertanto, non si sa se sia riuscita a sopravvivere agli anni del carcere. Resta, dunque, anche il mistero se abbia o meno fatto ritorno al suo paese, Seui, dove il Tribunale Ecclesiastico le aveva confiscato tutti i beni.

A Seui, però, il suo ricordo è ancora vivo e la tragica vicenda umana da lei vissuta non è stata dimenticata. Nel Museo di Seui, gestito dalla locale Cooperativa S’Eremigu, le è stata dedicata una sezione in “S’Omu ‘e Sa Maja”. L’edificio dove sorge il museo, un palazzo del 1600, oggi ospita, tra l’altro, varie collezioni museali legate al mondo magico religioso e alle antiche tradizioni precristiane della zona. Ricordare l’ingiusta punizione subita da Catalina è ritenuto un atto di giustizia, affinché non venga reciso il filo della memoria di tante donne vittime dell’Inquisizione, passate alla storia come streghe.

A domani cari amici lettori!

Mario

 

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