giovedì, febbraio 10, 2022

VIDEOSORVEGLIANZA E DIRITTO ALLA RISERVATEZZA: LE REGOLE STABILITE DAL GARANTE PER LA PRIVACY NELLE ABITAZIONI, IN PARTICOLARE NEI CONDOMINI.


Oristano 10 febbraio 2022

Cari amici,

Tutelare nella maniera migliore possibile la privacy è diventato, in particolare negli ultimi tempi, un imperativo sempre più stringente. Se è pur vero che i furti e le aggressioni sono in crescita, e che di conseguenza i cittadini intendono sempre più tutelarsi con la videosorveglianza, è, allo stesso tempo, necessario attenersi alle precise regole emanate a tutela della privacy altrui. La disciplina sull'installazione di sistemi di videosorveglianza fu dapprima regolata dalla legge 31 dicembre 1996 n. 675, "Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali", successivamente, però, la legge fu abrogata dal D.lgs. 196/2003.

Circa i criteri per l'installazione di telecamere, l'art. 134 di tale decreto ha previsto fosse il Garante della Privacy a promuovere un codice deontologico e di buona condotta per il trattamento dei dati personali, quando effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini. Successivamente il Garante per la Privacy, in data 29 novembre 2000, stabilì i criteri da seguire per l'installazione di telecamere e video-sorveglianze (contenuti nel "decalogo delle regole per non violare la privacy"), criteri ai quali la giurisprudenza si è generalmente uniformata.

Questi “criteri” erano rivolti alla determinazione delle finalità (pp. 1-3), al relativo avvertimento per i soggetti che potrebbero essere ripresi (p. 4), al divieto di riprendere i propri dipendenti (p. 5), all'introduzione dei principi di pertinenza e non eccedenza dei dati raccolti (p. 6) e così via. Lo stesso garante ha previsto anche un “Principio generale di esclusione” dall'applicazione della predetta disciplina: "gli impianti di videosorveglianza finalizzati esclusivamente alla sicurezza individuale (es., il controllo dell'accesso alla propria abitazione), in quanto regolati dalla legge 675/1996, ricorrendo le condizioni di cui all'art. 3. Per quanto ovvio, però, “le riprese debbono essere strettamente limitate allo spazio antistante tali accessi, senza forme di videosorveglianza su aree circostanti e senza limitazioni delle libertà altrui".

Il problema, spesso spinoso, è quello relativo alle “Telecamere condominiali”, ovvero quelle posizionate all’interno di un complesso di appartamenti abitati da diversi condomini. La disciplina delle telecamere in condominio è oggi contenuta fondamentalmente nell'art. 1122 ter cod. civ., introdotto con legge 11 dicembre 2012 n. 220, c.d. "Riforma del Condominio". L'articolo così recita: "Le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136".

La richiamata disposizione prevede il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea condominiale, i quali devono comunque rappresentare almeno la metà del valore dell'edificio. La norma predetta non precisa se si riferisce ad impianti condominiali oppure impianti privati su spazi condominiali, ma sembra pacifico che intenda i primi. Le telecamere private che non inquadrino spazi comuni né spazi altrui, ovvero in genere quelle che rientrano nei casi di installazione libera, non necessitano di alcuna autorizzazione né soggiacciono alla disciplina sulla privacy.

Le telecamere condominiali, pur in presenza di una delibera favorevole, e le telecamere private su spazi condominiali o le telecamere private poste su spazi privati che tuttavia riprendano spazi comuni, possono essere forzatamente rimosse quando comunque fosse lesa la privacy altrui. Ma quando vi è lesione della privacy? Affinché vi sia lesione della privacy altrui, è necessario che siano violate le disposizioni ex artt. 614 e 615 bis cod. penale. A ciò è arrivata la Corte Suprema a più riprese (ex pluribus, Cass. 34151/17), arrivando ad escludere la violazione della privacy qualora le telecamere non riprendano l'abitazione privata altrui né spazi pertinenziali ad essa (es., pianerottolo in prossimità dell'ingresso dell'altrui abitazione), non essendo il pianerottolo in senso ampio o le scale tutelate dalla fattispecie contenute nel codice.

In altri termini, sarebbero tutelate ai sensi del codice penale quelle aree che, come afferma la Cassazione, "individuano una particolare relazione del soggetto con l'ambiente ove egli svolge la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza", come l'abitazione privata altrui, il giardino di pertinenza, gli spazi di appartenenza come la parte di pianerottolo condominiale attigua al portone d'ingresso altrui, le finestre altrui; non rientrerebbero nella tutela le scale condominiali ed il pianerottolo in senso lato.

Cari amici, purtroppo le liti in condominio non mancano! Pare, addirittura che siano nei Tribunali le cause più numerose! Chiudo parlando, infine, di “Videocitofoni”. In linea generale i video-citofoni, installati da una persona fisica per fini esclusivamente personali, con immagini non catturate e diffuse, e con potenzialità limitata (es., che possano riprendere tanto quanto lo spioncino del portone e comunque non uno spazio privato altrui) possono essere installati liberamente, senza obbligo di cartello e quant'altro.

Grazie, amici, a domani!

Mario

 

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