mercoledì, febbraio 16, 2022

ORISTANO: PER LA FESTA DI SANT’ARCHELAO, PATRONO DELLA CITTÀ E DELL’ARCIDIOCESI, L’ARCIVESCOVO NELL’OMELIA HA INVITATO LE AUTORITÀ AD AFFRONTARE “INSIEME” I PROBLEMI DEL TERRITORIO.


Oristano 16 febbraio 2022

Cari amici,

Il 13 di febbraio, come di consueto, la nostra Cattedrale si è riempita di fedeli, riuniti per festeggiare la ricorrenza del patrono dell’Arcidiocesi Arborense, Sant’Archelao. In prima fila le Autorità civili e militari: dal Sindaco della Città ai diversi esponenti della Giunta, dal Prefetto al Questore, dal Comandante dei Carabinieri agli altri rappresentanti delle Istituzioni. L’Arcivescovo Mons. Carboni, celebrando la Santa Messa di ringraziamento al Santo Martire Archelao, nell’Omelia ha inteso non solo ringraziare ed invocare il Santo, ma ha anche voluto lanciare un forte invito di collaborazione alle Autorità presenti, per affrontare, congiuntamente, le diverse problematiche del territorio.

Mons. Carboni
“Essere cristiani - ha esordito l’Arcivescovo - non significa occuparsi di sacrestie o di devozioni, ma essere attivamente presenti nella società, illuminandola con la propria fede e l’impegno ispirato al Vangelo. Gesù ha parlato di lievito nella pasta per farci comprendere come la vocazione ad essere suoi discepoli debba essere uno stimolo per tutti. Ecco perché, anche nel contesto dell’odierna celebrazione, è opportuno riflettere come credenti e come cittadini sul cammino che stiamo facendo, sui tanti segni di bene presenti nella nostra città e su altri aspetti, più problematici, verso i quali, insieme dobbiamo intensificare la nostra collaborazione e il dialogo”.

Un’Omelia, forse, un po’ diversa dalle solite, quella di Mons. Carboni, ma che ha inteso, come si suole dire, “mettere il dito nella piaga”. Affidare la città di Oristano e l’Arcidiocesi Arborense alla intercessione del Santo martire, è giusto e doveroso, ma la nostra città, seppure ricca di storia e anche di potenzialità per il futuro, si trova ad affrontare un presente difficile, che non può essere né ignorato né sottovalutato. “È necessario non chiudere gli occhi davanti alle criticità, guardando anzi a quanto si può e si deve fare, per dare spazio alla voglia di futuro che, in questo tempo di pandemia, sembra aver abbandonato tanti di noi”, ha rimarcato l’Arcivescovo.

Uno dei problemi fortemente preoccupanti, ha detto, è quello del mondo giovanile; Oristano è città dove converge ogni giorno un considerevole numero di ragazzi e ragazze che frequentano le scuole cittadine. “Faccio mia la preoccupazione che molti docenti mi hanno manifestato: è grave la condizione di giovani e giovanissimi, che frequentano la scuola in maniera discontinua, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. Una situazione che, se penalizza tutti i ragazzi sotto il profilo della socializzazione, dell’immagine di sé e della realtà, della stessa formazione culturale, lascia indietro soprattutto quanti non possiedono adeguati strumenti informatici, per stare al passo con i compagni di classe. È sotto gli occhi di tutti l’estremo disagio che i nostri ragazzi vivono nell’affrontare situazioni in sé pesanti, che possono diventare insostenibili, nell’età della crescita. Chi li aiuterà a recuperare questi anni sciupati? Chi li ascolterà? Chi si metterà in gioco per dare loro altre possibilità?”, ha ribadito Mons. Carboni.

Mons. Erio Castellucci

Ha poi continuato dicendo: “Siamo chiamati come Chiesa, Scuola, Istituzioni civili, Volontariato e famiglie, a pensare ad un progetto comune, o rischiamo di ritrovarci una frattura antropologica seria, maturata in questi due anni di pandemia, che ancora non vuole fermarsi. Siamo chiamati urgentemente ad ascoltare i giovani. Faccio mie le parole di mons. Erio Castellucci (Arcivescovo-Abate di Modena, ndr): Anche se avessimo l’impressione di sentire cose sgradevoli, provocatorie e ingiuste, dovremmo partire dal loro vissuto, accettare che essi stessi si confrontino con la vita, stare al loro fianco e non dettare regole dall’altoSaranno loro stessi a indicare le strade per trovare, insieme a noi adulti, piste e risposte plausibili per la loro vita. Non saranno sempre i sentieri che noi avevamo pensato per loro, ma saranno i loro sentieri.”.

Passando, poi, al ruolo e alla responsabilità delle famiglie, ha detto che le famiglie sono spesso l’anello debole della catena delle responsabilità. Questo perché “esse portano il peso sempre più insostenibile di una responsabilità che, molte di loro, non riescono a gestire, magari perché sono il collettore di problemi più grandi: mancanza di lavoro, aggravata dalla chiusura di molte attività, separazioni sempre più frequenti, con conseguente impoverimento, che spesso significa carenza abitativa, alimentare, educativa. Lo possono testimoniare la Caritas, la Mensa della Carità e le Associazioni di Volontariato che quotidianamente assistono un numero sempre crescente di famiglie in difficoltà”.

"I giovani ed il loro futuro non sono l’unico problema", ha ribadito l'Arcivescovo. Anche la sanità oristanese appare in una grave, anzi gravissima emergenza. L’ospedale si trova da tempo in grave affanno, dalle strutture sanitarie dei diversi reparti alle altre strutture come l’Hospice. Per cercare di trovare le soluzioni più consone, è necessario operare tutti insieme, perché nessuno deve pensare che siano altri a doversene occupare. Ciò sarà possibile solo con un lavoro di “squadra” portato avanti tutti “insieme”.

Si, amici, concordo pienamente sulla riflessione dell’Arcivescovo, che ha concluso la sua Omelia dicendo: “Una ripartenza comune sarà possibile solo con una piena e leale collaborazione tra Chiesa, Scuola, Famiglia, Istituzioni civili e terzo settore: Ognuno nel proprio campo, ma anche insieme a tutti gli altri, a cercare soluzioni nuove e generose a problemi che toccano credenti e non credenti, laici e religiosi, cittadini e Istituzioni. Esistono modalità, sperimentate anche in altri contesti, per promuovere tale collaborazione. Certo, sarà importante cogliere l’occasione, unica, offerta dai fondi del PNRR, ma ancora più importante sarà promuovere una sinergia, una prospettiva sinodale che possa durare al di là dell’emergenza presente, e che diventi stile di convivenza, insieme ecclesiale e civile”.

Un sincero “Grazie” al nostro Arcivescovo.

A domani.

Mario

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