Oristano 18 ottobre 2022
Cari amici,
Che nel mondo le
relazioni sociali stiano diventando sempre più fredde e formali, senza empatia,
altruismo, e coesione sociale è certamente un dato di fatto che continua ad
andare in crescendo. Vivere in Comunità, praticando un interscambio relazionale
di conoscenza, aiuto e sostegno reciproco è diventata quasi un’utopia, tanto
che condividere le proprie emozioni con altri è un qualcosa che sta lentamente scomparendo.
Stiamo entrando sempre di più in un limbo psicologico, caratterizzato da
apatia, da rigidità mentale, da inibizione, da isolamento sociale e da disturbi
psicosomatici (come emicrania, disfunzioni dell’apparato digerente e/o
respiratorio, sintomi dermatologici, problemi a livello degli organi genitali e
quant’altro).
Secondo Enrico Maria
Secci, Psicologo Psicoterapeuta e docente in Scuole di psicoterapia
riconosciute dal Miur (autore di diverse pubblicazioni), questo moderno disturbo,
che possiamo definire “incapacità emozionale”, porta le persone a
muoversi nel contesto sociale come “ombre sbiadite”, prive di dialogo e
coesione con gli altri. Gli studiosi, in particolare gli psichiatri John Nemiah
e Peter Sifneos, che negli anni ’70 individuarono per primi questi particolari
tratti della personalità degli individui analizzati, hanno coniato un nuovo
termine per dare corpo a questo comportamento: “Alessitimia”. Sotto il
termine alessitimia (o alexitimia) vengono evidenziate almeno tre peculiarità: un
deficit della consapevolezza di sé stessi (psichica e corporea), l’alterazione
delle funzioni empatiche e interpersonali della comunicazione, la sofferenza
fisica data da questi disturbi psicosomatici.
Il termine Alessitimia,
dal greco “a-” mancanza, “lexis” parola e “thymos” emozione, significa
letteralmente «non avere le parole per le emozioni». Infatti, chi soffre
di alessitimia esprime in modo vago e limitato le proprie emozioni, ha un
vocabolario emotivo povero e stereotipato, con tendenza alla ripetizione di
espressioni; mostra una certa rigidità nella postura e nella mimica facciale e,
benché conduca un’esistenza solitamente ben adattata, ha poche relazioni
sociali significative. Ciò accade perché l’alessitimia consiste allo stesso
tempo nella carenza dell’auto-percezione emozionale e nella speculare difficoltà
a identificare e interpretare correttamente le manifestazioni affettive degli
altri.
Amici, per meglio
chiarire la differenza fra un individuo con una personalità normale e uno
affetto da “Alessitimia”, possiamo utilizzare la tavolozza dei colori. Nella
normalità il colore blu rappresenta la calma, il verde la fiducia, il rosa la
tenerezza, mentre il nero la tristezza, il grigio l’inquietudine e il rosso l’amore;
in una personalità affetta da Alessitimia, invece, questa tavolozza
differenziata di colori non esiste, in quanto i colori vengono percepiti addensati
in un unico grumo di marrone, grigio e petrolio. Ecco, in questo modo questi soggetti
non riescono a “colorare” il proprio mondo, e di conseguenza le loro emozioni, di qualunque
colore esse siano, vengono vissute “aggrumate”, come nella tavolozza prima
descritta.
La risultante è che
questo particolare stato psicologico crea stati di profonda infelicità, che
possono portare a esplosioni emotive incontrollate e a comportamenti
imprevedibili. Questi soggetti possono ad esempio iniziare ad utilizzare e
abusare di alcol e droghe, a muoversi guidando in modo spericolato, praticando
sport estremi o pratiche sessuali compulsive e promiscue. In questi soggetti dominano
la depressione, l’ansia, il panico, la dipendenza (da sostanze come le droghe,
il sesso, da chat e dal gioco anche d’azzardo), sino alla dipendenza affettiva.
Studi recenti affermano che l’alessitimia riguarda già il 10% della popolazione
e che essa possa derivare da molteplici cause: da quella genetica al
condizionamento culturale, da un’educazione severa e intransigente
nell’infanzia, a dei traumi subiti nei primi anni di vita, derivati dalla
trascuratezza o dall’abuso fisico e/o psicologico da parte di adulti
significativi.
Amici, gli studi
affermano che un paziente affetto da alessitimia non è un paziente facile da
curare; nel dialogo psico-terapeutico con il medico, il paziente può risultare
impenetrabile e vivere le sedute con grande frustrazione e con un senso
pervasivo di inutilità. Tuttavia, una pianificazione personalizzata della
psicoterapia può, comunque, produrre concreti miglioramenti nel paziente, traducendosi
nel de-potenziamento della sofferenza psicosomatica, nella riduzione o
cancellazione delle condotte dipendenti e, in sintesi, in una migliore qualità
della vita della persona e dei suoi cari.
Ecco, amici, uno dei mali
terribili del Terzo Millennio…
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento