domenica, giugno 04, 2017

TASSE E “PARADISI FISCALI”. QUANDO IL PARADISO STA PROPRIO DIETRO L’ANGOLO, COME A MALTA, PER ESEMPIO.



Malta, nuovo paradiso fiscale.
Oristano 4 Giugno 2017
Cari amici,
Pagare le tasse non è mai stata una piacevole passeggiata. Se contribuire, tutti insieme, a mantenere attivo uno Stato (con tutte le sue esigenze di organizzazione, gestione, economia, difesa, Stato sociale e quant’altro) è un dovere di tutti, questo purtroppo non avviene. La realtà è che l’equità nella contribuzione (in proporzione alle capacità di ciascuno), resta sempre più un’utopia, in quanto a pagare sono sempre i “soliti noti”, che non possedendo i sofisticati sistemi in mano solo ai potenti, hanno fatto sì che l’evasione sia diventata ormai non l’eccezione ma la regola.
Questo gioco al massacro che sta inaridendo sempre più le entrate di molti Stati, in Italia è particolarmente attivo e viene ogni tanto reso ancora più evidente dalla “scoperta” di depositi milionari (se non miliardari) collocati in territori fuori dall’Italia come la Svizzera, Montecarlo, Paesi esotici e via dicendo. Ebbene, notizie recenti hanno messo in luce anche l'esistenza di un altro “paradiso”, posto tra l’altro proprio dietro casa nostra, ad un tiro di schioppo, raggiungibile con poche ore di navigazione. Questo accogliente Paese è Malta.
Malta, detto in parole povere, è diventata la nuova Isola del tesoro, luogo tranquillo e riparato dove i paperoni europei (non solo italiani) depositano i loro lauti guadagni al riparo da aggressioni fiscali e quant’altro. Quest’isola, che vanta un glorioso passato che riporta alla Crociate, appare ancora oggi come una solida rocca protettiva, presidiata come un forte inespugnabile, che, dopo aver tenuto testa alle invasioni del passato, è oggi deputata ad un nuovo ruolo: quello di essere un” nuovo forte”, un nuovo forziere che calamita e accoglie montagne di danaro di diversa e a volte misteriosa provenienza.
Malta apparentemente è una piccola realtà; è il più piccolo Stato dell’UE, popolato da meno di mezzo milione di abitanti (sono 450 mila circa), ma sostanzialmente incredibilmente ricco, che vede ogni anno un attivismo commerciale di prim'ordine: nel suo pubblico registro delle aziende (come la nostra Camera di Commercio) annotta la costante iscrizione di nuove aziende (circa 5 mila in media annua), con picchi che nel 2016 hanno toccato addirittura quota 70 mila. Malta insomma è il nuovo miracolo economico europeo, con un PIL che cresce del 4 % annuo, il valore delle case in costante aumento, la disoccupazione pressoché inesistente e il bilancio pubblico in pareggio. Questo paradiso del Mediterraneo, dove le banche non sono mai state così ricche, risulta che abbia vinto il suo terno al lotto con una formula semplicissima: un fisco studiato negli ultimi 10 anni per incontrare il gradimento degli investitori internazionali e attirare nell’Isola nuovi capitali e aziende. Una scommessa quella fatta che appare pienamente riuscita.
Come ha riportato con dovizia di particolari L’ESPRESSO, che ha dedicato all’inchiesta la prima pagina del settimanale chiamando Malta “l’isola del tesoro”, alla base del successo e del gradimento di Malta da parte degli investitori è proprio la semplificazione amministrativa esistente, l'eliminazione degli intoppi burocratici e la facilità e semplicità di avviare attività commerciali. Oggi “per creare una società a Malta bastano un paio di giorni”, scrive il giornale, ma soprattutto “le tasse sono ridotte ai minimi termini”. In questo modo il Governo dell’isola attrae capitali da tutto il mondo, diventando così un paradiso fiscale di prim’ordine.
Per noi italiani poi, gioca a nostro favore un altro fattore importantissimo: la piccola Isola dista appena 100 chilometri dalla Sicilia, per cui sta proprio dietro “casa nostra”! L’Espresso, nella sua minuziosa analisi, ha analizzato oltre 100 mila documenti riservati insieme all’European Investigative Collaborations (il Consorzio di Giornalismo Investigativo), in pratica visionando l’elenco completo di azionisti e amministratori delle società con base a Malta. Numerosi e interessanti i nominativi di casa nostra (che io qui evito di riportare, rimandando alla lettura del settimanale), che comunque, considerata la loro notorietà, mettono in luce stretti legami sia con l’economia che con la politica di casa nostra.
Gli imprenditori che hanno costituito società a Malta, come riporta il settimanale, non sono pochi: oltre mezzo milione di nomi noti (praticamente più degli abitanti dell’isola), di una sessantina di nazionalità diverse, con gli italiani non certo tra gli ultimi: l’Italia è il Paese straniero più rappresentato, con 8 mila società maltesi controllate da azionisti italiani e 15 mila “nostri connazionali” che compaiono in qualità di soci.
A Malta le condizioni poste agli investitori stranieri sono semplici e irresistibili. “A determinate condizioni non troppo difficili da soddisfare - spiegano gli autori dell'inchiesta esclusiva, Vittorio Malagutti, Gloria Riva, Giovanni Tizian e Stefano Vergine - l’aliquota sui profitti d’impresa, è ufficialmente al 35 per cento, ma può scendere fino al 5 per cento. E sono praticamente esentasse anche altre voci del conto economico, come gli interessi incassati sui prestiti o le royalty maturate grazie a brevetti o marchi”. Basta trasferire reddito dalla società italiana a quella maltese per “risparmiare” moltissimo sulla tassazione.
Cari amici, mi risulta difficile commentare il post di oggi. La mia amarezza pur derivando da diversi fattori, si focalizza su un punto fermo: come si fa a considerare valida ed efficiente un’Europa che in teoria vuole creare condizioni di uguaglianza (che in origine avrebbero dovuto portare ad uno Stato federale europeo), che dopo aver erroneamente anticipato la moneta unica prima dell’unione fiscale, commerciale e politica, vorrebbe continuare ad esistere praticando la politica che noi sardi definiamo quella deleteria di “centu concas e centu berritas?”. Il quesito (ma potrei definirlo utopia) è: uguali nelle diversità, oppure diversi nell'uguaglianza?
Sono sempre stato un europeista convinto e, a questo punto, credo che senza cambiamenti sostanziali, il disegno di Robert Schuman di un'Europa federazione di Stati può considerarsi davvero tramontato.
A domani.
Mario

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