Oristano
8 Giugno 2017
Cari amici,
Che la Sardegna sia una
terra felicemente unica, è un’affermazione che non facciamo solo noi sardi, in quanto è una
realtà consolidata che affonda le sue radici nei secoli. Unicità, quella sarda,
che possiamo constatare in mille modi per il suo impareggiabile patrimonio che spazia in tutti i campi: da quello della bellezza a quello climatico, da quello ambientale della flora a quello della fauna. Oggi, per esempio voglio parlarvi dei vegetali utilizzati per "colorare", piante che nei secoli sono state la "materia prima" nel campo dell’arte
tintoria, quella che ricavava dai vegetali (e piccoli animali terrestri o
marini) i preziosi pigmenti coloranti, utilizzati per dare toni, sfumature di colore,
all’abbigliamento ed agli altri oggetti della vita quotidiana.
L’argomento di cui
voglio parlare con Voi oggi è proprio quello delle “piante tintorie”, ovvero delle diverse specie vegetali
che davano la giusta colorazione all’abbigliamento. In Sardegna ne
abbiamo ancora oggi di eccellenti, già molto note fin dall’antichità. I bordi dei sentieri,
i prati, e gli argini del fiumi: questi alcuni degli habitat che ospitavano e ospitano
specie vegetali note da secoli per usi officinali o legati all'arte tintoria.
Spesso queste piante quando andiamo in campagna sono sotto i nostri occhi, ma, ormai sostituite dai coloranti sintetici, nella gran parte dei casi né
ignoriamo la loro potenza colorante. A dire il vero spesso sono piante modeste, poco
attrattive, seppure ricchissime di pigmenti che hanno una potenza colorante
fantastica.
Sono vegetali spesso poco
appariscenti, come i licheni rossi (la
roccella tinctoria), usati in antichità per colorare di rosso l’abbigliamento
papale, oppure le foglie verde cupo del comunissimo lentisco (Pistacia lentiscus L.), utilizzate dai tintori per
ottenere tonalità grigio-verdi o gialle su cotone e lana. Per ottenere un bel
giallo forte la più utilizzata era la ginestra
(Genista aetnensis), pianta parca, endemica del nostro Gennargentu, che si accontenta
di terreni aridi granitici e scistosi. In tintoria se ne utilizzano i rami in
fiore, per ottenere una bella colorazione gialla su lana e seta. Queste sono solo una piccola parte, in quanto sono davvero numerose le
essenze presenti nell’Isola utilizzate a questo scopo. Eccone altre fra le più note.
La fitolacca (Pytolacca
americana L.), per esempio, con le sue bacche color amaranto, lucide e
abbondanti che ne adornano i rami, era molto utiizzata; oggi è una pianta comune nei terreni incolti, e ci accorgiamo del suo potere colorante se spremiamo una bacca tra le mani: il suo colore stenterà ad essere eliminato. Dalle
bacche spremute si produce un liquido dall'intenso colore purpureo-violetto molto resistente. Anche il
salice rosso (Salix purpurea L.), ben visibile lungo gli
argini dei fiumi, ha una corteccia dalla colorazione rossastra che i tintori
utilizzano per ottenere le tonalità del marrone. Altro vegetale ottimo colorante è il
rampicante spinoso con le foglie a forma di cuore la smilace (Smilax
aspera L.); in tintoria sono utilizzate le bacche rosse, che maturano nel
tardo autunno.
Che dire poi dei fiori e dei frutti del
melograno che sono da secoli un eccellente prodotto tintorio? Grazie alla presenza
di tannini e di flavonoidi, le pigmentazioni estratte dalla scorza della
melagrana e dalla corteccia delle parti legnose della pianta danno un colore
particolarmente solido, resistente alla luce ed ai lavaggi, una volta fissato
a caldo sui tessuti sia di fibra animale (lana, seta) che vegetale (lino, cotone,
canapa e altri). Da questa pianta la varietà delle colorazioni ottenibili (dal
giallo freddo dato dalle bucce della melagrana ancora acerba, al colore dorato,
estratto dalle bucce mature, all'arancione ottenuto estraendo il colore
dall'intera bacca) era davvero incredibile!
L’antica
fantasia popolare in passato ricorreva anche al mondo animale per ottenere i giusti coloranti; per ottenere un certo tipo di rosso veniva utilizzato il kermes, un parassita del leccio che ai tempi dell’antica Roma serviva per colorare di un bel rosso carico le tuniche dei centurioni. Il murice, mollusco marino, era invece utilizzato per ricavare il
prezioso “rosso porpora”, e nell'Isola la sede della fabbrica tintoria relativa era ubicata nell’Isola di Sant’Antioco. La Sardegna, insomma, anche nei secoli passati era
sede di grandi officine di produzione tintoria, che rifornivano gli empori delle
diverse civiltà del Mediterraneo.
In passato, prima dell’avvento
dei colori frutto della chimica, le erbe tintorie sarde costituivano un patrimonio di
grande spessore: ecologico e non inquinante. Completamente naturali e biodegradabili, questi
colori non hanno mai inquinato l’ambiente né terrestre ne marino.
Industrie altamente biologiche quelle delle tinte naturali, che non hanno mai presentato rischi per la nostra salute, tingendo
delicatamente con meravigliosi colori stabili nel tempo la nostra vita passata. Poi il nostro
mondo tecnologico, lentamente ma inesorabilmente è cambiato: la chimica con le sue industrie
ha voluto aumentare la gamma dei colori ottenibili, molto più ampia di
quella precedentemente data dalle tinte naturali che era abbastanza ristretta. Con
una diversa sicurezza, però!
Cari amici, come in molti altri campi anche in quello tintorio una cosa è certamente importante: seppure il nuovo è necessario
che avanzi, sarebbe meglio non perdere mai di vista la nostra storia e la nostra memoria; è
importante che il passato venga tenuto in vita, tramandando l'antica scienza e insegnando ai giovani anche i modelli
naturali! Farlo significa far scoprire loro le nostre radici e non solo. Significa
far sì che facciano tesoro dei mezzi fornitici dalla natura, valorizzandoli oggi come
ieri; finchè è possibile continuiamo ad utilizzare il "patrimonio naturale": la natura con la sua forza e la sua capacità di rinnovamento va mantenuta,
anche se affiancata dalle moderne elaborazioni.
Non dimentichiamo mai che la natura, che ha dato sempre all'uomo quanto necessario nel suo percorso di vita, a mio avviso sarà sempre capace di dare grandi lezioni anche all’uomo moderno. Si, perché nella natura potrebbe essere nascosto il segreto della nostra sopravvivenza futura!
Non dimentichiamo mai che la natura, che ha dato sempre all'uomo quanto necessario nel suo percorso di vita, a mio avviso sarà sempre capace di dare grandi lezioni anche all’uomo moderno. Si, perché nella natura potrebbe essere nascosto il segreto della nostra sopravvivenza futura!
A domani, amici.
Mario
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