venerdì, luglio 09, 2021

FLOP DI STATO SUL CASHBACK! NEMMENO IL 10 PER CENTO DELLE CARTE IN CIRCOLAZIONE LO HA UTILIZZATO. I MOTIVI DEL MANCATO FUNZIONAMENTO.


Oristano 9 luglio 2021

Cari amici,

Negli intenti del Governo Conte il “Cashback di Stato” doveva essere una intelligente misura capace di contrastare efficacemente l’evasione fiscale, diminuendo così la grande mole di pagamenti in contanti che facilitano i pagamenti in nero. Altro vantaggio sarebbe derivato da una più equa redistribuzione dei redditi (col contrasto del “nero”), ma alla luce dei fatti a quanto pare non ha funzionato. Si, amici, l’intento apparentemente lodevole del precedente Governo, quello di spingere i pagamenti elettronici per combattere la lotta all’evasione si è rivelato un boomerang, avendo favorito solo chi era già abituato a pagare con carte di credito e debito, mentre lo Stato ha solo perso denari.

Se ripercorriamo lo sforzo messo in atto per lanciare il Cashback, a partire dalla massiccia campagna pubblicitaria con la quale l’iniziativa era stata presentata (martellanti spot televisivi, interviste del primo ministro Conte che ne evidenziava i grandi obiettivi, le cifre imponenti di evasione fiscale che si sarebbe stanata con il sistema denominato, con il solito abuso dell’inglese, Cashback), oggi ci rendiamo conto di aver sprecato un investimento enorme: 4,75 miliardi di euro, coperti dall’utilizzo del Recovery fund. Ed ecco i risultati: gli italiani che hanno aderito all’iniziativa sono stati meno del 10% (5,8 milioni), e nel periodo natalizio (quello dell’avvio, in concomitanza con gli acquisti legati alle festività) ha raggiunto un totale di spesa di circa 200 milioni di euro (cioè 35 euro pro capite). Insomma, come si dice in gergo, la montagna ha partorito il topolino! Proviamo ad individuarne le cause.

Tra i vari motivi del flop registrato, le restrizioni imposte per contrastare la pandemia di Covi-19, che hanno inevitabilmente frenato la corsa agli acquisti soprattutto nei giorni in cui il Paese era diventato “zona rossa”. Poi, le problematiche legate al funzionamento dell’app Io, che ancora una volta ha dimostrato di non essere ancora pronta per gestire operazioni così imponenti. Infine, alcuni strumenti di pagamento sono stati tagliati fuori dal piano, con difficoltà soprattutto delle transazioni contactless. 

Il risultato finale, così, non è stato certo dei migliori: secondo i dati pubblicati dal Messaggero, soltanto il 60% di chi ha scaricato l’app Io ha poi aderito al programma anti-evasione. Importanti critiche sono arrivate anche da parte di Confesercenti, secondo la quale i 150 euro promessi non sono certo sufficienti a spingere gli italiani ad abbandonare il contante. Numeri dunque decisamente molto bassi e inaspettati, per un esecutivo che aveva deciso comunque di puntare forte sull’incentivo ai pagamenti digitali, tanto da destinare (fondi del Recovery Fund), come detto, ben 4,75 miliardi di euro, stando alle cifre diffuse finora.

Insomma, un avvio che mostra tutta la fragilità di un’impostazione a dir poco frettolosa e che ha creato non poche perplessità. Dall’imperfetto funzionamento nel tracciamento delle operazioni in app (con il risultato che ha provocato il mancato rimborso della quota del 10% promessa) alla superficiale protezione della privacy (perché ogni acquisto, ogni operazione, ogni spostamento vengono registrati), dall’elevato costo dell’accettazione dei pagamenti tramite i POS bancari che gestiscono le transazioni (che crea un forte incremento degli utili delle banche, che percepiscono laute commissioni legate all’uso dei POS), ai costi di installazione dei POS e al canone mensile dei negozi, oltre alle alte commissioni.

Cari amici, per combattere l’evasione ci vorrebbe ben altro, non certo la lotteria degli scontrini! Se invece, come avviene in altri Stati, si consentisse di utilizzare quella che viene definita la politica del “contrasto di interessi”, le cose potrebbero davvero cambiare. Se ad ogni lavoratore si consentisse di poter detrarre dalla propria dichiarazione fiscale almeno il 50% delle spese familiari effettuate con regolare fattura elettronica (incrocio dei codici fiscali), nel limite per esempio di 5.000/7.000 euro annui per una famiglia di 3 componenti con aumento di 500/1.000 euro per ogni ulteriore componente, il sistema potrebbe funzionare davvero molto meglio!

Tra i lavori detraibili, per esempio, quelli di manutenzione della casa, di auto e mezzi di trasporto in genere, oltre ai necessari aiuti domestici. Così facendo ogni nucleo familiare potrebbe risparmiare fino a 3.000 euro di Irpef (sarebbe come pagare i lavori, al netto dell'Iva, con un risparmio del 50%), si disincentiverebbero gli irregolari che operano in nero e lo Stato potrebbe incassare almeno il 10%-15% di entrate fiscali/contributive (che calcolate sui 190 miliardi circa di evasione significherebbero almeno 19 miliardi di euro). Chissà se Draghi, che al momento ha bloccato il Cashback, troverà la strada giusta per combattere, almeno in parte, l’evasione!

A domani.

Mario

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