Oristano
17 Gennaio 2017
Cari amici,
Quand’ero bambino era
affascinante (parlo del periodo a cavallo tra la prima e la seconda metà del
secolo scorso) stare sul piccolo scanno d legno impagliato posto vicino al fuoco per
ascoltare i racconti dei nonni che tanto mi attiravano: erano storie capaci di portarmi
in un mondo sconosciuto, fatto di guerre, di trincee, di emigrazione con la
valigia di cartone in mano diretti verso le fabbriche del Nord Italia oppure all’estero, nelle
miniere del Belgio o in Svizzera; emigrazione dura, che costringeva a lasciare moglie e figli a casa. Allora i
computer non c’erano, i libri erano ben pochi e tutto quello che succedeva
veniva registrato e immagazzinato nella mente, trasmesso poi, al rientro in tarda età, oralmente alle nuove
generazioni, sul modello del “c’era un volta…”
Il mondo una settantina
d’anni fa era molto diverso da quello di oggi: si era appena usciti dalla guerra e c'era 'fame vera', non c’erano telefonini,
computer, iPod, TV HD, play station e quant’altro! Pensate che al mio paese vi
era un unico telefono pubblico, dove in caso di urgenza l'interessato veniva convocato per
ricevere, o eventualmente fare, una telefonata. Di tutto questo oggi nulla è
rimasto: è scomparsa la civiltà contadina del focolare, del duro lavoro nei
campi, della vita trascorsa in campagna a seguire il gregge, così come sono
scomparse le serate del dopo cena trascorse in piazza con gli amici o nella
bettola (“su zilleri”) a bere un bicchiere di vino e raccontarsi i fatti e le
vicende del giorno.
Oggi, con che cosa abbiamo
sostituito tutto questo? Stranamente con la creazione di un mondo virtuale, frutto della
nuova tecnologia, che ci ha fatto abbandonare la piazza reale per quella dei
Social, isolandoci però fisicamente; ora dialoghiamo sempre di più e in modo veloce e nervoso, attraverso il computer con messaggi
digitati in un linguaggio particolare, quasi stenografico, oppure scambiando in continuazione
selfie di ogni genere e qualità!
Ormai la socialità è vista e vissuta solo attraverso l’utilizzo delle “Piazze Virtuali”, ovvero dei social come Facebook, Twitter, Skype e così via. Non lamentiamoci, allora, se crescono le problematiche giovanili, se si arriva al rifiuto di una vita con scarse relazioni sociali vere, che appare loro inutile e che porta, spesso, anche a gesti estremi.
Ormai la socialità è vista e vissuta solo attraverso l’utilizzo delle “Piazze Virtuali”, ovvero dei social come Facebook, Twitter, Skype e così via. Non lamentiamoci, allora, se crescono le problematiche giovanili, se si arriva al rifiuto di una vita con scarse relazioni sociali vere, che appare loro inutile e che porta, spesso, anche a gesti estremi.
Si, con l’avvento delle
moderne tecnologie se da un lato si è aperto un mondo molto più vasto ed
immediato, la gioventù di oggi, definita generazione digitale, ha perso
qualcosa di molto importante: la socialità vera, quella reale, quella cstotuita da
incontri personali, di scambi d’opinione fatti anche in modo forte, di
abbracci, strette di mano e discussioni ‘de
visu’, non al computer o al telefonino. Insomma, con l’avvento di questa
modernità siamo passati di una società che vive il reale ad un’altra che vive
molto di più il virtuale! Una società, quella che viviamo, che è giustamente definita società dell’immagine: conta infatti più
l’apparire dell’essere. Eppure credo che in molti possiamo sostenere che questa strada è davvero sbagliata!
Penso che tutti dovremmo riflettere non poco! Credo che senza rinnegare il nuovo sia necessario miscelare il vecchio con il nuovo, in un melting pot che non rottami il passato,
non perda le radici, ma costruisca sopra di esse il presente ed il futuro.
Questo consentirebbe di riscoprire almeno in parte i valori perduti, che anche
con le nuove tecnologie risulterebbero molto utili. Questa inversione di rotta,
però, dovrebbe, per avere effetto reale, partire dall’infanzia, dalla scuola
primaria, per poter “ri-educare” dalle origini i nativi digitali; solo così potrebbero essere
assorbiti (nelle menti dove avviene la formazione) i veri valori che tanti giovani
ormai considerano obsoleti.
Qualche timido
tentativo su questa strada ha già iniziato a farsi strada. Un progetto
ambizioso, per esempio, viene portato avanti dall’Istituto Comprensivo Perugia IV (sede Scuola Primaria G.
Cena), dal titolo “Digital Storytelling
per l’integrazione intergenerazionale e la cittadinanza attiva”. In questo
progetto, che ha coinvolto quattro
classi della scuola primaria, si sperimentano delle nuove metodologie che,
attraverso l’utilizzo delle tecnologie innovative di cui i ragazzi sono in
possesso, sono in grado di far conoscere e di conseguenza far assimilare loro la storia
passata, quella dei loro genitori e dei loro nonni, che parlano della civiltà
precedente, di emigrazione e di sofferenza derivata dalla guerra.
In questo modo i nativi
digitali, conoscendo meglio il passato, possono essere messi in grado prima di
capire e successivamente di affrontare e combattere l’esclusione sociale oggi in atto, radiografando
meglio l’attuale fenomeno dell’immigrazione.
Credetemi, è questo un progetto che trovo serio, anche se abbastanza ambizioso, capace di
colmare il digital divide esistente tra genitori, nonni e figli, favorendo
in tutti l’inclusione digitale e quindi sociale. Insomma, un vero e proprio laboratorio sperimentale di digital storytelling, capace di
recuperare ai giovani le loro radici storiche, analizzate in veste di moderna funzione sociale. Come accennato in
premessa, sarebbe una moderna “rivisitazione” della storia, che passerebbe da
quella orale, prima tramandata dai nonni-genitori a figli e nipoti, oggi trasformata in
un racconto contemporaneo, mediante
l’utilizzo dei moderni strumenti digitali.
L’esperimento in atto
appare ai più molto positivo. Nell’arco di diciotto mesi, i ragazzi, supportati
da famiglie e docenti hanno animato le attività, focalizzando il lavoro
principalmente sulla tecnica della Stop-Motion
(una tecnica di animazione che crea una sequenza di immagini che danno
l’illusione del movimento come in un film), su cui è stata fatta una apposita
formazione a cura dell’Associazione ON, partecipante
al progetto. Anche altri soggetti pubblici e privati hanno aderito e supportato
l’iniziativa. L’Associazione ON, che ha affiancato le classi nell’elaborazione
di una storia che avesse come tema la ricostruzione del viaggio fatto dagli
immigrati, ha èredisposto per ogni classe una micro-narrazione, non solo reale ma anche fantasiosa:
dalla storia di un’invasione aliena a quella di una Perugia del futuro,
passando dalle storie dei ricercatori che rincorrono una cura all’estero, a quelle dei
brasiliani giunti in città e che raccontano le loro difficoltà ai nipoti.
Cari amici, perseguire
lo sviluppo di modelli educativi innovativi, promuovendo la formazione e la
valorizzazione dei giovani fin dalla più tenera età, è certamente un progetto
apprezzabile e di grande impatto, che darà sicuri risultati. In questo modo essi possono raggiungere importanti traguardi,
quali la fiducia nelle proprie capacità, la cura e la gestione della crescita
personale, l’inclusione e la relazione con l’altro. Tutti fini in perfetta linea
con i principi della nostra Costituzione. Sta a noi, non più giovani e, purtroppo, non nativi digitali, cercare senza
indugio di integrarci con il loro mondo, perché solo così saremo capaci di
parlare loro – nel loro linguaggio – della storia precedente, quella dei loro
avi, perché il passato, il presente e il futuro sono legati indissolubilmente
da un grande ponte che li unisce. Costruiamo insieme a loro il futuro!
A domani.
Mario
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