Oristano
25 Gennaio 2017
Cari amici,
Credo di essermi sentito fin da bambino sardo fino al midollo. Man mano che crescevo cercavo di osservare la Sardegna in tutte
le sue specificità, positive e negative. Senza fare troppa retorica (tipo l’antica
affermazione spagnola che ci riguarda: “Pocos, locos, y mal unidos”), sono sempre
stato convinto che per migliorarci potevamo farlo solo "insieme", non individualmente, come anche il detto "centu concas, centu berritas" afferma. Se da soli possiamo fare un metro, insieme possiamo fare molto di più. La nostra è
una terra bellissima, considerato che anche gli innumerevoli conquistatori che nei
secoli l’hanno abitata, una volta insediati nella nostra isola non se ne sono
mai voluti andare di loro spontanea volontà; la Sardegna per poter competere ad armi pari nel mondo necessita di sardi
più uniti, più coesi, perché è divisi che si perde, è divisi che lasciamo decidere
agli altri il nostro futuro.
Di questa Sardegna
bella e spesso indifesa (anche dagli stessi sardi) ho avuto modo svariate volte
di parlare su questo blog, anche se spesso le riflessioni che in tanti facciamo
sul nostro attuale e poco felice stato, restano lettera morta e chi, istituzionalmente parlando dovrebbe operare, poco o niente fa per garantire ai sardi un futuro meno denso di incognite.
Futuro che appare davvero con poco sole e con grandi e grossi nuvoloni nell’aria,
a partire dal costante e ininterrotto spopolamento dei nostri paesi, molti dei
quali sono così ridotti al lumicino che si avvicina la data della loro definitiva
morte per abbandono.
Mi è capitato di
recente di leggere nel blog di Anthony Muroni (vero giornale on line di grande
speranza per noi sardi, il cui link è http://www.anthonymuroni.it/), un caro amico che ospita articoli interessantissimi relativi alla nostra terra, un curioso post di Anna Salvadori dal titolo “Ritorno al paese, ritorno al futuro”,
che riporta lucidamente non solo la situazione attuale dello spopolamento, ma
ne indica anche le possibili alternative. Ecco, riportata per intero, la sua riflessione
(per chi vuole leggerla direttamente sul blog di A. Muroni ecco il link:
http://www.anthonymuroni.it/2017/01/04/ritorno-al-paese-ritorno-al-futuro-anna-salvadori/).
Ritorno al paese,
ritorno al futuro (di Anna Salvadori)
Futuro. La parola più balorda del mondo. Difficilmente si trova una
parola più violenta, ansiogena e logorroica di questa.
E’ violenta con i giovani che l’accompagnano con la parola incertezza.
E futuro e incertezza messe vicino fanno tremare i polsi. E’ ansiogena con i
vecchi che pensano solo al futuro in cui non ci saranno più. E’ logorroica con
i politici. Che la usano talmente tanto e a sproposito che ce la faranno
odiare.
Il futuro è una parola balorda. E’ balorda perché in un tempo in cui
l’urgenza è costituita dall’oggi avere la fantasia di disegnare il domani è
praticamente un’utopia. Ma qualcuno ci dovrà pur pensare al futuro. E per
pensare al futuro, guardare al presente può essere molto d’aiuto. Mai come in
questi anni, nella nostra isola si è tornato a parlare di paesi. Succede grazie
a qualche amministratore illuminato e determinato e a qualche intellettuale che
hanno capito la centralità del tema. La salvezza dei paesi è diventato tema
quasi centrale nella politica. Più se ne parla e meglio è, più il raggio del
dibattito si amplia più la possibilità di creare nuove consapevolezze e nuove
politiche (e politici!) può vedere la luce.
Basta guardarsi intorno: in ogni paese si cerca con ogni forza di
creare nuove forme di attrazione, di generare nuove idee, di creare nuove forme
di aggregazione che stimolino non solo nuovi modi di abitare ma creino nuove
consapevolezze sull’importanza centrale che la salvezza di comunità rurali
possa avere per il rilancio economico e sociale dell’isola. Ed ecco che si fa
strada l’ipotesi che non basta più lastricare un centro storico disabitato ma
serve che le case che ne fanno da contorno siano abitate da uomini, donne,
bambini in carne ossa. Magari con l’idea che quello sia l’unico luogo al mondo
in cui possano sviluppare la loro idea di futuro, di famiglia, di felicità. Perché
quel che conta, in fondo, nella vita di ogni essere umano è che il luogo in cui
si vive generi non solo benessere ma felicità per se stessi e per le persone
care.
E quindi che fare per fare in modo che quelle case vuote non restino
vuote a fissare immobili bellissimi lastricati in pietra? Serve creare lavoro
in quei paesi, serve un sistema di welfare che sia all’altezza dei sogni di
futuro di ogni uomo, ogni donna, ogni bambino che farà di quelle tante case, la
casa della vita. E creare lavoro non significa issare l’ennesimo capannone e
metterci dentro chiunque. Creare lavoro significa inventare nuove forme di
agricoltura, allevamento, agroindustria. Creare lavoro significa creare una
rete di infrastrutture tecnologiche che dimostri che ogni paese, anche se
abitato da una sola persona è il centro del mondo. Creare lavoro significa fare
dell’accoglienza non un business per pochi ma un’opportunità per tanti.
Di tutte queste cose dobbiamo ricordarci ogni volta che nei nostri
paesi ci impongono la chiusura di una scuola o di un ospedale. L’istruzione, la
salute e il lavoro sono diritti, non capitoli di spesa. Ecco perché è
indispensabile prestare la massima attenzione ogni volta che ci parlano di tagli,
accentramenti, risparmi. Qualcuno sta scrivendo il nostro futuro. Qualcuno ci
sta facendo passare i diritti come favori. Ma se pensate che la sottoscritta vi
stia invitando alla ribellione scordatevelo: per quella non siamo bravi e l’abbiamo
già più volte dimostrato. Diciamo che se da domani vedete qualcuno che scrive
il futuro al posto vostro, prendete una matita, e scrivete anche voi.
Anna Salvadori
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Cari amici, condivido
pienamente quanto affermato da Anna, e confesso che sono sulla stessa lunghezza
d’onda. Non possiamo pensare che siano sempre gli altri a risolvere le nostre problematiche: non limitiamoci a fare solo dei sogni, perchè i cambiamenti dipendono in gran parte solo da noi sardi! Ho avuto modo di esprimermi nella stessa direzione sul mio blog (post
ripreso anche da Anthony Muroni sul suo (per chi volesse leggerlo ecco il link:
http://www.anthonymuroni.it/2016/11/23/la-sardegna-scompare-sta-qualcosa-mario-virdis/),
dove evidenzio i terribili dati sullo spopolamento dei nostri paesi, che da qui
al 2050 potrebbero vedere una vera e propria catastrofe.
Siamo sicuri che dobbiamo continuare a restare totalmente inerti, senza far nulla, con la scusa che non
possiamo (o meglio non vogliamo) fare niente? Credo che il problema meriti una seria riflessione, che noi tutti dovremmo fare senza indugio, perchè ne va del nostro futuro!
A domani.
Mario
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