Oristano 8 Gennaio 2017
Cari amici,
Rileggendo la storia
ci rendiamo conto che nel tempo tutto cambia. A volte a passi lenti, a volte con
passi da gigante, l’evoluzione non si è mai fermata e continuerà senza
sosta ad avanzare. Ci chiediamo, però, per arrivare dove?
È questo il dilemma che spesso ci poniamo, considerato che la progressione è sempre più veloce ed avanzata, soprattutto dopo l’avvento di Internet. Ormai siamo arrivati all’intelligenza artificiale, che sta superando anche le più futuristiche previsioni fatte qualche anno fa. La macchina, insomma, è sempre più in grado di sostituire l’uomo: strumenti sempre più avanzati, più tecnologici, sostituiscono il lavoro umano, non solo quello manuale ma anche quello intellettivo, creando schiere sempre più grandi di nuovi disoccupati, di tutte le età e di tutte le culture.
È questo il dilemma che spesso ci poniamo, considerato che la progressione è sempre più veloce ed avanzata, soprattutto dopo l’avvento di Internet. Ormai siamo arrivati all’intelligenza artificiale, che sta superando anche le più futuristiche previsioni fatte qualche anno fa. La macchina, insomma, è sempre più in grado di sostituire l’uomo: strumenti sempre più avanzati, più tecnologici, sostituiscono il lavoro umano, non solo quello manuale ma anche quello intellettivo, creando schiere sempre più grandi di nuovi disoccupati, di tutte le età e di tutte le culture.
A questo punto sorge spontanea un’angosciante
domanda: quale sarà il futuro umano nel medio-lungo periodo? La
risposta, in effetti, non risulta né semplice né facile, e gli interrogativi, con l'avanzare della tecnologia, sempre
più frequenti.
Questa avveniristica innovazione, così rivoluzionaria ed avanzata, ha preso il nome di “Disruptive Innovation”, in parole povere Innovazione Sconvolgente, capace di azzerare seriamente l’attuale organizzazione del lavoro. Ma esaminiamo meglio il significato di questa parola, così preoccupante e sconvolgente.
Questa avveniristica innovazione, così rivoluzionaria ed avanzata, ha preso il nome di “Disruptive Innovation”, in parole povere Innovazione Sconvolgente, capace di azzerare seriamente l’attuale organizzazione del lavoro. Ma esaminiamo meglio il significato di questa parola, così preoccupante e sconvolgente.
Il termine Disruptive
Innovation fu coniato dal Prof. Clayton Christensen nel 1995, per evidenziare
le innovative iniziative “di rottura”, portate avanti da aziende
particolarmente lungimiranti, con una incredibile visione futura, assolutamente
non presente nella gran parte delle altre aziende. Al contrario di quelle (la gran parte) che
preferivano focalizzarsi sulle “Sustaining Innovations”, ovvero quelle Innovazioni Incrementali, migliorative
di alcuni attributi, (fatte in modo che il cliente potesse percepire una
variazione positiva di valore aggiunto), quelle (poche) dotate di mentalità più avanzata
cercavano, invece, di mettere sul mercato un prodotto/servizio concettualmente nuovo, capace
di rivoluzionare in modo totale il prodotto pre-esistente, e con esso le future esigenze del
consumatore.
Metodo avveniristico, dunque, un modo innovativo di andare ‘controcorrente’! Con le Disruptive Innovations vengono
introdotte nel mercato delle funzionalità completamente nuove, addirittura spesso lontane e ben più
avanzate di quelle che potevano essere le immediate richieste pretese dal consumatore!
Innovazioni che al primo impatto potevano apparire addirittura ‘sconvolgenti’, di rottura col passato, capaci
di portare da un lato ad una ridefinizione del
prodotto/servizio offerto, e dall'altro in grado di cambiare gusti e abitudini del consumatore. Insomma un nuovo modello di business che, seppur
scioccante, dopo il primo impatto viene presto assimilato dal consumatore, in
quanto capace di creargli una maggiore semplificazione con minori costi, liberandolo dai lacci e lacciuoli preesistenti.
Per comprendere meglio,
possiamo tornare con la nostra memoria all’evoluzione che l’informatica ha
fatto in pochi anni. Negli anni Sessanta del secolo scorso le aziende
produttrici di hardware erano focalizzate sulla realizzazione di mainframe
computer, macchine che occupavano interi piani di edifici e costavano milioni
di dollari, risultando accessibili solo dai più importanti centri di ricerca. Con il tempo
il concetto di computer si è evoluto verso una miniaturizzazione dei
dispositivi, l'aumento della potenza di calcolo e l’abbassamento dei costi,
cosa che ha consentito la diffusione di massa della tecnologia, per arrivare
all'avvento degli smartphone, che hanno portato alla convergenza dell'industria
informatica con quella delle telecomunicazioni, portando le funzionalità del
computer nelle tasche di ciascuno di noi.
Il continuo avanzare
dell’innovazione tecnologica (come ho avuto modo di esporre in diverse
riflessioni, sempre su questo blog) farà scomparire in pochi anni interi settori
dell’economia, che, se avranno la capacità di sopravvivere, ne verranno completamente stravolti. È l’effetto dirompente dell’innovazione digitale, un
big-bang che sta mietendo illustri vittime ma che è anche in grado di creare
nuovi mercati altrettanto rapidamente, e anche con costi molto
contenuti.
Un esempio sicuramente calzante
e di facile comprensione è quello dell’enorme diffusione, su scala mondiale, degli
smartphone e dei tablet; con questi strumenti, che attraverso il meccanismo
delle app sempre più diffuse si è in grado di connettersi con la stragrande
maggioranza degli altri utenti, sono possibili tantissime funzionalità:
dall’acquisto di servizi alle prenotazioni, dai pagamenti alle chiacchierate
tra amici, in considerazione anche della crescente attitudine delle persone a
rimanere sempre connesse. Ma questo, pensate, è solo l’inizio: l'innovazione porta con se risvolti anche abbastanza negativi.
Oramai, la gran parte dei
posti di lavoro si sta assottigliando e il futuro vede schiere sempre più
numerose di nuovi disoccupati. Nei supermercati il personale è sempre più risicato (operatori e cassieri scarsi o addirittura inesistenti), negli alberghi anche il personale addetto alla reception si sta sostituendo con dei computer dalle sembianze
umane e anche i taxi, oramai, possono essere tranquillamente noleggiati senza
autista e con la guida elettronica: basta una carta di credito e il percorso
dettato a voce.
Ecco la domanda che accennavo prima: che futuro possiamo immaginare per l'uomo? Se ad un certo punto le macchine saranno in grado di fare praticamente "TUTTO", all'uomo cosa rimarrà da fare? A parte i pochi "eccelsi" che saranno scelti per guidare l'innovazione, gli altri saranno destinati ad una vita contemplativa? Il grande dubbio che personalmente mi pongo è questo: se il mondo potrà essere “gestito”, oramai in un futuro prossimo, da un grandissimo sistema di macchine pensanti, tutto dipenderà da un piccolo gruppo oligarchico che ne dovrà curare la regia.
Ecco la domanda che accennavo prima: che futuro possiamo immaginare per l'uomo? Se ad un certo punto le macchine saranno in grado di fare praticamente "TUTTO", all'uomo cosa rimarrà da fare? A parte i pochi "eccelsi" che saranno scelti per guidare l'innovazione, gli altri saranno destinati ad una vita contemplativa? Il grande dubbio che personalmente mi pongo è questo: se il mondo potrà essere “gestito”, oramai in un futuro prossimo, da un grandissimo sistema di macchine pensanti, tutto dipenderà da un piccolo gruppo oligarchico che ne dovrà curare la regia.
Cari amici, Vi confesso
con grande preoccupazione (ormai penso certezza) e anche con grande timore che quel "Grande Fratello" che Orwell nel secolo scorso (era il 1984) pronosticò sta proprio per arrivare. Questo nuovo dittatore (novello messia terreno) potrebbe essere presto una terribile realtà. Solo pensare a
questa eventualità, credetemi, mi fa venire non pochi brividi di paura…
A domani.
Mario
p.s. Credo che tra qualche giorno riprenderò l'argomento per una riflessione sul "destino probabile" dell'uomo del terzo millennio, senza lavoro e...in balia del G.F.
M
I grattacieli del futuro li costruiranno i robot...
Nessun commento:
Posta un commento