Oristano
19 Gennaio 2017
Cari amici,
In Italia, almeno a sentire i giornali e i media, i saldi erano tanto attesi. Ciononostante, i dati recenti stanno facendo riflettere non poco: nonostante i ribassi oltremodo
vantaggiosi, la gente non sembra portata a spendere, a comprare, come in effetti ci si
aspettava. Le statistiche ufficiali dicono che siamo in “Deflazione”, per cui, nonostante oggi
il valore del nostro danaro non solo ha mantenuto il suo valore ma lo ha addirittura
aumentato, non siamo incentivati a spenderlo, in quanto ci manca la voglia di farlo, anche nel particolare periodo più favorevole, quello dei saldi.
Quale, dunque, il motivo di tale “fermo”, quale ragione sta dalla parte del consumatore, che lo costringe a non spendere? Per poter esaminare meglio il comportamento tenuto, proviamo a rivedere insieme, a ripassare la nostra conoscenza dei termini INFLAZIONE e DEFLAZIONE.
Quale, dunque, il motivo di tale “fermo”, quale ragione sta dalla parte del consumatore, che lo costringe a non spendere? Per poter esaminare meglio il comportamento tenuto, proviamo a rivedere insieme, a ripassare la nostra conoscenza dei termini INFLAZIONE e DEFLAZIONE.
Inflazione e deflazione
sono due concetti basilari relativi al valore della nostra moneta, anche se
spesso possono risultare fraintesi o di difficile comprensione. Sia l’inflazione che la
deflazione, infatti, hanno un enorme effetto
domino nelle contrattazioni e negli acquisti di ogni giorno. L’inflazione
esiste quando aumenta la quantità di moneta disponibile per l’acquisto di beni
e servizi, per cui si tende ad acquistarne in maggiore quantità facendo però in
questo modo lievitare i prezzi. Al contrario, la deflazione, si ha quando diminuisce
la quantità della moneta circolante, per cui chi vende le merci è costretto ad abbassare il
prezzo per poterle collocare.
In entrambi i casi (in periodi di forte inflazione, oppure di deflazione)
vengono a crearsi condizioni anomale di mercato, capaci di creare nel consumatore ansia e panico, insomma una certa dose di pericolo. Si, l'instabilità dei prezzi non favorisce la serenità, crea preoccupazione per il futuro delle famiglie e del Paese, con le derivanti pericolose variazioni sia dei prezzi che dei salari. Il ripristino della stabilità di norma avviene quando le strutture finanziarie
del Paese, attraverso la Banca Centrale, si muovono per livellare il fenomeno, cercando di mantenere
l’inflazione intorno al 2-3%.
In dettaglio, per
meglio comprendere le due situazioni, si può affermare che: quando l’economia
di un Paese vive un periodo d’inflazione i prezzi dei beni e dei servizi
salgono e le imprese aumentano il margini dei loro profitti; questo effetto,
però, risulta di breve durata: diminuendo il potere d’acquisto degli stipendi
dei consumatori, questi possono comprare meno beni, e l’economia, in temi brevi
tende a fermarsi. Con la deflazione (che di norma segue proprio la stasi prima accennata) le condzioni non risultano certo migliori: una
situazione stagnante
può psicologicamente portare i consumatori, per il timore di negativi sviluppi futuri della crisi, ad acquistare meno beni
e risparmiare di più.
Gli effetti sul mercato
causati dalla deflazione sono in realtà peggiori dell’inflazione (la componente
psicologica della paura è determinante), in quanto creano situazioni più
difficili da mitigare rispetto a quelle causate dell’inflazione. In tempi di
deflazione, l’economia di un Paese si blocca, diminuiscono gli investimenti, i
profitti precipitano e la disoccupazione tende ad aumentare. Situazione questa
che rispecchia non poco quella che in questo momento il nostro Paese sta
vivendo.
Per tornare ai fatti di casa nostra, ad Ottobre
scorso l’indice dei prezzi al consumo risulta essere sceso dello 0,1% rispetto
al mese di Settembre ed il tasso tendenziale, rispetto allo stesso mese dell’anno
precedente è calato dello 0,2%. I dati ufficiali, pur dimostrando la tendenza deflazionistica
in atto, non hanno convinto i consumatori, la cui opinione non è cambiata:
il loro convincimento è che i prezzi continueranno addirittura a salire! Ecco l’importanza
della componente psicologica, che riesce ad azzerare anche il dato ufficiale.
Faccio un esempio: il consumatore avverte molto di più un aumento del prezzo della benzina rispetto ad un suo
successivo calo, così come si indispettisce per l’aumento delle tariffe postali o
quelle del parcheggio, trascurando invece altre variazioni in diminuzione magari
più vantaggiose.
Ecco, tutto questo si è sta
ora verificando nel nostro Paese anche per i saldi. Pur ribadendo i dati ufficiali che siamo
in deflazione, in una fase cioè di flessione tendenziale dei prezzi, la componente
psicologica del consumatore è rimasta in preda alla paura, forse irrazionale,
ma così è, purtroppo. In sintesi, se l’inflazione
è in grado di portare ad una riduzione del potere d’acquisto, la deflazione, pur permettendo di comprare più beni con lo stesso importo, è considerata più pericolosa dal consumatore, perché è vista come un momento di crisi
generale, di fermo del mercato, che nella psicosi comune può portare, domani, a
situazioni ancora più pericolose.
Cari amici, la storia
insegna che nel vortice inflazione/deflazione, in passato sono caduti
diversi Paesi, sia in Europa che dall’altra parte del mondo. L’Italia risulta
entrata in deflazione nell’Agosto del 2014 e la situazione appare oggi ancora
stagnante. Negli anni precedenti (ultimi cinque anni) l’inflazione era salita
del 7% a fronte di retribuzioni cresciute meno della metà, intorno al 3%; la
successiva deflazione è riuscita a “salvare” il potere d’acquisto, ma non è
riuscita a far riacquistare la fiducia dei consumatori. È difficile prevedere
come e quando potremo uscire da questa situazione di stallo.
C'è chi prevede una vicina
ripresa dell’inflazione, anche se i dubbi rimangono. La stessa Bce prevede in Primavera un’inflazione intorno al 1,5%,
anche se è da escludere un pari adeguamento degli stipendi. Il passato insegna
che far riacquistare la fiducia a chi l’ha persa non è né semplice né facile,
per cui credo che per parecchio tempo ancora dovremo fare di necessità virtù.
Credo che in tutto questo l’Europa potrebbe (meglio dovrebbe) giocare un ruolo primario e indispensabile; se tiene alla sua sopravvivenza, credo che dovrà, unitamente agli Stati che la compongono, trovare soluzioni ben più efficaci, che escano dalla semplice logica del “far quadrare i conti”, anche al prezzo di affamare le popolazioni.
Il discorso è lungo...e non si esaurisce con le semplice quattro battute...
Credo che in tutto questo l’Europa potrebbe (meglio dovrebbe) giocare un ruolo primario e indispensabile; se tiene alla sua sopravvivenza, credo che dovrà, unitamente agli Stati che la compongono, trovare soluzioni ben più efficaci, che escano dalla semplice logica del “far quadrare i conti”, anche al prezzo di affamare le popolazioni.
Il discorso è lungo...e non si esaurisce con le semplice quattro battute...
A domani.
Mario
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