lunedì, gennaio 23, 2017

EURO E RITORNO ALLA LIRA. CHI PREDICA OGGI UN RITORNO ALLA VECCHIA MONETA, RICORDI COSA SUCCESSE IN SARDEGNA COL TENTATO PROGETTO DEL RIPRISTINO DELLA LIRA SARDA NEL SECONDO DOPOGUERRA. UNA RIFLESSIONE DI BEPPE MELONI.



Oristano 23 Gennaio 2017
Cari amici,
È proprio vero: quando ci troviamo in difficoltà è necessario trovare sempre un colpevole della situazione poco gradita: insomma un “capro espiatorio” deve sempre essere individuato, in modo che su di esso possiamo scaricare tutta la nostra rabbia e la nostra insoddisfazione. Avviene anche oggi: per esempio con riferimento all’EURO, che tra mille altri mali, ha ulteriormente impoverito la nostra già traballante economia precedente, regolata in LIRE. L’economia odierna dei 27 Paesi riuniti nell’UE, malamente governata da una “finta Europa” che forse mai diventerà nazione, traballa non poco e il capro espiatorio sembra essere stato individuato proprio nell’Euro, una specie di mitico mostro dalle numerose teste, che giorno dopo giorno contribuisce ad affamare i Paesi che l’hanno adottato. Tra le soluzioni prospettate, quella di un ritorno alle monete precedenti e, nel nostro caso, alla Lira.
Beppe Meloni, giornalista e storico, profondo conoscitore della realtà sarda, in una sua riflessione inerente l’argomento ha riportato un fatto che sotto certi aspetti assomiglia non poco alla realtà odierna: il tentativo, nel secondo dopoguerra (nel lontano 1944), del ripristino della “Lira sarda” (uscita dalla circolazione nel 1847), proprio per contrastare una traballante Lira italiana che, continuando a perdere di valore in continuazione, metteva in ginocchio l’economia dell’Isola. Ma leggiamo insieme la storia che Beppe, con grande cura dei particolari, ha voluto riportare alla nostra memoria. Buona lettura.
Quel progetto della lira sarda del secondo dopoguerra.
di Beppe Meloni
In momenti di grandi difficoltà politiche e sociali, che investono ormai da un decennio l’economia europea, senza che si intravedano, a breve scadenza, segnali di ripresa, si riparla con insistenza e da più parti di un ritorno alla vecchia Lira.
Sembra quasi un salto all’indietro di più di mezzo secolo, da quel lontanissimo 1944, in quel difficile e complicato secondo dopoguerra, quando la Sardegna viveva uno dei momenti più drammatici della sua storia, e negli uffici finanziari regionali, venne affacciata l’idea di una moneta sarda, che avesse valore proprio autonomo da quello nazionale.  
Paolo Fadda, attento studioso e scrittore cagliaritano che ha ripercorso con puntuale meticolosità e passione pagine sconosciute della storia economica e politica isolana, sottolineava nel n. 1 del 1999 di “Sardegna Economica” che nel 1944 “la necessità di introdurre la lira sarda (scomparsa dalla circolazione fin dal 1847), e con i suoi “Quattro Mori bendati” sul verso principale, era stata valutata con molto fervore, da chi pensava che fosse una misura necessaria e sufficiente per difendere l’economia isolana dal contagio con quella terribile epidemia d’inflazione monetaria che aveva colpito le regioni centro-meridionali d’Italia.
Isolata come era dal resto del Paese, la Sardegna, liberata dalle truppe alleate, con gravi problemi di ricostruzione e sopravvivenza economica e sociale, doveva “arrangiarsi”. Il blocco delle esportazioni e la chiusura di rifornimenti esterni, avevano finito per isolare ancora di più la nostra regione. Si era creata una “economia chiusa” al resto del mondo, con una situazione di isolamento totale che finiva per determinare di fronte all’inflazione monetaria del secondo dopoguerra, una spirale negativa tra Sardegna e Continente. Mentre nel 1944 i prezzi dell’isola corrispondevano alla metà di quelli del Continente. Nel 1945, i prezzi praticati nella penisola erano diventati cinque volte maggiori di quelli registrati nell’isola. Quando il pane in Sardegna costava lire 3,40 al chilo, a Napoli già superava le 15 lire. Per la pasta, altro genere di prima necessità, il rapporto era diventato di lire 3,20 in Sardegna contro le 23,50 nella Penisola. Si temeva che con poche lire svalutate “alla maniera continentale” i “pescecani” speculatori che sbarcavano nell’isola, potessero depredare i sardi di ogni ricchezza, dai prodotti zootecnici a quelli agroalimentari, sino ai beni immobili, come sottolineava Paolo Fadda.
Un vistoso squilibrio nei rapporti commerciali tra Sardegna e Continente, che fece venire l’idea della “lira Sarda”, con grande soddisfazione per gli ambienti separatisti che con certe idee ci andavano a nozze. Ma anche Antonio Segni “lu professò” leader democristiano, assieme ad altri studiosi nella primavera del ’45 era intervenuto scrivendo sul settimanale “Riscossa” per caldeggiare l’iniziativa ma senza successo. Sia la proposta di creare una lira sarda che quella di praticare due prezzi, uno per il consumo e l’altro per l’esportazione, vennero ostacolati e non se ne fece nulla.
Il ricordo di quegli avvenimenti lontani aiutano a capire meglio l’atmosfera particolare di quella Sardegna del secondo dopoguerra. Quando era molto forte il desiderio dei sardi di uscire dall’isolamento nel quale erano stati cacciati dal ventennio di dittatura fascista.
Beppe Meloni
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Cari amici credo che la riflessione di Beppe sia utile anche oggi, per contrastare il canto delle sirene che inneggiano ad un ritorno al passato, perché, non dimentichiamolo mai, una volta che si è sbagliato non si può mai ‘tornare indietro’: è come la pietra lanciata o il proiettile sparato, che non possono essere recuperati. Quando il danno è fatto è necessario trovare correttivi, non cercare di fare un passo indietro!
A domani.
Mario


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