Oristano
23 Gennaio 2017
Cari amici,
È proprio vero: quando
ci troviamo in difficoltà è necessario trovare sempre un colpevole della
situazione poco gradita: insomma un “capro
espiatorio” deve sempre essere individuato, in modo che su di esso possiamo
scaricare tutta la nostra rabbia e la nostra insoddisfazione. Avviene anche
oggi: per esempio con riferimento all’EURO, che tra mille altri mali, ha ulteriormente impoverito
la nostra già traballante economia precedente, regolata in LIRE. L’economia odierna
dei 27 Paesi riuniti nell’UE, malamente governata da una “finta Europa” che forse mai
diventerà nazione, traballa non poco e il capro espiatorio sembra essere stato
individuato proprio nell’Euro, una specie di mitico mostro dalle numerose teste, che
giorno dopo giorno contribuisce ad affamare i Paesi che l’hanno adottato. Tra le soluzioni prospettate, quella di un ritorno alle monete precedenti e, nel nostro caso, alla Lira.
Beppe Meloni,
giornalista e storico, profondo conoscitore della realtà sarda, in una sua
riflessione inerente l’argomento ha riportato un fatto che sotto certi aspetti assomiglia non poco alla realtà odierna: il tentativo, nel secondo dopoguerra (nel lontano 1944),
del ripristino della “Lira sarda” (uscita dalla circolazione nel 1847), proprio
per contrastare una traballante Lira italiana che, continuando a perdere di valore in
continuazione, metteva in ginocchio l’economia dell’Isola. Ma leggiamo insieme
la storia che Beppe, con grande cura dei particolari, ha voluto riportare alla nostra
memoria. Buona lettura.
Quel
progetto della lira sarda del secondo dopoguerra.
di
Beppe Meloni
In
momenti di grandi difficoltà politiche e sociali, che investono ormai da un
decennio l’economia europea, senza che si intravedano, a breve scadenza,
segnali di ripresa, si riparla con insistenza e da più parti di un ritorno alla
vecchia Lira.
Sembra
quasi un salto all’indietro di più di mezzo secolo, da quel lontanissimo 1944,
in quel difficile e complicato secondo dopoguerra, quando la Sardegna viveva
uno dei momenti più drammatici della sua storia, e negli uffici finanziari regionali,
venne affacciata l’idea di una moneta sarda, che avesse valore proprio autonomo
da quello nazionale.
Paolo Fadda,
attento studioso e scrittore cagliaritano che ha ripercorso con puntuale
meticolosità e passione pagine sconosciute della storia economica e politica
isolana, sottolineava nel n. 1 del 1999 di “Sardegna Economica” che nel 1944
“la necessità di introdurre la lira sarda (scomparsa dalla circolazione fin dal
1847), e con i suoi “Quattro Mori bendati” sul verso principale, era stata valutata
con molto fervore, da chi pensava che fosse una misura necessaria e sufficiente
per difendere l’economia isolana dal contagio con quella terribile epidemia
d’inflazione monetaria che aveva colpito le regioni centro-meridionali
d’Italia.
Isolata
come era dal resto del Paese, la Sardegna, liberata dalle truppe alleate, con
gravi problemi di ricostruzione e sopravvivenza economica e sociale, doveva
“arrangiarsi”. Il blocco delle esportazioni e la chiusura di rifornimenti
esterni, avevano finito per isolare ancora di più la nostra regione. Si era
creata una “economia chiusa” al resto del mondo, con una situazione di
isolamento totale che finiva per determinare di fronte all’inflazione monetaria
del secondo dopoguerra, una spirale negativa tra Sardegna e Continente. Mentre
nel 1944 i prezzi dell’isola corrispondevano alla metà di quelli del
Continente. Nel 1945, i prezzi praticati nella penisola erano diventati cinque
volte maggiori di quelli registrati nell’isola. Quando il pane in Sardegna
costava lire 3,40 al chilo, a Napoli già superava le 15 lire. Per la pasta,
altro genere di prima necessità, il rapporto era diventato di lire 3,20 in
Sardegna contro le 23,50 nella Penisola. Si temeva che con poche lire svalutate
“alla maniera continentale” i “pescecani” speculatori che sbarcavano
nell’isola, potessero depredare i sardi di ogni ricchezza, dai prodotti
zootecnici a quelli agroalimentari, sino ai beni immobili, come sottolineava
Paolo Fadda.
Un vistoso squilibrio nei rapporti commerciali tra Sardegna e Continente,
che fece venire l’idea della “lira Sarda”, con grande soddisfazione per gli
ambienti separatisti che con certe idee ci andavano a nozze. Ma anche Antonio
Segni “lu professò” leader democristiano, assieme ad altri studiosi nella
primavera del ’45 era intervenuto scrivendo sul settimanale “Riscossa” per
caldeggiare l’iniziativa ma senza successo. Sia la proposta di creare una lira
sarda che quella di praticare due prezzi, uno per il consumo e l’altro per
l’esportazione, vennero ostacolati e non se ne fece nulla.
Il
ricordo di quegli avvenimenti lontani aiutano a capire meglio l’atmosfera
particolare di quella Sardegna del secondo dopoguerra. Quando era molto forte
il desiderio dei sardi di uscire dall’isolamento nel quale erano stati cacciati
dal ventennio di dittatura fascista.
Beppe
Meloni
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Cari amici credo che la
riflessione di Beppe sia utile anche oggi, per contrastare il canto delle
sirene che inneggiano ad un ritorno al passato, perché, non dimentichiamolo mai,
una volta che si è sbagliato non si può mai ‘tornare indietro’: è come la
pietra lanciata o il proiettile sparato, che non possono essere recuperati. Quando
il danno è fatto è necessario trovare correttivi, non cercare di fare un passo
indietro!
A domani.
Mario
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