Oristano 25 aprile 2024
Cari amici,
La vita dell’uomo, come
possiamo constatare, è da sempre preda di tanti mali: malattie, paure, fobie
(spesso irrazionali), che rendono difficile il suo percorso terreno,
condizionandolo non poco. Oggi voglio parlare con Voi di una angosciosa paura,
che, seppure poco conosciuta, si è già alquanto diffusa: è la “TRIPOFOBIA”. È
questa una forma di paura causata dalla visione di particolari oggetti che
presentano fori profondi e ravvicinati. Come ad esempio: alveari, spugne da
bagno, formaggi con i buchi e molti altri oggetti che si presentano con dei
buchi molto vicini e numerosi, tali da far scattare questa irrazionale paura.
È la visione di questa
sequenza di buchi, anche in oggetti di uso comune, a far scattare la molla di
questa fobia, che, in campo medico, è chiamata proprio “TRIPOFOBIA”, termine
che deriva dalla lingua greca (letteralmente "trýpa" che significa
"buco" e "phóbos", ovvero "paura"). La scoperta
medica di questa particolare paura risale al 2005, e purtroppo la sua
diffusione continua a crescere. Pur non essendo invasiva come diverse altre
fobie (ad esempio la claustrofobia, l’agorafobia o l’aracnofobia, per citarne
solo alcune), è comunque una paura che crea le sue problematiche che,
ovviamente, vanno affrontate.
Pur non essendo riconosciuta come vera e
propria fobia dall’American Psychiatric Association, la Tripofobia è comunque
un importante disagio, che si presenta come una “paura persistente e
irrazionale” nei confronti di oggetti che presentano fori ravvicinati e
profondi. Nel soggetto che ne soffre questa paura scatena sensazioni di
repulsione, avversione e disgusto, fino a generare, nei casi più gravi (spesso nei
soggetti più fragili), ansia e panico.
Considerato che il
disturbo della Tripofobia è stato oggetto di analisi solo di recente, sono
state avanzate diverse ipotesi circa le cause scatenanti. Uno dei primi studi
sulla Tripofobia, ha ipotizzato che il disturbo possa essere ricollegato a cause
ancestrali. Un gruppo di scienziati dell'Università dell'Essex (coordinato
da Geoff Cole e Arnold Wilkins), ha pubblicato nel 2013 sulla rivista
Psychological Science l’importante ricerca “Fear of Holes” (“Paura dei buchi”);
questo studio sostiene che il disturbo non dipende da cause psichiche, ma da
motivi collegati al meccanismo di difesa innato nell’uomo.
Insomma, il disturbo
deriverebbe dall’istinto di sopravvivenza dell’uomo, sarebbe la risposta
all’ambiente ostile, insito nell’uomo fin dai tempi della preistoria. Alla base
di tale ipotesi vi sarebbe il fatto che la visione di un insieme di fori
ravvicinati (di qualunque forma, purché vicini) ricorderebbe minacce reali,
come animali velenosi, infezioni o parassiti. Agli studi del 2013 hanno fatto
seguito quelli del 2017, effettuati da un gruppo di psicologi dell'Università
del Kent (Regno Unito), che hanno dato una nuova interpretazione delle cause
della Tripofobia.
Secondo questo studio,
coordinato dal prof. Tom Kupfer della Scuola di Psicologia dell'ateneo di
Canterbury, alla base del disturbo ci sarebbe la paura delle malattie
infettive e dei raggruppamenti di parassiti. Di qui, l’avversione verso oggetti
circolari o, comunque, ravvicinati. Questi psicologi hanno sottoposto ad un
test un campione di 600 persone, metà delle quali tripofobiche. Dopo avergli
mostrato due gruppi di immagini (il primo composto da foto di malattie
infettive, il secondo da foto che “spaventano” i tripofobici, come bollicine,
muri forati, spugne, etc.), è emerso che tutti hanno provato repulsione per le
foto del primo gruppo, ma solo i tripofobici hanno provato “disgusto” verso le
immagini del secondo gruppo.
Amici, come possiamo affrontare
questa particolare paura? Quali rimedi sono possibili per curare la Tripofobia?
Le soluzioni sono simili a quelle utilizzate per gli altri disturbi fobici: l’utilizzo
delle terapie cognitivo-comportamentali, affiancate eventualmente da una cura
farmacologica. La terapia cognitivo-comportamentale aiuta a controllare il
disagio, in modo da raggiungere un certo autocontrollo; è un percorso
terapeutico psicologico che aiuta a disattivare i circoli viziosi negativi
mentali; la terapia farmacologica, invece, risulta utile per alleviare gli
stati depressivi e/o di ansia.
Cari amici, la Tripofobia,
in particolare in questa caotica vita moderna, potrebbe trovare sollievo anche
utilizzando le tecniche di rilassamento, che agevolano il percorso di
desensibilizzazione. Le tecniche di rilassamento, quali il training autogeno,
la respirazione e lo yoga, possono essere degli ottimi coadiuvanti al percorso
terapeutico, in modo da raggiugere il necessario autocontrollo emotivo.
A domani.
Mario
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