Oristano 6 aprile 2024
Cari amici,
Che la storia della
Sardegna sia costellata di dominatori che la maltrattarono in mille maniere, lo sappiamo bene noi sardi,
che per secoli siamo passati tra le grinfie di predatori senza scrupoli, che
hanno lasciato nella nostra isola, dopo averla depredata, solo macerie. Ebbene,
ho fatto questa premessa per parlare oggi con Voi della curiosa storia dell’invenzione
dei “GRISSINI”, nati a Torino per poter nutrire un rampollo regale di salute
cagionevole: Vittorio Amedeo II di Savoia, che successivamente, nostro malgrado, diventò “Re di Sardegna”.
Storia lunga e
tormentata, quella della nostra terra, che vide i Savoia padroni in casa nostra
per un “baratto di guerra”. Fu la “Quadruplice Alleanza” a regalare ai
Savoia la Sardegna, sottratta al precedente dominatore: la Spagna. Nel caso
specifico fu assegnata a Vittorio Amedeo II di Savoia, che divenne prima Re della
Sicilia e poi della Sardegna, in virtù del Trattato di Londra (1718) firmato
nel 1720 all’Aia. Vittorio Amedeo II, seppure diventato Re di Sardegna, nell’isola
non ci si affacciò nemmeno, dimostrando alterigia e disprezzo,
come ben noto in questo casato! La Sardegna era solo un possedimento, tanto che
né lui né nessuno dei suoi successori vi misero piede fino al 1799, quando i
Savoia si rifugiarono in Sardegna, costretti a lasciare Torino e il Piemonte,
“cacciati” da Napoleone.
Tornando alla storia dei
grissini (nati proprio in Casa Savoia), questi furono inventati nel 1679 da un
fornaio di Lanzo Torinese, certo Antonio
Brunero, al quale il medico di Casa Savoia, Teobaldo Pecchio, commissionò
l’incarico di studiare un cibo appetitoso e digeribile per sfamare il giovane principe Vittorio Amedeo II, afflitto da problemi di alimentazione. Alcuni
ipotizzano che il ragazzo, allora tredicenne, avesse difficoltà nel mangiare la
mollica, secondo altri soffriva di una più generica inappetenza.
Il fornaio Antonio
Brunero, per accontentare il medico della Real Casa, pensò a qualcosa di diverso
dal solito pane. Lavorò con pazienza un impasto di farina, acqua, lievito e
sale, amalgamandolo fino a renderlo molto sottile; ottenne così un pane del
tutto privo di mollica, adatto anche allo stomaco delicato del principino; Brunero, in realtà, aveva rielaborato la ricetta della ghërsa (o grissia, il
classico pane contadino piemontese di forma allungata, da cui derivò poi il
nome ‘grissino’), dando vita ad una nuova particolare specialità, che ben
presto risultò molto apprezzata, e si diffuse a macchia d’olio, arrivando ai nostri tempi sempre con pieno gradimento.
Sebbene in apparenza
preparare i grissini sembri semplice, elaborare a dovere la ricetta dei
grissini torinesi più tradizionali risultava in passato abbastanza complicato.
Certo, oggi si utilizzano appositi macchinari che agevolano il compito dei
panettieri, ma un tempo per farli occorreva il lavoro di ben quattro persone,
alle quali erano assegnati compiti specifici. Lo Stiror doveva tirare
l’impasto, il Tajor si occupava di tagliarlo, il Coureur lo sistemava su
una lunga paletta introducendolo nel forno, ed infine il Gavor estraeva i
grissini spezzandoli in due.
Il successo dai grissini,
nati quasi come una medicina, fu immediato; il consumo si diffuse prontamente
in casa Savoia. Carlo Felice, Re di Sardegna tra il 1821 e il 1831, pensate,
aveva l’abitudine di sgranocchiarli durante gli spettacoli al Teatro Regio,
sotto gli occhi curiosi dell’alta borghesia e dei nobili, che iniziarono
prontamente a imitarlo. Anche sua zia Maria Felicita li apprezzava molto, in
quanto ne era una grande estimatrice; a ricordarlo c’è un dipinto che la ritrae
con un cagnolino al quale porge proprio un grissino, cosa che le valse il
soprannome di “principessa del grissino”.
Dal Regno sabaudo, il piacere
di sgranocchiare i grissini si trasferì in Francia. Si racconta che Luigi XIV,
il Re Sole, fece arrivare a Parigi due fornai torinesi per garantirsi un
prodotto sempre fresco. Il grissino conquistò anche Napoleone Bonaparte,
che si innamorò talmente di questa nuova forma di pane, tanto da creare,
all'inizio del XIX secolo, un servizio di corriere fra Torino e Parigi,
dedicato al trasporto di quel particolare pane da lui tanto desiderato che egli
chiamava “Les petits bâtons de Turin”.
Cari amici, oggi i
grissini nati a Torino sono uno degli snack più amati in Italia. Caratterizzati
da una croccantezza tanto piacevole, sono ora preparati in decine di gustose
varianti. Grazie alla loro versatilità e praticità, i grissini hanno ottenuto
un grande successo internazionale. Basti pensare che negli Stati Uniti è stata
dedicata loro una giornata celebrativa, il Breadstick Day, in calendario
nell’ultima decade di ottobre. Ne è decisamente passata di acqua sotto i
ponti, da quando venivano preparati per il malaticcio re bambino!
A domani.
Mario
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