mercoledì, aprile 10, 2024

I GIOVANI E IL RIFIUTO DEL LAVORO "VECCHIA MANIERA". ORA IMPERVERSA IL FENOMENO DELLA “GREAT RESIGNATION”, LE “DIMISSIONI VOLONTARIE DI MASSA”.


Oristano 10 aprile 2024

Cari amici,

A quelli della mia generazione appare alquanto strano che un numero crescente di giovani lavoratori, anche occupati in un "posto fisso", presenti le dimissioni da un lavoro sicuro, la cui conquista, prima, era un traguardo spesso sognato! Eppure questo strano fenomeno sta riguardando un po’ tutti i Paesi del mondo, Italia compresa. Secondo i dati del nostro Ministero del Lavoro, elaborati in collaborazione con la Banca d’Italia e l’ANPAL, da luglio 2020 l'aumento delle dimissioni volontarie ha superato il numero delle cessazioni ordinarie.

Il fenomeno risulta ancora più strano se pensiamo che, nel contesto economico attuale, ci sono tanti giovani senza lavoro! Realtà, quest'ultima, inconfutabile, in quanto viviamo in una crisi occupazionale importante, per cui il fenomeno crea davvero molta meraviglia. Da quello che è emerso dal report, nel corso del 2021 le dimissioni sono gradualmente aumentate superando, nella seconda metà dell’anno, i livelli registrati nel 2020. I numeri relativi all’occupazione nel secondo trimestre 2021 evidenziano un aumento considerevole di lavoratori che si sono dimessi: +37% rispetto al trimestre precedente e addirittura +85% se paragonati allo stesso periodo nel 2020.

Indubbiamente è una realtà sconfortante, che fa pensare a quali possono essere le cause di un esodo così massiccio in tempi in cui un posto di lavoro è davvero agognato! Potrebbero essere le pesanti condizioni di lavoro, oppure altri motivi che hanno spinto i lavoratori a lasciare il lavoro? Altra domanda importante è questa: ma una volta date le dimissioni, che cosa hanno fatto i lavoratori che hanno lasciato? Per capire potrebbe risultare utile leggere il recente libro della sociologa Francesca Coin, dal titolo: “Le grandi dimissioni”. «Per capire le cause delle Grandi Dimissioni, basterebbe ascoltarle», questa è una frase presente nel libro. Chi ha deciso di lasciare il lavoro lo ha fatto per una serie di ragioni: in primo luogo l’eccessivo stress-lavoro correlato (36%), il clima aziendale e le relazioni professionali (34,9%), la prospettiva di uno stipendio migliore (29,5%) e, al quarto posto, la necessità di ottenere un miglior equilibrio vita-lavoro e la possibilità di fare smart working (26,2%).

Da una ricerca effettuata dal Politecnico di Milano è emerso che per un lavoratore su quattro (di entrambi i sessi), le dimissioni volontarie sono dovute alla ricerca di modalità di lavoro più “agili”. Ma il dato più critico, che è emerso da questo report, è che per circa l’83% delle intervistate/degli intervistati le motivazioni vanno ricercate soprattutto nel malessere emotivo, dato dall’assenza di riconoscimenti di merito, e dal non sentirsi allineati ai valori dell’azienda. Solamente il 17% delle persone del campione ha dichiarato infatti di sentirsi inclusa e valorizzata all’interno dell’organizzazione per cui lavora.

Secondo la società di ricerca “Great Place to Work", tecnologia e consulenza organizzativa” che analizza gli ambienti di lavoro raccogliendo e analizzando le opinioni dei collaboratori e la employee experience, la prima generazione nata interamente in un mondo digitale, considera l’allineamento con i valori aziendali e la mission portata avanti dall’azienda, una condizione fondamentale per la reale soddisfazione nel lavoro e, di conseguenza, la continuità lavorativa.

Anche una ricerca effettuata dal New York Times ha rilevato come il modo di approcciarsi alle nuove professioni (quelle nate in seno alla sviluppo dei social network e che definiscono una nuova tipologia di liberi professionisti definiti “creatori di contenuti”) sia tutt’altro che orientato a diminuire l’orario di lavoro in favore della vita privata e, soprattutto, foriero di effetti collaterali sulla salute psicologica derivanti dall’essere sempre connessi.

Amici, il problema credo sia proprio la ricerca di un rinnovato equilibrio tra vita lavorativa e vita sociale e familiare. Molte dimissioni sono infatti legate alla difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare e, spesso, rappresentano una vera e propria rinuncia all’occupazione. Un fenomeno che riguarda in misura maggiore la popolazione femminile. In Italia, secondo un rapporto dell’Ispettorato del Lavoro, le dimissioni di dipendenti con figli fino a tre anni hanno interessato per il 77,4% dei casi le donne e solo per il 22,6% gli uomini.

Cari amici, indubbiamente il serio problema che si profila all’orizzonte manifesta la necessità di un cambio di paradigma; l’equilibrio vita-lavoro, è stato affrontato anche da recenti direttive EU, tendenti a migliorare l’equilibrio tra vita professionale e vita privata. Solo quando aziende e lavoratori saranno in perfetta sintonia, dove nessuno accampa il diritto di farla da padrone, solo allora vi sarà piena soddisfazione reciproca e entrambe le parti potranno stare sul mercato in perfetto equilibrio.

A domani.

Mario

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