IMMAGINI DELLA STRAORDINARIA POMPEI |
Oristano 9 aprile 2024
Cari amici,
Che POMPEI, grazie
alla sua straordinaria conservazione ad opera delle ceneri del Vesuvio, sia un
fantastico “Museo a cielo aperto” sulla vita degli antichi romani è una
fantastica realtà che continua, giorno dopo giorno, ad arricchirsi di elementi
che ci danno un quadro veritiero della vita dell’epoca. Una recente,
interessante mostra dal titolo "L’altra Pompei. Vite comuni all’ombra
del Vesuvio", ha evidenziato non tanto la vita dell’alta società
romana dell’epoca (che è la più nota) ma quella delle classi popolari, quella
di coloro che, pur poco visibili nella
storia ufficiale, di fatto ne costituivano il prezioso tessuto umano e
demografico del periodo.
Una mostra, come hanno precisato
i curatori Silvia Martina Bertesago e Gabriel Zuchtriegel (quest’ultimo
direttore degli scavi di Pompei), improntata non solo su un cambiamento di
prospettiva analitica, e neppure su una lettura della società pompeiana
focalizzata soltanto sul lavoro e sui mestieri, ma focalizzata proprio sulle classi lavoratrici, in grado di
testimoniare gli stili di vita delle persone comuni, delle classi meno
abbienti, che davano corpo e senso alla vita della società romana di quel
periodo storico.
Pompei è indubbiamente un
sito straordinario, forse unico, capace più di qualunque altro di raccontare
anche nei dettagli il modo di vivere sociale dell’epoca. L’analisi ha
riguardato non tanto i luoghi nobili, sontuosi e di grande magnificenza, ma
quelli utilizzati e vissuti dalle altre classi sociali; luoghi e spazi costituiti
da umili stanze, poveri ambienti di vita e di lavoro, ricostruiti grazie alla
tecnica dei calchi, con la vista commovente di umili suppellettili e dei
lettini su cui riposavano gli schiavi, adulti e bambini.
Insomma, amici, la mostra
mette in evidenza ai visitatori “La Pompei delle classi povere”, quelle
dedite al servizio ai nobili, dove i lavoratori operavano dietro le quinte; una
Pompei alquanto diversa da quella mostrata, sontuosa e marmorea! Una Pompei
nascosta nell’ombra, non esibita, dove la vita quotidiana della servitù operava con
grande sacrificio, utilizzando in silenzio tutti quegli strumenti che servivano
a rendere allegra e luminosa la vita dei potenti di turno.
Nella mostra erano messi
in evidenza circa 300 reperti: alcuni riguardavano l’infanzia, altri le
attività quotidiane e l’alimentazione; rappresentati anche i costumi e gli
svaghi delle classi povere, la loro fede religiosa e l’aldilà. Alcuni
approfondimenti espositivi erano di grande interesse, come quello proposto
nella sezione dedicata al regime alimentare dei ceti più bassi, un regime
povero e poco variato, ben lontano da quello sfarzoso rappresentato in tante
pitture parietali, in cui si mostrano le numerose prelibatezze rinvenienti dalla
terra e dal mare.
La mostra ha messo in
evidenza anche l’arroganza e la protervia che i potenti esercitavano sui servi
e sugli schiavi. Erano esposti, per esempio, i cippi che venivano utilizzati
dai padroni per punire gli schiavi che contravvenivano alle norme della
famiglia. Interessanti le sezioni dedicate all’abbigliamento specifico dei ceti
più umili e alla loro esperienza religiosa, quest’ultima approfondita nell’analisi
dei culti maggiormente coltivati, come quelli di Dionisio e Iside,
espressi in modo semplice, connessi alla possibilità di cambiamento, alla
promessa di una nuova vita.
Amici, Pompei è davvero
un luogo straordinario, che si è conservato in maniera meravigliosa grazie alle ceneri
del Vesuvio. Una delle ultime scoperte è stata quella del “TERMOPOLIO”,
una specie di “Fast Food dell’epoca”, con l’analisi di ciò che mangiavano a
Pompei gli antichi romani. I piatti dell’epoca erano alquanto diversi: andavano dalle
lumache alle anatre, dai maiali alle capre, oltre al pesce, servito nei
contenitori inseriti direttamente nel bancone, e a una specie di “paella”. I
visitatori oggi possono guardare affascinati gli splendidi affreschi di questo
“McDonald’s ante litteram”, ubicato di fronte alla “Locanda dei Gladiatori”, in
pratica lungo la Quinta Strada vesuviana, via dell’Abbondanza.
Il “Termopolio” era il
locale di ristoro della gente comune, niente a che vedere, con i fastosi
banchetti dei nobili, dove a pranzo si mangiava per strada e in fretta,
dato che nel Termopolio non erano disponibili né tavoli né sedie. Si mangiavano
soprattutto focacce, schiacciate (a Pompei si producevano ben 80 tipi di pane,
la lievitazione era stata introdotta a Roma da macedoni e ateniesi), piatti di
fave (autentica fissazione dei pompeiani, considerate un piatto divino),
condite con la polenta, oppure fritte, oltre a olive innaffiate con brocche di
vini.
Cari amici, personalmente
non sono mai riuscito ad andare a visitare Pompei, ma spero di riuscirci in
futuro. Sono convinto che andarci sia una grande opportunità per riflettere sul
nostro passato e farci capire meglio il presente, oltre che ipotizzare la
visione del nostro possibile futuro!
A domani.
Mario
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