Oristano 6 dicembre 2023
Cari amici,
La crescente richiesta di
energia prodotta da fonti rinnovabili sta aguzzando la mente di ricercatori e
scienziati di tutto il mondo. Indubbiamente, riempire il suolo e il mare con
immense distese di pale eoliche e di pannelli solari non è certo un buon
affare, per cui è necessario trovare sistemi di produzione alternativi che
possano arrivare a produrre l’energia necessaria senza deturpare l’ambiente.
Ebbene, una delle proposte più innovative è quella di produrre l’energia utilizzando
dei pannelli solari particolari: lanciati in orbita intorno alla terra. Si
chiama Space Solar Power System ed è una tecnologia che raccoglie
energia solare fuori dall'atmosfera per rimandarla sulla Terra sotto forma di
microonde.
Per quanto l’idea possa
sembrare fantascientifica, a detta degli esperti è certamente realizzabile e le
prime prove pratiche pare abbiano già dato risultati apprezzabili. Ma vediamo
meglio di cosa si tratta. In Europa si è già mossa l’ESA, l’Agenzia spaziale
europea, che ha già chiesto ai Paesi dell’Unione di finanziare un progetto
che prevede l’installazione di pannelli solari in orbita nello spazio. L’idea,
che in realtà fa parte del programma SOLARIS, mira a fornire energia pulita ai
Paesi dell’UE e contribuire alla decarbonizzazione dell’economia di questi
Paesi, ora alquanto carbon-dipendenti.
Secondo quanto pubblicato
sul sito dell’ESA, entro il 2050 le energie rinnovabili, soprattutto solare ed
eolico, dovranno rappresentare quasi il 90% della produzione di elettricità.
Questa prospettiva aprirà un divario nell’offerta, data la natura intermittente
di queste fonti. Una lacuna che non potrà essere colmata in maniera affidabile
da soluzioni di storage come le batterie. Per questo motivo l’ESA ha deciso
di puntare sul solare spaziale, una soluzione definita “promettente”, che
potrebbe fornire energia “pulita, scalabile, conveniente e disponibile in
qualsiasi parte del mondo”.
Ma come funzionerebbero
questi pannelli solari spaziali? La cattura e raccolta dell’energia solare
dovrebbe avvenire per il tramite di enormi pannelli -satelliti in orbita
geostazionaria, all’altitudine di circa 36mila chilometri. Ognuno di questi
pannelli dovrebbe avere una superficie di circa 15 chilometri quadrati. Ma come
trasportare l’energia raccolta nello spazio sulla Terra? L’ESA presume di
trasportarla attraverso un sistema wireless che però presenta alcune
problematiche; la prima è che c’è da testare la resa del sistema wireless, la
seconda i tempi di costruzione (si presuma circa 20 anni) e la terza i costi
che presumibilmente supereranno i 20 miliardi di dollari.
Nel frattempo, comunque,
la macchina si è già messa in moto. L’ESA ha affidato all’azienda
franco-italiana Thales Alenia Space uno studio di fattibilità
dell’opera, da condurre seguendo una specifica roadmap. Non è solo l’Europa,
comunque, a pensare seriamente al solare spaziale: la Cina, per esempio, ci sta
già lavorando concretamente col programma ZHURI, che significa caccia al Sole, così
come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. E proprio da questi ultimi due Paesi
giungono notizie di progressi importanti che dimostrano quanto l’obiettivo sia
realizzabile. A giugno del 2023, infatti, l’Università americana di Caltech è
riuscita a trasportare l’energia prodotta da un piccolo pannello orbitante fino
alla Terra.
Ancora più notevole è quanto
realizzato nel Regno Unito, dove le Università di Surrey e Swansea hanno
testato in orbita, per ben 6 anni, delle celle al tellururo di cadmio (CdTe)
di ultima generazione. L’esperimento, che in principio sarebbe dovuto durare
soltanto dodici mesi, ha fornito degli ottimi risultati, dimostrando che il
fotovoltaico a film sottile utilizzato è in grado di resistere al vuoto, alle
difficili condizioni termiche spaziali e alle radiazioni ionizzanti.
Il professor Craig
Underwood, dell’Università del Surrey, ha dichiarato con entusiasmo: “Siamo
molto lieti che una missione progettata per durare un anno funzioni ancora dopo
sei anni. Questi dati dimostrano che i pannelli hanno resistito alle
radiazioni. E la loro struttura a film sottile non si è danneggiata nelle dure
condizioni termiche e di vuoto dello spazio. Questa tecnologia potrebbe portare
alla realizzazione di grandi centrali solari a basso costo dispiegate nello
spazio, inviando energia pulita sulla Terra. Adesso abbiamo la prima prova che
la tecnologia funziona in modo affidabile in orbita”.
Cari amici, credo davvero
che in futuro il mondo dovrà percorrere questa via per far fronte alle crescenti
richieste di energia; come tutti noi ben sappiamo, il sole è una fonte di energia
inesauribile e pulita, tanto che avrebbe il potenziale per risolvere tutte le
sfide che l'umanità deve quanto prima iniziare ad affrontare per combattere il
cambiamento climatico e la domanda di elettricità sempre crescente. Forse la meta è vicina!
A domani.
Mario
1 commento:
Quelli dell'ESA non hanno fatto nient'altro che riciclare una vecchia idea degli anni 70 del secolo scorso! L'idea delle centrali solari in orbita ha un padre: Gerard K. O'Neill! Qualcuno si dovrebbe rileggere il suo libro "Colonie umane nello spazio" ( il titolo originale è "High frontier" ). Qui ci sono alcuni filmati sull'argomento ( https://www.youtube.com/results?search_query=gerard+k+o%27neill ; https://www.youtube.com/watch?v=og9UvxrHA9E ). Non sanno più che inventarsi!
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