Oristano 16 agosto 2022
Cari amici,
Un vecchio proverbio (valido anche oggi) affermava che bisogna “Lavorare per vivere e non vivere
per lavorare”. Certo, la battuta riguardava gli oscuri tempi passati,
quando la classe lavoratrice non godeva certo delle attuali protezioni. Tuttavia,
anche col passare del tempo e con tutta una serie di regole contrattuali, il
lavoro spesso costituisce un ostacolo di non poco conto per un armonico svolgimento
della vita privata del lavoratore. Il frenetico svolgimento della
vita moderna ha creato situazioni familiari al limite della sopportazione: le
famiglie fanno meno figli, gli anziani vengono collocati nelle case di riposo,
i figli, quando ci sono, vengono poco seguiti a scuola e nel tempo libero, e infine rimane scarsissimo
tempo da dedicare a sé stessi.
Tutto ciò ha creato i presupposti per una certa ribellione: in primis quella di allontanare
le donne dal mondo del lavoro (impossibile lavorare e seguire famiglia e figli)
e poi anche una repulsione generale nei confronti del “posto fisso” per gli uomini, sempre più
alla ricerca di una vita professionale meno inquadrata e ingabbiata, con spazi maggiori per la vita privata. Un problema, quest’ultimo
che preoccupa alquanto le aziende, che, vista la sempre maggiore richiesta di
flessibilità da parte dei propri dipendenti, sta adottando sempre più spesso lo smart
working che, cresciuto nel periodo della pandemia, sta diventando più una
regola che l’eccezione. Quanto al problema della necessità di conciliare
maggiormente, in particolare per le donne, la vita lavorativa con l’impegno
familiare, l’Unione Europea ha deciso di intervenire con il varo di una nuova normativa,
già elaborata nel 2019.
Entreranno a breve in
vigore in Europa delle “Nuove norme”, atte a migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita
privata, norme che stabiliscono degli standard minimi per il congedo di
paternità (che sarà di almeno 10 giorni, compensato almeno a livello di
indennità di malattia), poi agevolazioni anche per il congedo parentale (anche in forma flessibile o
part-time) e quello di assistenza (almeno 5 giorni all'anno). Introdotto
anche il diritto di richiedere modalità di lavoro flessibili per i genitori che
lavorano e che hanno figli fino ad almeno otto anni e per tutti i tutori.
Questi diritti, nel complesso, si aggiungono ai diritti esistenti sul congedo
di maternità e fanno parte del pilastro europeo dei diritti sociali.
La recente Direttiva Europea
cerca dunque di armonizzare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata, con l’intento
di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro agevolando il
ricorso a congedi per motivi familiari e a modalità di lavoro flessibili. Oggi
il tasso di occupazione delle donne in Europa è inferiore del 10,8% rispetto a
quello degli uomini e solo il 68% delle donne con responsabilità familiari
lavora, contro l'81% degli uomini con le stesse responsabilità.
Amici, ci si chiede se le
nuove norme saranno sufficienti a contrastare il fenomeno delle crescenti
dimissioni (delle donne per dedicarsi alla famiglia e degli uomini in cerca di
maggiore libertà), e sarà il tempo a dirlo. Una previsione, però, si può già
fare: la classe lavoratrice oggi è maggiormente consapevole di non essere più “carne da
macello”, per cui la via del lavoro futuro dovrà necessariamente passare
attraverso le forche caudine di accordi tra azienda e lavoratore, tali da conciliare vita privata e
lavorativa.
Indubbiamente è stato il Covid
a dare il via alla rivoluzione in atto, spingendo milioni di persone a cambiare
la propria visione della vita e le proprie priorità. La nuova sensibilità è
stata indicata con l'acronimo YOLO (you only live on es) ovvero "si
vive una volta sola". Il risultato nei Paesi occidentali (USA ed
Europa) è stata la corsa ad abbandonare il proprio posto di lavoro, fenomeno
noto come The Great Resignation ovvero le Grandi Dimissioni. Una sorta di
ribellione verso modalità di impiego non più idonee con lo spirito del tempo,
forgiato dallo sviluppo dirompente delle nuove tecnologie digitali.
Cari amici, ho iniziato
questa riflessione riportando l’antico detto che bisogna “Lavorare per vivere e
non vivere per lavorare”. La mia generazione è vissuta sotto l’ombrello del
posto fisso e l’affezione all’azienda (verticisticamente diretta), che durava
tutta la vita. Le prossime generazioni, invece, vivranno una vita lavorativa
ben diversa, con alla base gli obiettivi da raggiungere; utilizzeranno la
flessibilità, con una maggiore attenzione a sé stessi e alla vita sociale,
seppure nel pieno rispetto dell’impegno lavorativo, vissuto nella logica della produttività e degli
obiettivi da raggiungere. Sarà questa nuova via la piena realizzazione del “Lavoro di squadra”,
dove la struttura verticistica aziendale lascerà spazio alla “Condivisione” per
il raggiungimento del risultato, ottenuto però in piena libertà, senza gli stressanti vincoli di oggi, seppure col forte impegno e la
capacità di ciascuno dei partecipanti.
A domani.
Mario
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