Oristano 31 agosto 2022
Cari amici,
Chiudo i post di agosto parlando di uno dei tesori più preziosi che la Sardegna ha: le nostre spiagge. La Sardegna,
completamente circondata dal mare, ha una grande estensione di sistemi dunali sabbiosi
(spiagge e dune) dove sono ubicate numerose attività turistiche e ricreative, che, purtroppo, a volte risultano abbastanza impattanti. Ebbene, questo nostro
grande patrimonio, che comprende spiagge meravigliose, dune uniche al mondo, costituite da sabbie millenarie, è assolutamente da proteggere. La bellezza e la qualità delle nostre coste, ricoperte da una meravigliosa sabbia che è considerata il nostro “ORO BIANCO”, devono restare intatte, per essere trasmesse alle future generazioni.
Amici, se vogliamo che questo
meraviglioso patrimonio produca benessere per noi e per le generazioni future,
quest’oro bianco necessita della massima protezione; perciò, deve essere
gestito con grande saggezza e lungimiranza, consentendo e attuando modelli di
turismo sostenibile, in modo tale da preservare inalterato nel tempo il suo
valore. Ciò non può prescindere da monitoraggi continui, effettuati su vasta
scala, realizzati con il coinvolgimento degli specialisti, in modo tale da
salvaguardarne il valore.
In difesa di questi
sistemi dunali sabbiosi, di recente è intervenuto Il Consiglio Direttivo della
sezione sarda della Società Botanica Italiana, che ha ritenuto di aggiungere la
sua voce in merito al dibattito che, a livello nazionale, regionale e locale, sta
coinvolgendo cittadini, associazioni e imprese, circa la sostenibilità
ecologica (ma anche socioeconomica) delle attività turistico-ricreative allocate
sui sistemi costieri, in particolare arenili sabbiosi (spiagge e dune). Tale
dibattito è spesso polarizzato da posizioni diametralmente opposte: quelle iper-protezionistiche,
portate avanti dalle associazioni ambientaliste, e quelle, al contrario,
improntate alla libertà di azione e di impresa, posizioni sostenute dagli
imprenditori e dalle associazioni di categoria.
Il problema è serio, non
certo di poco conto. Una mole notevole di pubblicazioni scientifiche afferma,
in maniera incontrovertibile, che gli ecosistemi costieri peggiorano
notevolmente con l’incremento della pressione turistica sui litorali, e che
tale declino riguarda in Italia oltre l’80% dei sistemi sabbiosi, che, va
ricordato, sono un bene pubblico, collettivo, che quindi se utilizzato
correttamente (cioè in maniera sostenibile) può generare anche dei profitti per
i privati ma va gestito nell'ottica della preservazione del suo valore ambientale,
economico, sociale e culturale di tipo comunitario, non privato, come
specificato dagli articoli 9 e 41 della Costituzione della Repubblica Italiana,
recentemente integrati.
Premesso che le attività
turistiche e ricreative che insistono sui sistemi costieri non sono
intrinsecamente incompatibili con la gestione sostenibile della biodiversità e
del capitale naturale dei nostri ecosistemi, l’effetto eventualmente impattante
dipende soprattutto dal carico di attività commerciali che insistono su un certo
ecosistema, ovvero queste dove sono localizzate, quanto carico di utenza
portano, ecc.; quindi, in sintesi, la sostenibilità o il suo contrario dipendono
soprattutto dal peso e da come queste attività vengono gestite.
Amici, Il difficile
dibattito in corso contrappone i due diversi interessi: quello comunitario
legittimo, teso a tutelare e salvaguardare un bene pubblico e quello privato
che antepone gli altrettanto legittimi interessi di chi fa impresa, magari da
tanti anni e con grandi sacrifici. Come trovare, allora, una salomonica via d’uscita?
Indubbiamente quella di rivolgersi agli specialisti del settore. La
compatibilità di una determinata attività economica, sia essa occasionale, temporanea,
stagionale o continuativa, va determinata su basi oggettive (quindi sulla base
di dati scientifici) da organismi terzi, rispetto a chi tutela l’interesse
collettivo e a chi tutela l’interesse del privato cittadino o dell’impresa.
La soluzione da adottare
per la salvaguardia di entrambi gli interessi prima richiamati, dunque, scaturirà
dai dati scientifici ricavati con l’introduzione di un sistema di monitoraggio
continuo e trasparente, i cui dati vengano raccolti da organismi indipendenti
prima, durante e dopo l’esercizio dell’attività turistico-ricreativa; dati
monitorati per più anni, e che, una volta raccolti, vengano resi pubblici dall'Ente
terzo. Solo in questo modo si può uscire dall'ambiguità di un dibattito che se
rimane bloccato su posizioni estreme diventerebbe conseguentemente sterile.
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Cari amici, salvaguardare
il nostro “ORO BIANCO”, significherà per la Sardegna la conservazione di un patrimonio
unico, capace di creare nuova ricchezza e posti di lavoro ai nostri giovani,
che purtroppo continuano ad emigrare.
A domani.
Mario