Cari amici,
1.Pensare alla
felicità non significa sottrarsi alle responsabilità. Siamo costantemente
sopraffatti dagli impegni, al limite delle nostre energie, che accarezzare
l’idea di essere felici ci fa sentire in colpa, oziosi, poco orientati all’impegno
produttivo e ai suoi valori. Non è così, dice la psicologa, in quanto “dedicarsi
a ciò che ci rende felici migliora la concentrazione, la percezione di sé, il
benessere psicofisico globale.
2.I pensieri
ricorrenti non vanno scacciati, ci indicano la strada. Tutti noi siamo
portatori di pensieri intrusivi. Si insinuano nelle nostre giornate,
sottraggono energie, ci portano stress e confusione. Evitarli o tentare di
reprimerli, ha lo stesso effetto del cancellare la strada dalla mappa e trovare
scorciatoie di testa nostra. Vanno guardati, messi sotto la lente di ingrandimento
per il tempo necessario a capire con quali risorse gestirli. Prima è meglio,
poi è troppo.
3.Non è vero che se
non ci pensi tu non lo fa nessuno. Il contesto familiare, culturale e
sociale in cui siamo immersi ci vuole supereroi, ma in silenzio. Abbiamo
imparato a contare per gli altri facendo, sentendoci unici, indispensabili, ma
per questo anche molto soli. Lasciare all’altro, anche quando è piccolo e
inesperto, la possibilità di occuparsi dei suoi impegni e delle sue incombenze
ci aiuta a ridimensionare le fatiche e le onnipotenze.
4.Quanta paura hai
delle tue emozioni negative? Essere felici non è mai una questione di
ingenuità o di leggerezza infantile. Fermarsi a riflettere su come ritrovare
gioia di vivere ed entusiasmo implica partire dal perché li abbiamo persi.
Significa fare i conti con la tristezza e spesso con la rabbia che colorano le
nostre giornate. E questo fa di sicuro più paura dell’abitudine allo stress a
cui ci sottoponiamo continuamente.
5.Stress,
preoccupazioni, sovraccarico si trovano nell’immagine che hai di te. La
realtà è una questione di sguardi, di punti di vista dai quali osserviamo le
persone e le loro relazioni. La narrazione di noi stessi al limite delle
energie, pronti a esplodere da un momento all’altro è solo una delle possibili
descrizioni che ci riguardano. Capire perché sia preponderante può essere
l’inizio di un percorso di conoscenza in cui sentirci efficaci.
6.Fare al posto degli
altri non ti garantisce il loro amore. Ci ripetiamo in continuazione quanto
sia faticoso essere d’aiuto per tutti, quanto poco si venga riconosciuti,
quanto, anche al lavoro, ogni gesto sia dato per scontato. E se iniziassimo a
chiederci cosa davvero ci aspettiamo da quella riconoscenza? Quanto la
frustrazione di non essere visti abbia a che fare invece con il desiderio
innato di essere amati? Ecco, non è sostituendoci agli altri che ci faremo
amare e saremo felici.
7.La felicità non la
si merita, la si vive. La vita non è una gara a ostacoli o un livello di un
videogioco in cui vincere un premio. È un percorso assolutamente personale, in
cui non dobbiamo meritarci una gioia, un momento felice, pensarci soddisfatti.
Essere felici fa parte della natura umana, ne è una condizione per la
sopravvivenza e per la qualità del nostro futuro e delle relazioni con le
persone che amiamo. Non è accessoria, bensì una necessità di cui essere
responsabili in prima persona.
A domani cari lettori.
Nessun commento:
Posta un commento