Oristano 25 maggio 2024
Cari amici,
Sull’origine dell’aggressività
e della violenza, spesso presente nell’essere umano, sono state fatte tante
ricerche; gli studiosi si sono cimentati nelle indagini, nell’intento di arrivare
a capire se questi mali fossero presenti nell’individuo fin dall’origine, quindi
frutto dell’istinto, oppure fossero derivati da possibili, successive
imitazioni di comportamenti, magari effettuati dai personaggi di riferimento.
Insomma, erano mali presenti nel DNA, oppure successivamente acquisiti per
imitazione?
Questo dubbio sorse anche
a filosofi e psicologi del passato, interrogativo successivamente ripreso dai
sociologi e psicologi moderni, ma con risultati alquanto diversi tra loro. Alcuni
convinti assertori delle antiche teorie dell’HOMO HOMINI LUPUS (citazione
latina che risale a Plauto e che fu successivamente ripresa dal filosofo Hobbes),
propensi a riconoscere che la principale caratteristica dell’essere umano è l’egoismo
innato che porta alla sopraffazione, mentre altri risultano propensi, invece,
ad asserire che nell’uomo è presente il mito del “BUON SELVAGGIO”, ovvero
inizialmente pacifico e socievole, che viene poi corrotto dalla Società, acquisendo
di conseguenza il “seme del male”.
Ebbene, amici, oggi
voglio parlare con Voi di un curioso esperimento, realizzato tra il 1961 e il
1963, dallo psicologo canadese Albert Bandura, che lo realizzò partendo
dall’analisi del comportamento infantile. L’esperimento messo in atto prevedeva
l’analisi comportamentale dei bambini, messi di fronte a determinati
comportamenti aggressivi e violenti, effettuati di fronte a loro da un adulto
di riferimento. Oggetto dell’aggressione era una bambola di nome Bobo, che,
nelle sue previsioni doveva servire a dimostrare, seppure empiricamente, una
sua teoria alquanto importante: “La teoria dell’apprendimento sociale”.
Albert Bandura, amici, è
considerato uno degli psicologi più influenti di tutti i tempi. In un’epoca in
cui il comportamentismo dominava la psicologia, Bandura con la sua
teoria dell’apprendimento sociale iniziava ad attribuire importanza, nello
sviluppo dell’apprendimento infantile, dell’analisi fatta dal bambino del
comportamento messo in atto dall’adulto di riferimento, che lo portava, poi, alla
successiva imitazione. Lo studio prima citato, chiamato della “Bambola Bobo”,
dal nome commerciale della bambola utilizzata, diede risultati davvero
straordinari.
I risultati ottenuti da
Bandura ebbero un’eco alquanto forte, tanto che quell’esperimento cambiò il
corso della psicologia dell’epoca, poiché l’esperimento della bambola Bobo è
stato il precursore dell’analisi della condotta aggressiva dei bambini. Ma
vediamo, in sintesi, come si svolse l’analisi predisposta da Bandura. L’esperimento
si basava sulla dimostrazione che alcuni comportamenti venivano appresi dai più
piccoli imitando le azioni degli adulti. Allo studio presero parte 36 bambini e
36 bambine di età compresa tra i 3 e i 5 anni, tutti alunni della scuola
materna dell’Università di Stanford.
I bambini vennero divisi
in tre gruppi: 24 vennero esposti al “modello aggressivo”, 24 al “modello non
aggressivo” e i restanti al “gruppo di controllo”. I gruppi vennero a loro
volta divisi per genere (maschi e femmine). I ricercatori si assicurarono che
la metà dei bambini fossero esposti alle azioni di adulti dello stesso sesso e
l’altra metà ad alcuni del sesso opposto. Sia nel gruppo aggressivo sia in
quello non aggressivo ogni bambino osservava individualmente il comportamento
di un adulto verso la bambola Bobo (una bambola gonfiabile di plastica alta un
metro e mezzo, che recuperava il suo equilibrio dopo averla fatta dondolare). Nella prima stanza (scenario
del modello aggressivo), l’adulto iniziava a giocare con i giocattoli presenti nella
stanza per circa un minuto. Dopodiché, assumeva un comportamento aggressivo
verso la bambola, picchiandola o utilizzando un martello-giocattolo per
colpirle la faccia. Nella seconda stanza (scenario del modello non aggressivo),
l’adulto giocava semplicemente con la bambola. Nella terza stanza, invece, i
bambini erano da soli e non seguivano alcun modello.
Al termine dell’osservazione,
i tre gruppi venivano riuniti in un’unica stanza dove erano presenti Bobo, dei
giocattoli neutri e altri riconducibili alla violenza (martelli o finte
pistole). Ebbene, come Bandura aveva previsto, accadde che i bambini che
avevano assistito al modello aggressivo iniziarono a comportarsi come l’adulto
che avevano osservato prima: colpirono ripetutamente il pupazzo, brandirono le
armi finte e si dimostrarono più inclini alla sopraffazione verso i bambini
degli altri due gruppi. Quelli degli altri due
gruppi, invece, erano calmi e volevano soltanto giocare come avevano fatto in
precedenza. Un altro aspetto interessante che Bandura e i suoi collaboratori
notarono (i bambini erano osservati attraverso telecamere e specchi invisibili),
fu la differenza di aggressività tra maschi e femmine. I maschi si dimostrarono
molto più irruenti a livello fisico rispetto alle femmine, mentre verbalmente
il livello di aggressività era simile in entrambi i sessi.
Cari amici, l’esperimento
di Bandura servì a dimostrare che l’aggressività e la violenza non sono innate
nella specie umana, ma che queste vengono assorbite, proprio a partire dalla
più tenera età, osservando il comportamento aggressivi degli adulti, specie
quelli di riferimento. Anche oggi, la violenza e l’aggressività, mali purtroppo
sempre più diffusi tra i minori, derivano certamente dagli errati metodi
educativi iniziali, a partire da quelli della famiglia, poi della scuola e
infine della società.
A domani.
Mario
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