lunedì, agosto 03, 2020

PIEMONTE: LA SPLENDIDA BELLEZZA DEL MONFERRATO, CON I SUOI VINI SPECIALI E LE ANTICHE STORIE, A PARTIRE DA QUELLA DI ALERAMO.


Il Monferrato
Oristano 3 Agosto 2020
Cari amici,
Piemonte e Sardegna sono due Regioni che hanno avuto nel passato legami speciali. Basterebbe tornare per un attimo al Regno Sardo Piemontese per prendere atto di un connubio che non fu certo casuale. Ebbene, col passare del tempo le Regioni d’Italia si sono organizzate ognuna nel modo migliore, e c’è chi ha saputo cogliere dal passato spunti importanti e produttivi e chi invece è rimasto a guardare. Si, oggi voglio parlare proprio del Piemonte, in particolare del Monferrato, splendida località che ha saputo valorizzare in modo eccellente quanto, attingendo dal passato, poteva giovargli nell'oggi.
Il Monferrato è una terra speciale. Una terra ricca di storia con un’enogastronomia d’eccellenza, una terra che oggi attira i visitatori e li chiama per condurli ad un turismo senza fretta, capace di rilassarli e di incuriosirli, sia culturalmente che con i suoi piatti e i suoi vini, eccellenti e dal fascino particolare, ed infine facendoli partecipi della sua particolare e antica storia. Il Monferrato,amici, è la terra di Aleramo e degli "Infernot", oggi patrimonio dell'Unesco.

Come scrive Tiziano Gaia (Torino 1975), giornalista e responsabile delle pubblicazioni enologiche del movimento Slow Food, direttore del comitato scientifico del WiMu, il Museo del Vino a Barolo, e collaboratore della rivista internazionale «Decanter», la leggenda di Aleramo risale al periodo del Sacro Romano Impero. Si racconta che l’imperatore Ottone I, sceso in terra d’Italia per sedare una rivolta, reclutò tra i propri scudieri un giovane soldato originario di Acqui Terme. Il suo nome era Aleramo. Audace e di bell’aspetto, il soldato si innamorò, ricambiato, di Adelasia, la figlia prediletta dell’imperatore, e insieme a lei fuggì in Liguria, temendo la disapprovazione di Ottone verso la loro unione.
Aleramo, dopo aver fondato Alaxia in onore della principessa (l’odierna Alassio) e aver difeso strenuamente le coste liguri dalle incursioni saracene, non solo fu perdonato dall’imperatore, ma nominato marchese. I suoi possedimenti sarebbero stati vasti quanto il territorio che egli fosse riuscito a percorrere a cavallo in tre giorni e tre notti. Quella favolosa cavalcata, su e giù per i colli e per le valli tra Liguria e basso Piemonte, delimitò i confini (e sancì la nascita) del Monferrato. Correva l’anno 958 e si racconta anche che il nome Monferrato sia derivato da un incidente di percorso di Aleramo, costretto a “ferrare” il cavallo con un mattone, “Mun” nella lingua locale dell’epoca.
A prescindere dalla leggenda, il Monferrato può essere considerato oggi, turisticamente parlando, il possibile astro nascente di un certo modo di viaggiare e gustare “lento”, che, nei mesi e forse anni a venire, sarà quanto di meglio vorremo per noi stessi in fatto di vacanze e week end. Il Monferrato è abbastanza vasto. Il suo territorio occupa buona parte delle province di Alessandria e Asti. Colline fertili dove è di casa la vite e il suo eccellente prodotto: il vino. I suoi colli son davvero i colli del vino. Vitigno principe è il grignolino, da cui si ottiene un rosso speziato, fresco e dalla bevibilità trascinante. Gino Veronelli, in una memorabile descrizione dei primi anni Settanta, definì il Grignolino “anarchico e testa balorda”.
In passato, questo e altri vini venivano conservati in appositi locali posti al di sotto delle abitazioni, scavati a colpi di piccone direttamente nel tufo. Si tratta degli Infernot, oggi patrimonio mondiale dell’umanità, posti all’interno dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Da Vignale, sede di un dinamico club Unesco, si può partire per un tour alla scoperta di queste antiche tracce della civiltà contadina, la cui conclusione ideale è l’Ecomuseo della pietra da cantone di Cella Monte. Il circuito degli Infernot è ben segnalato, e il mezzo ideale per percorrerlo è la bicicletta.
Oltre al grignolino, procedendo progressivamente verso sud, gli amanti del vino hanno in Ovada, patria del Dolcetto, e in Gavi, terra dell’omonimo vino bianco prodotto da uve cortese, due mete irrinunciabili. I castelli di Tagliolo e Cremolino sono ottimamente conservati e offrono interessanti programmi di visita e di attività culturale. Da non perdere, al culmine di una strada panoramica che da Grazzano passa per i centri di Casorzo e Grana, è il paese di Montemagno, che ha segnato il confine tra il Marchesato del Monferrato e i possedimenti di Asti per quasi tutto il Medioevo: ne è testimonianza il sontuoso castello, simbolo della zona.
È questa la parte del Monferrato maggiormente «esultante di vigne». Due varietà hanno segnato la storia, l’economia e il costume sociale di quest’area: il barbera, per quanto riguarda le colline intorno a Nizza, e il moscato, che ha in Canelli la sua capitale mondiale. Le colline del barbera rappresentano un altro sito targato Unesco. Proprio a Canelli, utilizzando il suo pregiato moscato bianco, Carlo Gancia inventò, nel lontano 1865, lo “Champagne italiano”, dopo aver carpito i segreti produttivi dai francesi e averli adattati alla tipologia d’uva locale: il moscato bianco di Canelli.
Cari amici, oggi ho voluto riportare questa bella storia, pensando alla nostra Sardegna ed all’antico legame proprio col Piemonte. Ci sono Regioni che hanno saputo valorizzare quanto la natura ha loro regalato e quanto la storia sociale e culturale ha maggiorato, come valore aggiunto. In questo caso mentre il Piemonte ha fatto passi da Gigante, proviamo, senza girarci intorno, a porci questa domanda:
“Che cosa ha cercato di realizzare, nei molti anni che è Regione Autonoma, la nostra Sardegna che sarebbe, credo, molto più titolata del Piemonte per storia, cultura, tradizioni e fertilità del suo suolo, a creare quel volano da loro utilizzato”? A me sembra molto poco.
Credo che su questa domanda dovremmo riflettere in tanti e cercare di dare nuove risposte a problemi che da tempo sono sul tappeto ma che non affrontiamo mai con la dovuta forza ed il necessario coraggio! La mia speranza è che i giovani facciano quello che noi non siamo riusciti a fare!
A domani.
Mario




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