sabato, novembre 02, 2019

L’ECONOMIA REALE NEL 3° MILLENNIO. PERCHÉ È SCOMPARSA LA REMUNERAZIONE DEL RISPARMIO? PERCHÉ DEPOSITI IN CONTO CORRENTE, BOT E CCT HANNO RENDIMENTI NEGATIVI?


Oristano 2 novembre 2019

Cari amici,

Il risparmio, spesso sottratto al consumo con non poche privazioni, non solo non rende praticamente più nulla, seppure depositato negli Istituti di credito, ma addirittura è arrivato a rendimenti negativi. Sicuramente spiegarne le motivazioni a chi ha sempre risparmiato è davvero difficile. Eppure oggi chi ha depositi in conto corrente, investimenti in BOT, CCT e altri titoli di stato, non solo non guadagna più nulla ma subisce addirittura una decurtazione, seppure modesta. La domanda che i risparmiatori si pongono, comprese le formichine risparmiose che pur di mettere da parte un gruzzoletto che dà sicurezza si fanno in quattro è: “Perché sui miei sudati risparmi anziché ricevere un interesse anche modesto debbo invece essere io a pagare un costo?”. La risposta, però e sempre più difficile!
Eravamo abituati a percepire buoni interessi sui risparmi quando l’inflazione compensava il guadagno colpendo, però, un po’ tutti: grandi e piccoli. Ora invece si sta verificando tutto il contrario: arrivati all'inflazione zero anche la remunerazione è sullo zero o anche sotto! Sembra quasi che sia arrivato un prestigiatore, che, con un colpo da maestro, mai messo in atto prima, abbia rovesciato la situazione, portando il risparmio a “tassi negativi”, azzerando l’inflazione e portando i Paesi alla stagnazione.
La considerazione che possiamo fare è che se da un lato la situazione attuale apporta sensibili miglioramenti ai conti degli Stati (in particolare a quelli molto indebitati come il nostro) e delle Banche, cosa succede invece nei confronti dei cittadini che investono o che si indebitano per comprare casa? Vediamo di capire meglio questa nuova situazione, ovvero “il perché i tassi sono diventati negativi”, partendo dall’inizio, ovvero dalla crisi finanziaria del 2008. 
In quell’anno le banche centrali (dalla FED alla BCE) per evitare il crollo dei prezzi di beni e servizi, con la conseguente paralisi dei consumi (perché devo effettuare un acquisto se so che domani costerà di meno?) e i Paesi in deflazione, hanno iniziato ad inondare i mercati di soldi. L’aumento vertiginoso della moneta immessa sul mercato dalle banche centrali ha, in poco tempo, “abbassato drasticamente” il costo del denaro pagato dalle banche ai risparmiatori, portandolo vicino allo zero.
Questa innovativa manovra ha portato, a partire dai Paesi più solidi come la Germania, i tassi di interesse prima a zero e poi addirittura a livello negativo, contagiando successivamente anche gli altri Paesi meno solidi. Dal 2014 questa manovra a tenaglia si è poi concretizzata (in particolare da parte delle banche centrali come la BCE) disincentivando le banche a tenere i soldi parcheggiati presso la Banca centrale, facendo pagare un costo per il denaro depositato, anziché incassare un interesse. 
L’obiettivo fondamentale delle Banche Centrali era quello di spingere le banche ordinarie a prestare più soldi a famiglie e imprese, facendo riprendere fiato all’economia. In realtà, però, la cura ha funzionato solo in parte, in quanto la spirale deflazionistica non si è messa in moto, in quanto, complice il clima di sfiducia degli investitori, questi non hanno voluto rischiare granché, e la situazione non è cambiata. Come conseguenza, a lungo andare, il conto sarà ben più salato per tutti.
Ad un input teoricamente giusto venuto dalle Banche Centrali, non è seguito, purtroppo, quanto ci si aspettava dalle banche ordinarie, che, nonostante mantenere i soldi fermi presso la BCE fosse un costo, non hanno incentivato gli investimenti presso la clientela. La logica conseguenza (per le banche ordinarie) è stata fatale: se non si «investono» sulle aziende clienti i denari depositati presso la banca centrale (che hanno un costo), i conti nei loro bilanci non quadrano proprio! Si stima che fra il 2014 e il 2018 le banche europee abbiano perso circa 23 miliardi di euro.
Certe pericolose situazioni come quella in parola però, non cambiano dall’oggi al domani. Per ora, dunque, i tassi negativi restano e le possibilità per un eventuale cambiamento non ci sono; JP Morgan stima che essi, in Europa, potrebbero durare altri otto anni, con conseguenze di cui al momento non appare facile capire l’evoluzione. Le banche, dunque, continueranno a remunerare in negativo i depositi, mentre la clientela rischia anche di vedere aumentati i costi del servizio, come commissioni e quant’altro. Si stima che oggi mantenere i soldi sul conto corrente tradizionale costa in media ad una famiglia 145 euro l’anno. Quindi, anche per gli italiani con poche migliaia di euro sul conto, i costi bancari saranno un bel balzello.
Cari amici, come sarà possibile uscire da questo “cul de sac” in cui l’economia si è cacciata? Gli esperti dicono con piani di investimento pubblico e di politica fiscale, almeno per i Paesi che possono permetterselo. Fino ad oggi in Europa la BCE guidata da Mario Draghi (che ormai ha lasciato la direzione a Christine Lagarde, numero uno del FMI) ha cercato di salvare le economie europee e l’euro con grandi iniezioni di danaro ma non è bastato. Kristalina Georgieva, la nuova numero uno del Fondo monetario internazionale, nel suo discorso di insediamento ha citato espressamente le potenzialità di spesa della Germania: «è ora che faccia la sua parte». Berlino ha fatto bottino con i Bund, la merce rara che tutti vogliono, e dal 2014 al 2018 il rapporto debito/Pil è passato dal 75,3% al 60,9%, mentre quello dell’Italia è sempre sopra il 130%. 


Il futuro, cari lettori, resta davvero incerto! Gli egoismi nazionalistici degli Stati, non agevolano certo la ripresa. A tutto questo si aggiunge la Brexit (l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa), i dazi Usa e un’economia globale che resta in frenata, con tutti gli indicatori, dal manifatturiero all’export, ai minimi del 2009. Se i tedeschi spendessero di più, a cominciare dall’annunciato piano di investimenti «verdi» da 100 miliardi di euro, l’Italia, da sempre partner commerciale della Germania, ma anche tutta l’Unione ne trarrebbero beneficio.

Ci sarà quanto prima un’inversione di tendenza? Chissà! Personalmente (non credendo ai miracoli, in particolare in economia), ho i miei grossi dubbi.

A domani

Mario



Il risparmio vale ogni giorno di meno...




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