venerdì, maggio 07, 2021

L’AMAZZONIA, IL GRANDE POLMONE VERDE DEL MONDO, È FERITA A MORTE. SENZA RIMEDI IMMEDIATI, IL MONDO INTERO È IN PERICOLO.


Oristano 7 maggio 2021

Cari amici,

L’Amazzonia, il polmone verde più grande del nostro pianeta, è in serio pericolo. Le prime vittime del disastro che da anni sconvolge questa grande foresta pluviale sono gli Yanomami, gli indigeni che da sempre la abitano. Il loro sciamano Davi Kopenawa, insieme al capo villaggio Raoni, è oggi il più accanito difensore della foresta amazzonica, in quanto ha consacrato la propria esistenza a dar voce al suo popolo, gli Yanomami, vittime della deforestazione e dell’avidità dei cercatori d’oro. Lo fa talvolta con rabbia, ma anche con speranza e umiltà. Il suo è un urlo di dolore, in un momento in cui gli abitanti della terra  sembra che stiano perdendo il senno, incuranti del gravissimo pericolo che il nostro pianeta corre. Davi Kopenawa, supportato dal capo tribù, con le sue parole semplici ma di forte impatto su chi lo ascolta, i obbliga a riflettere sulla sorte di questa foresta e sul ruolo di una natura violata che sembra volersi vendicare.
Davi Kopenawa insieme al suo capo tribù Raoni,

Il nostro quotidiano La Repubblica ha pubblicato un articolo di VIRGINIE LENK, con un’intervista a Davi Kopenawa davvero interessante, che ho voluto riportare qui per voi (Copyright Tribune de Genève/Lena-Leading European Newspaper Alliance. Traduzione di Marzia Porta). Eccola.

In che modo gli Yanomami hanno risentito del Covid?

“L’uomo bianco dice che il virus è qualcosa di nuovo. Non è vero. Covava sotto terra, custodito in un luogo sacro. I cercatori di oro e di pietre preziose, scavando, lo hanno sprigionato. Quando il virus è arrivato in Brasile abbiamo lasciato le città per tornare nelle nostre comunità. Io ci sono rimasto otto mesi. I funzionari che lavorano nella regione sono arrivati da Boa Vista già malati, e ci hanno contaminati. Anche io mi sono ammalato, insieme a mia moglie e a mia figlia. Ci sono stati dei morti - non so esattamente quanti”.

Avete ricevuto qualche aiuto dal governo brasiliano?

“Abbiamo ricevuto degli aiuti in maniera disorganizzata. Il governo con noi gioca. A nome degli indigeni del Brasile, posso dire che il governo ha a cuore solo il proprio vantaggio e il denaro. Ci tratta come animali”.

E allora, in che modo vi proteggete?

“Inaliamo la yakoana, una polvere di una corteccia d’albero, per entrare in contatto con il mondo degli Xapiri (spiriti). Cantiamo e danziamo per chiedere loro di combattere il virus e proteggere noi e tutti gli abitanti del pianeta. L’uomo bianco e i suoi medici hanno cercato di trovare un vaccino che funzionasse. Io ci credo poco. Ne abbiamo ricevuto qualche centinaio di dosi, e proveremo a prenderle. Noi però, gli sciamani, crediamo soprattutto nella forza della natura, che ci protegge da sempre”.

Negli anni Ottanta migliaia di Yanomami morirono in seguito all’arrivo in massa dei cercatori d’oro. Com’è oggi la situazione?

“Nel 2020 lo sfruttamento dei giacimenti ha conosciuto un’impennata, e i garimpeiros stanno distruggendo l’alveo dei fiumi. Sono arrivati in massa a bordo di navi, aerei ed elicotteri. Hanno costruito una pista di atterraggio clandestina per gli aerei. L’alto corso del Macajaí si sta trasformando nella loro zona. Lì l’acqua è inquinata dal mercurio, che viene impiegato per pulire l’oro. Noi della foresta, se la beviamo ci ammaliamo. Le autorità hanno cacciato qualche garimpeiro clandestino, ma lo hanno fatto soprattutto per placare le tensioni e scongiurare una rivolta da parte degli Yanomami”.

Ritiene che Jair Bolsonaro stia approfittando di questa pandemia per decimare il suo popolo?

“Credo di sì, perché i garimpeiros malati ci trasmettono il virus. A noi Bolsonaro non tiene, perché custodiamo le ricchezze della terra degli indigeni. Lui vuole impossessarsi dell’oro, dei diamanti, dei minerali e del legname per venderli ad altri Paesi. Noi rappresentiamo un ostacolo alle sue mire, alla sua polizia e al suo governo. Vorrebbe uccidere me, mio zio Raoni – che già si è ammalato – e tutti coloro che si oppongono a lui”.

Secondo lei questo virus rappresenta un mezzo con cui la natura si sta vendicando sull’uomo?

“È quello che affermano coloro che muoiono nelle città, e anche gli Yanomami. Noi sentiamo il grido del mondo e della natura. La natura si è coalizzata con il virus per vendicarsi. Si vendica contro il popolo della città. Il grande spirito della natura, la madre terra, ci parla. Ed è in collera contro il governo che scava, distrugge gli alberi, i fiumi grandi e piccoli e noi, poveri indigeni”.

Ma la pandemia non ha rallentato la deforestazione?

“(Ride). La faccenda non è così semplice. Alcuni brasiliani della città, terrorizzati dal virus, si sono  rinchiusi nelle loro case; i garimpeiros invece non hanno smesso di arrivare: loro sono abituati alle malattie, e in alcuni casi anche alla morte”.

Quali altri problemi derivano dallo sfruttamento minerario?

“Il problema più grave è la corruzione, che è il peggior nemico del popolo della terra. Insieme all’alcol, la cachaça, che le autorità non proibiscono e che ci fa ammalare. [I cercatori] portano qui droga e prostitute, e per darsi coraggio fumano. Girano sempre armati, pur non avendo la necessaria autorizzazione da parte della polizia federale. Possono ucciderci, o ammazzarsi tra di loro. Temo anche per i nostri ragazzi: alcuni di loro si uniscono ai bianchi e imparano da loro cose malvagie. Ho paura che possano smettere di lottare per la nostra terra. La cultura non-indigena è molto forte”.

Capo Raoni

Di recente, il capo Raoni ha denunciato Jair Bolsonaro alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità.

“Se non ci rivolgiamo a una tribunale internazionale il governo brasiliano continuerà a ucciderci, senza intimorirsi. Anche Raoni è un capo, e vede morire tanti attorno a sé. Bolsonaro è come una malattia: lui tira dritto e uccide il suo popolo. La Corte indagherà sui suoi reati e farà in modo che ci rispetti. Non si può permettere che continui a maltrattare i nostri popoli indigeni, la nostra madre terra e quel che resta della foresta amazzonica. Altrimenti faremo la fine degli indigeni dell’America del Nord”.

Cosa vi aspettate dalla comunità internazionale? I prodotti coltivati sui terreni disboscati dovrebbero essere boicottati?

“Sarebbe auspicabile che gli Stati esteri non acquistassero più carne, soia, oro e legname provenienti dal Brasile. Dovrebbe essere vietato. Anche gli europei sono colpevoli. I Paesi stranieri non hanno bisogno di questi commerci, mentre il governo brasiliano con quel denaro persegue la distruzione della natura e della nostra terra”.

Yanomani

Cosa direbbe a Jair Bolsonaro se lo avesse di fronte?

“Se avesse il coraggio di venire a casa mia, lo guarderei dritto negli occhi e leggerei dentro la sua anima. Gli Yanomami sono abituati a parlare guardandosi dritti negli occhi, non alle spalle, come fa lui con noi. Non lo ucciderei: non sono un criminale come lui. Gli chiederei di lasciar stare la terra, di smetterla di ingannare gli indigeni e il popolo della città, e di fare promesse. Anche noi, uomini della foresta, siamo esseri umani. Lui può venire a discutere con me, nella mia comunità, in totale trasparenza. Non gli chiederei né cibo, né aiuti. Gli domanderei soltanto di lasciare in pace gli Yanomami, il popolo originario di questa terra”.

La sua popolarità è in calo soprattutto perché ha gestito male la pandemia. Sperate che non venga rieletto?

“Bolsonaro non fa la felicità dei brasiliani e non ci permette di amarlo. Prima delle elezioni ha fatto tante promesse, ingannando tutti. Il nostro popolo non è contento, e nemmeno quello delle città lo è. Solo i garimpeiros sono contenti, perché godono del suo appoggio. Non voglio che sia rieletto. È un uomo malvagio”.

Com’era la foresta quando lei era bambino?

“Accompagnavo i lavoratori che piantavano, cacciavano, cercavano cibo. Partecipavo alle nostre feste. Il mio spirito era tranquillo. Ero in comunione con lo spirito della foresta. La nostra vita era meravigliosa. Provo nostalgia per i nostri ruscelli, i nostri fiumi... All’epoca della mia adolescenza tutto è cambiato, con l’arrivo di un gruppo di missionari. La costruzione di una strada, per la quale fu sottratto terreno alla natura e si distrussero degli alberi, portò l’influenza e la malaria. Iniziai a preoccuparmi: che ne sarebbe stato di noi? Chi ci avrebbe protetto? Con l’avvicinarsi della città, la mentalità cambiava. I politici hanno manipolato il nostro modo di pensare e cambiato le nostre abitudini riguardo al denaro. La città ci corrompe e distrugge la nostra filosofia”.

Lei dice che la foresta ha molto da insegnarci.

“Ci insegna da tanto tempo a non violarla e non distruggerla, bensì ad amarla. Ci nutre, ci protegge, ci dà vita e salute. Bisogna ascoltare il suono degli alberi e della terra, il canto degli uccelli, la pioggia. La foresta ci insegna a rispettarla, a proteggere l’acqua, a cogliere i suoi doni, ad amarla come amiamo i nostri fratelli. L’uomo bianco non vuole imparare. La foresta gli parla, ma lui non riesce ad ascoltare. Non è più capace di sognare. Se la foresta muore nessuno potrà sopravvivere senza di lei”.

Alcuni personaggi famosi fanno sentire la propria voce per difendere la vostra causa.

“Sebastião Salgado, Sting e David Beckham sono tutti interessati a salvaguardare la natura. Sono molto lontani, ma dicono la verità. Spesso i brasiliani sono all’oscuro delle nostre battaglie. Non ho mai visto un uomo della città incamminarsi verso i monti per raggiungere i villaggi e interessarsi di noi e dei nostri problemi. All’estero ci sono molti più bianchi che conoscono la nostra sofferenza”.

Nutre qualche speranza nei confronti delle giovani generazioni che si battono contro il riscaldamento del clima?

“C’è questa ragazzina che si chiama Greta [Greta Thunberg, che ha ricevuto insieme a lui il Right Livelihood Award, considerato un premio Nobel alternativo - ndr]. Sono andato nella sua terra per portarle il mio appoggio. Spero che i giovani del mondo correggano gli errori dei loro genitori. In alcune zone del nostro pianeta non ci sono più alberi, acqua, pesci...  La terra è inaridita, fa molto caldo e le piogge intanto aumentano. Il mio messaggio a questi giovani è semplice: siate felici, datevi da fare per sensibilizzare le persone e non mollate”.

Non è mai stanco di non essere ascoltato?

“Ho quarantaquattro anni di lotta alle spalle. A volte mi sento stanco e contrariato, e quando mi capita lascio la città e torno a riposarmi nella mia comunità, per lavare la mia anima prima di tornare a riprendere la lotta. Anche gli altri però sono stanchi, perché non riescono ad invaderci. Spero che quando sarò vecchio i miei figli e i miei cugini continueranno a portare avanti la nostra battaglia. Se la malattia dovesse uccidermi o venissi morso da un serpente, lascerò dietro di me gli amici per andare all’altro mondo, dove già si trovano mio padre e la mia famiglia... Continuerò a lottare spiritualmente, e la mia anima sopravviverà accanto al mio popolo”.

Amici, mi astengo da ogni commento.


A domani.

Mario
Quale futuro?

Nessun commento: