lunedì, maggio 31, 2021

LA SARDEGNA E I SUOI VINI NASCOSTI. SONO CIRCA 200 I VITIGNI AUTOCTONI, RARI E AFFASCINANTI MA DIMENTICATI. ALCUNI, PERÒ, PROVANO A RIPORTARLI IN AUGE.


Oristano 31 maggio 2021

Cari amici,

Voglio chiudere i post di maggio parlando di vitigni e di vini sardi, numerosi e meravigliosi, anche se poco valorizzati. La Sardegna, contrariamente ad altre Regioni, ha un patrimonio grandioso di vitigni autoctoni che potrebbero essere valorizzati, mentre da tempo sono tenuti in ombra. La Sardegna, in particolare per la sua connotazione geografica, ha potuto conservare una ricchissima e rara biodiversità ambientale in molti campi, e in particolare nel campo delle varietà di Vitis vinifera, vantando una tradizione antichissima. Per molto tempo è stato affermato che la coltivazione della vite nell’Isola iniziò con l’arrivo delle popolazioni fenicie, cartaginesi e greche, ma scoperte più recenti hanno dimostrato ben altro.

Sa Osa - Cabras

Durante gli scavi nel sito archeologico di Sa Osa, nei pressi di Cabras, un’equipe di ricercatori del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, ha trovato dei vinaccioli databili all’epoca della civiltà nuragica (1.200 a.C.), a dimostrazione che il vino in Sardegna si conosceva da tempi ben più remoti: quelli della civiltà nuragica!  Si, amici, il patrimonio di vitigni autoctoni sardi è davvero straordinariamente vasto e variegato, tanto che tra varietà di uve bianche e rosse possiamo affermare che esse si avvicinino a 200.

Vivono in Sardegna vitigni noti e famosi: solo per restare nel campo delle uve bianche, oltre al notissimo vermentino troviamo il nuragus, il nasco, il torbato, il semidano, il vernaccia di Oristano, la malvasia di Bosa e Cagliari il moscato di Cagliari e Sorso Sennori; interessanti anche le varietà minori, come l’arvisionadu, il granazza, il retagliado, l’albaranzueli bianco e molti altri; diversi vitigni rari, hanno nomi affascinanti: come Monica Bianca, Lacconargiu, Licronaxiu, Bovali mannu, Niedda manna, Girò, Nieddu polchinu.

Quelli prima ricordati sono solo alcuni dei circa 200 vitigni autoctoni della nostra isola, un ricco patrimonio di biodiversità sarda che ha pochi eguali al mondo, anche se fino ad oggi, purtroppo, davvero poco valorizzato. Eppure, una buona quantità di questi vitigni, grazie ad un fine lavoro di ricerca, potrebbero avere presto un futuro: come arricchenti per vini molto noti, ovvero quelli di grande blasone, oppure anche con il lancio di nuove bottiglie mono-varietali, in odore di DOP. Si, amici, la Sardegna è la seconda patria mondiale del vino, dopo la zona del Caucaso e della Georgia, ma per mille ragioni, a volte sconosciute, poco si è fatto per dare valore a questo inestimabile patrimonio. Tuttavia, finalmente, qualcosa appare muoversi.

Di recente, come ha confermato Mariano Murru, Presidente di Assoenologi Sardegna, in una recente conferenza effettuata in Webinar, per quattro (4) di questi importanti vitigni negletti, grazie alla passione di enologi e produttori, sta per partire la riscoperta. I vitigni primi ripescati sono: Arvisionadu, Barbera sarda, Nasco e Malvasia di Cagliari; vitigni che una volta erano capaci di dare vita a eccellenti vini di antica tradizione ma che, per una ragione o per l’altra, erano finiti nel dimenticatoio, rischiando di scomparire.

Cari amici, il problema della produzione sarda di vino in realtà dimostra, come avviene anche per svariati altri prodotti, una carenza di assonanza di programmi comuni e una mancanza di gioco di squadra. I produttori appaiono restii a creare associazionismo e portare avanti progetti comuni, seppure differenziati nei particolari. Molte aziende sarde, inoltre, mancano di una visione internazionale, dimenticando che viviamo l’epoca della globalizzazione. È tempo di cambiare: non continuiamo con il nostro terribile individualismo, non  ripetiamo l’errore, come avveniva e avviene ancora oggi con il formaggio, che ogni pastore si faccia il suo, e poi lo debba svendere al commerciante astuto per non perderlo.

Un esempio eclatante ce lo ha dato la Sicilia: dove la “moda” dell’Etna è esplosa, dimostrando che si possono fare vini di altissima fascia, e ha trainato tutto il comparto del vino della Sicilia. Se fossimo di mente aperta all'innovazione, potremmo essere anche noi capaci di esempi trainanti: zone come la Gallura, e l’Oristanese, che vantano vini di grande eccellenza come il Vermentino di Gallura o il particolarissimo vino Vernaccia dell’Oristanese, potrebbero "tirare la cordata" anche alle altre zone della Sardegna.

Amici, c’è un grande tesoro enologico in Sardegna: sta solo a noi sardi scoprirlo e poi valorizzarlo!

A domani.

Mario
Vigne di Sardegna

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