giovedì, giugno 04, 2015

ORIGINARIA DELL’ARMENIA, LA BUONISSIMA “VARTANUSH”, MARMELLATA DI PETALI DI ROSA CANINA, È PRODOTTA NEL MONASTERO DI S. LAZZARO, NELL’ISOLA OMONIMA DELLA LAGUNA DI VENEZIA.



Oristano 4 Giugno 2015
Cari amici,
La vartanush è una particolare marmellata ricavata non dalla frutta ma dai petali di rosa. Si tratta di una antica e particolare ricetta dolciaria originaria dell'Armenia. Questo prodotto arrivò in Italia, precisamente a Venezia, introdotto dai monaci dell'Ordine Mechitarista armeno, che si installarono nell'isola di San Lazzaro di Venezia, nella prima metà del XVIII secolo. Mechitar (Sebaste, 7 febbraio 1676 – Venezia, 27 aprile 1749) era un monaco armeno cattolico, fondatore dell'Ordine Mechitarista che, in fuga dall’Armenia, nel 1715 trovò ospitalità a Venezia dove nell’isola omonima costruì il monastero di San Lazzaro degli Armeni.

L'isola di San Lazzaro degli Armeni è ubicata nella parte centrale della laguna veneta, nelle vicinanze del Lido di Venezia, ed in precedenza era già stata sede di monastero; attorno all’anno 1.000 fu sede dei Monaci Benedettini e nei secoli successivi trasformata in ospedale per i poveri, il cosiddetto lazzaretto, gestito da diverse congregazioni religiose. Nel 1715, con il permesso del Senato della Serenissima, fu assegnata ad un nobile monaco armeno di Sebaste, Manug di Pietro, detto Mechitar (il consolatore) che, in fuga dalla terra d'origine, era approdato a Venezia con al seguito un gruppo di religiosi. Ottenuta l’isola, Mechitar costruì, insieme ai suoi seguaci, un monastero, restaurò la vecchia Chiesa in rovina, edificò il chiostro e i locali per la Pinacoteca e la Biblioteca. Per opera di Mechitar nacque, dunque, a Venezia la Congregazione dei Padri Armeni Mechitaristi.
Sin dal Medioevo, dunque, questa piccola ma attiva Comunità armena si stabilì nella laguna veneta, colonizzando l’isola in modo altamente produttivo. La parte settentrionale dell'isola fu oggetto d’impianto di un meraviglioso giardino, ispirato a quelli segreti del lontano Oriente: arricchito, in particolare, con filari di pini e grandi coltivazioni di rose. Da questi roseti, dove tra le tante varietà spiccava la rosa canina, i monaci iniziarono a produrre una famosa marmellata, la Vartanush, ricavata dai petali di queste rose. Nata da una ricetta antica, originaria proprio dell’Armenia, la marmellata di petali di rose, è una vera bontà; per realizzarla è necessario cogliere i fiori a fine primavera, nel mese di Maggio, effettuando la raccolta al primo sorgere del sole. Ai petali raccolti si aggiungono quindi zucchero e succo di limone e infine l'impasto che se ne ottiene viene bollito. La marmellata che se ne ricava ha un colore rosso vivo e risulta profumatissima.
La particolare tecnica di lavorazione di questa marmellata prevede che le rose vengano sfogliate  delicatamente a mano e che ad ogni petalo venga recisa l’unghia, ossia quella parte del petalo attaccata alla corolla, perché essendo di sapore amarognolo, toglierebbe dolcezza al prodotto finito. I petali così tagliati vengono messi dentro una terrina, aggiungendovi una pari quantità di zucchero e del succo di limone spremuto. Sempre a mano i petali così preparati vengono strofinati con forza, così da favorire la rottura delle fibre e la fuoruscita degli umori. L’impasto ricavato, poi, si lascia macerare per un certo tempo (in questo modo i petali si amalgamano con lo sciroppo di zucchero ed il succo di limone), e successivamente il composto viene messo a bollire, lasciando evaporare fino al raggiungimento della giusta consistenza. A cottura ultimata la marmellata si mette nei barattoli, che, chiusi ermeticamente, vengono conservati al buio.
A San Lazzaro Mechitar ed i suoi monaci, oltre che realizzare lo splendido giardino si occuparono di arricchire e a ristrutturare le vecchie costruzioni, le più antiche risalenti all’anno Mille. 
La Chiesa fu rimessa in pristino mantenendo la struttura a tre nate dell'originaria trecentesca Chiesa benedettina, anche se, dopo il primo restauro effettuato nel Settecento da Mechitar, furono apportate ulteriori modifiche fino al secolo scorso. Al suo interno, come in tutte le Chiese armene e in ricordo di una visione della Madonna avuta dal fondatore, c'è un altare consacrato alla Vergine; sopra l’altare principale i ritratti delle vetrate colorate raffigurano San Lazzaro, patrono dell'isola, e San Mesrop. Fu quest'ultimo che, per poter tradurre la Bibbia, creò nel 405 l’alfabeto armeno, composto allora da 36 diversi segni, 7 vocali e 29 consonanti; Mesrop scelse allora anche il tipo di scrittura, da sinistra a destra, come nel greco, e non al contrario, come invece succedeva nella scrittura assira.
Ancora oggi il monastero è uno dei primi centri al mondo di cultura armena. La biblioteca e il museo si trovano al piano superiore del monastero; tra gli altri cimeli c'è un telescopio del Seicento posto accanto alla porta d’ingresso: a voler ricordare l’importanza che l’ordine mechitarista ha sempre conferito agli studi e alla ricerca, quali mezzi che avvicinano alla verità o la svelano. Il museo raccoglie molti oggetti un tempo appartenuti ai commercianti armeni. Uno dei pezzi più importanti della raccolta è la palla di Canton, opera di un monaco buddista che da una zanna di elefante ha ricavato una sfera d'avorio composta a sua volta da altre quindici sfere indipendenti l'una dall'altra e impreziosite con incisioni di scene della vita di Budda.
Nella biblioteca si trovano da una parte i libri religiosi e dall’altra i libri scientifici; superati gli scaffali si entra in una stanza con una serie di vetrinette che custodiscono oggetti di culto di vario tipo: una spada di Leone VI, ultimo re di Cilicia, ceramiche e monete, una maschera mortuaria del musicista armeno Komitas Vardapet, morto nel 1935 e artefice della raccolta delle più importanti musiche tradizionali armene. Nella successiva sala, detta di Byron e così chiamata perché il poeta inglese la usava come studio, quando tra il 1815 e il 1817 soggiornò sull'isola, c’è un trono indiano del 1400 e la mummia egiziana del principe Nehmekhet, perfettamente conservata.
Oggi, nell'isola vivono monaci, seminaristi e studenti armeni che studiano la lingua e la cultura sia  italiana che armena e il monastero è un’oasi di pace, immerso in lussureggianti giardini fioriti dove si ergono cipressi e pini marittimi e lo straordinario antico roseto. Il patrimonio librario del monastero conta migliaia di antichi volumi e tomi e oltre 4.000 manoscritti miniati , oltre a molte opere d'arte e oggetti preziosi che spaziano dai reperti archeologici egiziani a quelli romani ed orientali. Il refettorio del 1739 conserva affreschi del Tiepolo, pitture di Palma il Giovane, di Longetti e di Gaspare Diziani.
Cari amici, andando a Venezia, credo che pensare di fare una visita a San Lazzaro sia davvero parecchio interessante, sia dal punto di vista culturale che…per poter gustare la sua buona e profumata marmellata!
Grazie a tutti Voi dell’attenzione! A domani.
Mario

1 commento:

federica ha detto...

Vorrei acquistare sia la marmellata sia lo sciroppo di rose ma non verrò a venezia per un pot. Come fare?