lunedì, maggio 04, 2020

I CANONI DELLA BELLEZZA: COME SONO CAMBIATI CON PASSARE DEI SECOLI IL TRUCCO E LA COSMESI DEL CORPO…


Oristano 4 maggio 2020

Cari amici,

Il concetto di bellezza ha attraversato i secoli senza restare “statico”, ma, seguendo la “moda”, ebbe un’infinità di interpretazioni, adattando tempo per tempo nuovi canoni più consoni al variare dei gusti e delle scoperte avvenute. Ancora oggi, ma in particolare nei secoli passati, il trucco e la cosmesi costituivano un modo molto simbolico di identificazione. 
Di questa evoluzione, relativamente al mondo orientale, ho già avuto occasione di parlare su questo blog in data 18 aprile, dove ho trattato la cosmesi praticata in quelle terre; chi volesse può andare a leggere il post cliccando sul seguente link: https://amicomario.blogspot.com/2020/04/la-millenaria-cultura-della-cosmesi-nel.html. Ovviamente questo argomento presenta innumerevoli sfaccettature, e oggi voglio intrattenervi con una sintesi dei canoni della bellezza e del comportamento sociale come si sono evoluti, partendo dagli albori.
Nell’antico Egitto, per esempio, la bellezza aveva grandi estimatori, tanto che essa era ritenuta capace di avvicinarsi alla divinità. Innumerevoli gli unguenti e gli aromi utilizzati, in uso anche nelle pratiche religiose e funerarie, tanto che gli esperti preparatori dei profumi appartenevano alla classe sacerdotale. Le preparazioni utilizzavano cannella, garofano, salnitro e canfora. Inutile dire che la cosmesi di allora era riservata alle classi nobili, nel viso gli occhi erano truccati con il Kohl, un colorante cosmetico preparato con del nero di stibio, che serviva ad allungare gli occhi e che altro non era che solfuro di antimonio, utilizzato sia dagli uomini che dalle donne. 
Il Kohl, dato che aumentava la lacrimazione dell'occhio, aveva anche la funzione di contrastare le infezioni oftalmiche, allora molto frequenti per la fine sabbia desertica. In un canto risalente all'epoca di Nefertiti si legge "il tuo occhio con lo Stemt o il Kohl diventa più grande, ...nel tuo occhio così grande c'è tutta la bellezza del tuo corpo e dell'anima". I sacerdoti erano anche i gelosi custodi dei segreti per la preparazione dei trucchi e degli unguenti che dovevano diminuire la traspirazione del corpo, che erano a base di incenso e terebinto.
In realtà, amici, la cura del corpo umano, a partire dal viso, da sempre è stata intesa, nel trascorrere dei secoli e dei millenni, come un modo che serviva a chiarire e a sottolineare l'importanza sociale e religiosa dell'individuo. Cura intesa anche come un semplice ed evidente modo per esprimere lo stato d’animo e la capacità estetica di colui che dipingeva sé stesso o altri. Era un modo per differenziarsi ma allo stesso tempo anche identificarsi in un gruppo. Sono state trovate tracce di pitture corporali già nel Paleolitico, a cui seguì la tecnica del tatuaggio, considerata arte, che costituiva una comunicazione e identificazione identitaria di un popolo o di una tribù.
Tra i Maori della Nuova Zelanda, un uomo che mostra in viso dipinti molto complicati è considerato molto desiderato dalle donne. Oltre a questa simbologia legata alla sessualità, i tatuaggi hanno sempre dato indicazioni sullo stato sociale e l'importanza di chi li mostrava, ad esempio nelle isole Marshall solo il capo della tribù può tatuarsi il volto. In linea di massima, più il tatuaggio è complicato, più è importante il tatuato, più è semplice, più è umile chi lo porta.
Negli anni del Rinascimento la bellezza si identificava e si perfezionava in abbinamento ai comportamenti sociali tra individui, sia dello stesso rango che di ceti diversi. Si cominciarono a scrivere le norme per quello che si riteneva allora un rapporto corretto con il proprio prossimo, regole che apparvero tra il 1500 e il 1600. Norme che furono codificate in diversi libri, come il "Libro del cortegiano" che stabiliva il giusto comportamento di ogni gentiluomo, e il “Galateo”, di Giovanni della Casa, dato alle stampe nel 1558 e preparato per il Cardinale Galeazzo Florimonte. Ambedue questi manuali del ben vivere, stimolavano alla pratica di uno stile di vita dedicato alla vera bellezza.
Quanto alla profumazione, la storia conferma il grandissimo uso di profumi e prodotti odorosi; acque profumate e fumigazioni che si ritenevano viatico importantissimo per un più intenso rapporto con la divinità. Tali prodotti venivano utilizzati anche perché, più praticamente, servivano a far crescere nel fedele un’atmosfera di esaltazione e annichilimento nella Entità Superiore. Nella Bibbia, ad esempio, Mosè porta con sé prima di partire per l'Egitto cinnamomo, rose, incenso, mirra e olio di oliva, per la preparazione di profumi sacri.
Nel Cinquecento, per esempio, Venezia era famosa per i suoi muschiarii (i profumieri) e i suoi lissadori (coloro che creavano misture per "lisciare" la pelle); in Francia, non a caso, il Re Sole era conosciuto come "il re profumato": i suoi profumi preferiti erano giacinto e arancio, e odoravano ovviamente anche le parrucche. Mentre tra Medioevo e Rinascimento si era evoluta una precisa ritrosia all'uso dell'acqua, sospettandola di essere un veicolo per infezioni e malattie, nel Settecento si ritorna lentamente ad un suo uso, seppure moderato; l'acqua viene utilizzata sia come pulizia che come igiene, e infatti tornò in auge il bagno sia come momento quasi ludico che come prevenzione.
Anche il concetto di bellezza del corpo femminile subì nel tempo variazioni notevoli. Mentre nel Medioevo l'idea della beltà femminile propugnava figure dolci, pudiche, piene di grazia, nei due secoli successivi prende piede un tipo di donna più carnale, dagli attributi molto più evidenti e marcati, come un grande seno e fianchi importanti. Una bellezza così piena e abbondante si riteneva fosse in egual misura indicatrice di solida salute e stabilità caratteriale.
Il Rinascimento fu un periodo storico di risveglio in ogni campo; moltissimi poeti, scrittori e letterati si cimentarono nel raccontare e rappresentare la bellezza femminile, come fece Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso. La cosmetica rinascimentale era particolarmente attenta al colore molto chiaro della pelle (simile al concetto di grande candore propugnato dai popoli dell'Oriente), che si desiderava fosse bianco latte a ricordare la castità e la femminilità.  Del resto questo colore molto chiaro della carnagione era appannaggio dei ceti più potenti e più ricchi, visto che solo le donne di più umile lignaggio avevano la pelle abbronzata, in quanto destinate non a stare in casa all'ombra ma al lavoro nei campi.  
Cari amici, chissà cosa direbbe Chiara Ferragni, unica non-americana nella top ten delle influencer, se le dicessero che prima di lei c'era stata una certa Isabella Cortese, che nel 1600 nel suo “Libro dei Segreti di Isabella Cortese” già parlava di innovazione nel campo della cosmesi (nel suo caso l'alchimia), sostenendo che bellezza e cosmesi andavano già a braccetto. Questa influencer dell’epoca aveva non pochi fans, se pensiamo che il suo Libri dei Segreti, non solo ebbe un grande successo (il libro della Cortese pare avesse avuto ben sette ristampe), ma rappresentò un vero e proprio canale di comunicazione orizzontale tra le innovatrici del periodo.
Grazie amici, a domani.
Mario
Chiara Ferragni

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