mercoledì, luglio 24, 2013

IL ROTARY PERCORRE “NUOVE STRADE” PER IL SUO SERVIZIO: UTILIZZIAMO ANCHE I “GROC”, I GRUPPI ROTARIANI COMUNITARI, UNO STRUMENTO NUOVO PER MIGLIORARE E AUMENTARE LA FORZA DELLE NOSTRE AZIONI UMANITARIE.



Oristano 23 Luglio 2013
Cari amici,
anche quando il Rotary è nato, nel 1905, la formula adottata dal suo fondatore, Pau Harris, era abbastanza innovativa: amicizia e servizio, portati avanti dai soci del Club “al di sopra dell’interesse personale”. Amicizia e servizio che sgombravano il campo dall’individualismo e dall’egoismo, per proiettare l’uomo rotariano verso una dimensione meno arida e più umana. Il Rotary per svolgere appieno il suo servizio nei confronti degli altri, si era, però, subito reso conto che era necessario aggiornare costantemente le linee d’azione, adeguandole al contesto sociale di riferimento: se il mondo si evolveva in continuazione anche il Rotary doveva, di pari passo adeguare la sua azione.
Nel Suo libro “La mia strada verso il Rotary” Paul Harris afferma con forza la necessità di questo costante aggiornamento. “Il mondo cambia in continuazione e noi dobbiamo cambiare con esso”, sosteneva, perché solo adeguando costantemente il suo “servizio” il Rotary avrebbe potuto continuare a diffondere nel mondo i suoi principi ed i suoi valori. Certezze, quelle di Paul Harris, che hanno dimostrato tutta la loro validità, avendo il Rotary superato brillantemente il suo primo secolo di vita. Oggi, operando nel terzo millennio, la costante necessità di aggiornamento delle azioni di servizio ha stimolato il Rotary a cercare di scoprire ulteriori “nuove strade” per meglio intervenire dove c’è necessità. Una via importante è quella di coinvolgere persone vicine al Rotary, che, pur non rotariane, sono vicine e condividono i nostri valori ed i nostri principi umanitari. L’idea vincente è stata la costituzione dei Gruppi Rotariani Comunitari, formati proprio da non rotariani ma in amicizia e sintonia con questi. I “GRUPPI”, in teoria funzionanti dal 1988 sono poco conosciuti in Italia ed è certamente necessario renderli operativi anche da noi. Ecco, per farli conoscere meglio anche a Voi, cari amici, qualche notizia in più sui questo nuovo strumento di servizio.
I GRUPPI ROTARIANI COMUNITARI.


Come scrive Gloria Maria Diani, del RC Roma Palatino, Presidente della Commissione Distrettuale GROC, sul nostro “Voce del Rotary”:
“I GROC, o Gruppi Rotariani Comunitari, altresì denominati “Rotary Community Corps”, sono gruppi di persone che pur non appartenendo al Rotary, per i più svariati motivi, non ultimo l'indisponibilità ad una assidua frequenza, ne condividono però gli ideali umanitari di service, e con l'ausilio del Club Padrino , unitamente con i Rotariani stessi, usano le proprie capacità professionali mettendole a disposizione della comunità dove vivono per migliorarne la qualità di vita.

I GROC possono essere urbani o rurali, coinvolgere una intera città, un quartiere, o semplicemente solo un gruppo di persone all'interno di una comunità, possono sviluppare progetti in autonomia, o affiancare progetti già sviluppati dai Club. I GROC sono uno dei 9 programmi strutturali del Rotary International, pensati per aiutare la concretizzazione degli obiettivi fissati dai Club e dal Distretto nelle comunità, per promuovere l'amicizia e lo spirito di collaborazione; sono altresì un valido aiuto per diffondere il messaggio del Rotary, farlo conoscere ed apprezzare, è dunque anche un potenziale mezzo, avvicinando la gente all'ideale rotariano, per incrementare numericamente i nostri soci, infine, in ultima analisi incoraggiano lo sviluppo del senso del sociale, restituiscono pari dignità alle professioni e tendono a far emergere e valorizzare le potenzialità di ogni singolo individuo.
Il programma è stato istituito nel !985 dal R.I., dall'allora Presidente R.I.eletto Mat Caparas, ed è stato ufficialmente adottato dal Consiglio Centrale del R.I. nel 1988. Esistono oltre 7000 GROC attivi di cui fanno parte circa 167.210 persone. Il Past President internazionale Kalyan Banerjie è stato Presidente della Commissione per il Suo Distretto, per 15 anni.
Nonostante quindi emerga una larga diffusione di questi gruppi, in Italia la loro diffusione è ancora agli albori. Infatti su 11 Distretti, solo 4 hanno concretizzato uno o più GROC, e molti dei nostri Rotariani, a tutt'oggi ne ignorano l'esistenza, ed il significato, ed è un vero peccato perché si possono realizzare progetti estremamente validi.
Ecco alcuni esempi: assistenza ai giovani nella ricerca di posti di lavoro, pulizia di parchi, strade ed interi quartieri, assistenza ai disabili, servizio nelle mense della Caritas, di altre organizzazioni similari o Parrocchie, e non c’è limite all'inventiva! L'adesione è aperta a uomini e donne adulti, che vivono o lavorano sul territorio di riferimento dei gruppi.
Ogni gruppo deve essere costituito da almeno 10 persone socievoli e disponibili, che si incontreranno almeno una volta al mese per discutere i progetti; le riunioni saranno considerate ufficiali se svoltesi alla presenza di un Rotariano, l'eventuale partecipazione di un Rotariano alla riunione può essere considerata sostitutiva di una conviviale. E' auspicabile che i gruppi si concentrino almeno su 2 progetti. Le eventuali quote associativo dovranno essere di importo puramente simbolico.
COSA FARE PER AVVIARE UN GROC

1.Proporre l'idea al Presidente e al Consiglio Direttivo dell'eventuale Club Padrino
2.Esaminare le reali esigenze del territorio dove si intende operare
3.Individuare un responsabile del GROC
4.Reclutare i non Rotariani
5.Fissare un obiettivo e stilare un progetto
6.Compilare la scheda organizzativa ,farla firmare al Presidente del Club Sponsor ed inviarla al Governatore che provvederà, dopo apposizione della Sua Firma ad inoltrarla al Rotary International. Il R.I. rilascerà un certificato di costituzione ufficiale del gruppo, firmato dal Presidente Internazionale, che verrà inviato al Presidente del Club Sponsor. Il Club Sponsor consegnerà la Carta al GROC neoformato, organizzando una cerimonia speciale.
Per quanto riguarda il punto 4, cioè il reclutamento dei non Rotariani, 2 sono le strade: la prima è quella di riunire un gruppo di amici, che decideranno il loro progetto. In alternativa secondo i suggerimenti del Rotary Club di Pavia Distretto 2050, che ne ha così creati e sponsorizzati ben7, si possono individuare nelle Onlus, già operanti sul territorio, gli interlocutori più adatti a realizzare i GROC. A tal fine si potranno organizzare conviviali a cui far partecipare le singole associazioni per evidenziare le esigenze di ciascuna e, dopo averle accuratamente scelte, per la costituzione dei Gruppi Rotariani Comunitari, si potranno mettere le professionalità dei rotariani stessi al servizio delle esigenze delle medesime. Nel Distretto 2080, finalmente, sono stati costituiti 2 GROC: il primo con l'ausilio del Club Roma Palatino, che ha già ricevuto la Carta per mano del Governatore Silvio Piccioni, in occasione della Sua visita al Club il 4 febbraio 2013 ed il secondo, patrocinato dal RC Tivoli, é stato autorizzato di recente”.
Sono certo che l’attivismo della Presidente Gloria (che mi ha coinvolto nell’iniziativa per costituirne anche da noi in Sardegna) porterà buoni frutti! E’ sicuramente uno strumento valido, che potrà ben aggiungersi a  quelli esistenti.
Grazie a tutti dell’attenzione!
Mario






venerdì, luglio 19, 2013

IL DRAMMA DELLA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE: QUALE SOLUZIONE ADOTTARE? ALEX VAGNOZZI SUGGERISCE LA “CULTURA DEL FARE”, ANZI DEL “DARSI DA FARE” !




Oristano, 19 Luglio 2013
Cari amici,
l’argomento di oggi me lo ha suggerito la lettura dell’Arborense, il settimanale diocesano che ricevo per posta. Questa mattina, sfogliandolo, ho visto e letto l’intervista che Federica Deiala, della redazione del giornale, ha fatto ad Alex Vagnozzi, Presidente dei giovani industriali della nostra Provincia.
Alex, giovane emergente nel calmo panorama della nostra Provincia, ha una avviata azienda di informatica ad Arborea, la “J-SERVICE”, che proprio oggi ha festeggiato i suoi primi 15 anni di vita. Persona dinamica Alex è un apprezzato operatore, rispettato dagli anziani ed amato dai giovani, ai quali cerca di dare quello stimolo, quella “spinta” necessaria che li faccia uscire dal terribile mare calmo dell’indifferenza e della sopportazione, per scrollarsi di dosso quel “piangersi addosso” che non porta da nessuna parte.


Nella bella intervista concessa, da Presidente dei giovani industriali, a Federica Deiala, Alex, pur rimarcando che “anche ad Oristano la crisi si fa sentire”, sostiene che la nostra Provincia, essendo anche poco densamente popolata (circa 160.000 abitanti), è dotata di grande potenzialità, dal punto di vista turistico, dell’agro-alimentare e delle fonti energetiche rinnovabili, capaci globalmente di sviluppare un volano di sviluppo non indifferente. Nella Sua lucida analisi Alex ha messo in evidenza che “ciò che manca nella nostra Provincia per fare davvero crescere il territorio è un certo tipo di cultura: la cultura del fare. Non dico che non ci sia la volontà di fare determinate cose ma manca proprio la cultura del darsi da fare. E’ come se le persone, giovani, meno giovani, imprenditori e commercianti aspettassero che succeda qualcosa”. 

Ecco, Alex ha posto proprio il dito sulla piaga, mettendo a nudo quello che manca al nostro sviluppo: creare la cultura del fare “dandosi da fare”. La crisi non si risolve da se, o attendendo che siano gli altri a farlo, ma occorre mettere in campo impegno e determinazione, investendo su se stessi. Non aspettiamo che siano gli altri a risolvere i nostri problemi, affrontiamoli, di petto, subito, anche da soli!
Scriveva Alexis de Tocqueville nel suo libro “La Democrazia in America: “… L’abitante degli Stati Uniti impara fin dalla nascita che bisogna contare  su se stessi per lottare  contro i mali e le difficoltà  della vita; egli rivolge all’autorità sociale uno sguardo diffidente e inquieto, e fa appello al suo potere solo quando non ne può fare a meno…”. Ecco questa è la vera ricetta da adottare: rimboccarsi le maniche e darsi da fare! Tanti i giovani capaci ed abili che, se volessero, potrebbero, davvero, recitare un ruolo ben più incisivo.

Oggi la disoccupazione giovanile nel nostro Paese diventato un dramma epocale. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha raggiunto nei primi tre mesi del 2013 il 28,8%: si tratta del dato più alto dal 1999. E nelle regioni del Mezzogiorno questo dato, fornito dall’Istituto nazionale di statistica, ha toccato il picco del 43,6% per le donne. Non c’è bisogno di ulteriori dati per capire che il problema rappresenta una piaga che, mese dopo mese, accresce di dimensioni e di pericolosità il normale vivere sociale. Noi sardi, poi, ulteriormente svantaggiati dalla nostra insularità dobbiamo lottare con ancora maggiore determinazione. 

Alex, da Presidente dei giovani industriali, caparbiamente non smette di lottare, convincere e invogliare i giovani a “darsi da fare”. Conosco bene la sua forte volontà e la sua determinazione. L’ho conosciuto nel Rotary quando anni fa è entrato a farne parte. A differenza di altri ha iniziato a muoversi nel club offrendo subito tutta la sua esperienza e la disponibilità di servizio. Incaricato di avviare la ricostituzione del club ROTARACT, la struttura giovanile che il Rotary riserva agli under 30 (accoglie giovani dai 18 ai 30 anni) è riuscito in un’impresa che sembrava impossibile: ha messo in piedi, in poco tempo, una pattuglia di 25 giovani entusiasti, che si son messi, senza condizionamenti, al servizio degli scopi del Rotary, in particolare quelli sul nostro territorio.
Oggi, nella serata dedicata ai 15 anni di vita della sua azienda, l’ho visto felice: attorniato da tante gente, giovani in particolare, che gli tributavano affetto ed amicizia. Si proprio affetto ed amicizia: armi che, sapientemente usate, sono in grado di sconfiggere tutti i mali del mondo!

Per completezza ecco, in copia, la pagina de L’Arborense con l’intervista ad Alex.
Grazie a tutti dell’attenzione che mi riservate!
Mario

sabato, luglio 13, 2013

IL DIFFICILE MESTIERE DI GENITORE: LETTERA DI ABRAHAM LINCOLN ALL’INSEGNANTE DI SUO FIGLIO.





Oristano 13 Luglio 2013
Cari amici,
ho già avuto occasione in questo diario di affrontare il difficile problema dell’educazione dei propri ragazzi. Il mestiere di genitore è senz’altro il più difficile del mondo e nessuno, neppure un Presidente degli Stati Uniti d’America, è più capace di altri. Mi è capitato di recente di trovare in rete il testo di una lettera che Abraham Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti, indirizzò all’insegnante di suo figlio, spronandolo a plasmare il ragazzo nella giusta maniera. E’ una lettera ancora oggi importante, che fa riflettere, perché è solo incorporando determinati valori che ci si dovrebbe muovere nel difficile percorso della vita. Prima di riportare, per la Vostra curiosità, il testo della lettera riesaminiamo, insieme, la figura di un importante Presidente degli Stati Uniti.
Abraham Lincoln fu il sedicesimo presidente degli Stati Uniti (dal 1861 al 1865) ed il primo ad appartenere al Partito repubblicano. Lincoln fu il principale artefice della vittoria degli unionisti nella guerra di secessione americana e dell'abolizione della schiavitù. Nato a Hodgenville, in Kentucky, il 12 febbraio 1809 nella fattoria di una famiglia di pionieri, intraprese, seppure con pochi mezzi, gli studi giuridici, guadagnandosi ben presto una solida reputazione per la sua onestà. Lincoln si trasferì  da giovane nell’Indiana, e successivamente a New Salem nell’Illinois. All’inizio della sua carriera legale, Lincoln si stabilì nella cittadina di Springfield dove  dimostrò subito la propria abilità di oratore, tanto che durante i processi a cui egli partecipava la gente accorreva per ascoltarlo. Divenne famoso nell’ambiente legale dell’Illinois non solo per la grande capacità oratoria ma anche per la sua partecipazione a processi riguardanti interessi in competizione nel campo dei trasporti. Questa fama in breve tempo gli spianò la strada politica. Nel 1833 fu eletto deputato al parlamento dell'Illinois. In materia di schiavitù, era un antischiavista convinto, anche se non condivise mai appieno la posizione degli abolizionisti, e nel 1846 venne eletto al Congresso degli Stati Uniti. Nel 1860 i repubblicani lo candidarono alla presidenza: ottenne la maggioranza dei voti ed entrò nella Casa Bianca.

                               Il volto di Lincoln è il primo a sinistra (a destra di chi guarda)
Nel 1861 sette stati sudisti si separarono formalmente dall’Unione; altri stati del sud seguirono il loro esempio e scoppiò la guerra che si concluse nel 1865 con la vittoria dei nordisti. Durante tale periodo, Lincoln ebbe poteri che nessun presidente precedente aveva detenuto; sospese il precetto dell’habeas corpus e imprigionò di frequente le spie e i simpatizzanti sudisti senza processo. Già nel 1862 il presidente emanò il proclama di emancipazione che liberava gli schiavi e autorizzava la creazione di unità militari di colore. Da Presidente Lincoln, però, era determinato a porre l'emancipazione su una base permanente e nel 1864 propose l'introduzione di un emendamento contro la schiavitù nella Costituzione. Tale emendamento venne accettato dopo la sua rielezione, nel 1865. Poche settimane dopo l'inizio del suo secondo mandato, Lincoln annunciò pubblicamente il suo sostegno al suffragio limitato per i neri in Louisiana.

Dopo la fine della guerra Abraham Lincoln si era incontrato di frequente con il generale Grant, con il quale aveva maturato una solida amicizia. Nell’aprile del 1865, durante il loro ultimo incontro lo aveva invitato a un importante evento mondano per quella sera, ma il generale lo aveva declinato. Senza la compagnia del generale e senza la sua guardia del corpo, Ward Hill Lamon, i Lincoln andarono al Ford's Theatre, a Washington, dove era in programmazione Our American Cousin, una commedia musicale dello scrittore britannico Tom Taylor (1817-1880). Nell’istante in cui Abraham Lincoln prese posto nel palco presidenziale, John Wilkes Booth, un attore della Virginia simpatizzante sudista, preoccupato dell'eventualità che i neri potessero ottenere il diritto di voto, entrò nel palco e sparò un colpo di pistola calibro 44 alla testa del Presidente, gridando “Sic semper tyrannis!” ( “Così sempre per i tiranni!” – motto dello Stato della Virginia e frase storicamente pronunciata da Bruto nell’uccidere Cesare). Era il 14 aprile del 1865. Lincoln fu dichiarato morto la mattina del giorno seguente. Il suo secondo mandato era appena iniziato.

Ecco, ora, il testo della lettera che Lincoln scrisse al “maestro” di Suo figlio.

LETTERA DI ABRAHAM LINCOLN ALL’INSEGNANTE DI SUO FIGLIO.

"Caro professore, lei dovrà insegnare al mio ragazzo che non tutti gli uomini sono giusti, non tutti dicono la verità; ma la prego di dirgli pure che per ogni malvagio c'è un eroe, per ogni egoista c'è un leader generoso.
Gli insegni, per favore, che per ogni nemico ci sarà anche un amico e che vale molto più una moneta guadagnata con il lavoro che una moneta trovata.
Gli insegni a perdere, ma anche a saper godere della vittoria, lo allontani dall'invidia e gli faccia riconoscere l'allegria profonda di un sorriso silenzioso.
Lo lasci meravigliare del contenuto dei suoi libri, ma anche distrarsi con gli uccelli nel cielo, i fiori nei campi, le colline e le valli.
Nel gioco con gli amici, gli spieghi che è meglio una sconfitta onorevole di una vergognosa vittoria, gli insegni a credere in se stesso, anche se si ritrova solo contro tutti.
Gli insegni ad essere gentile con i gentili e duro con i duri e a non accettare le cose solamente perché le hanno accettate anche gli altri.
Gli insegni ad ascoltare tutti ma, nel momento della verità, a decidere da solo.
Gli insegni a ridere quando è triste e gli spieghi che qualche volta anche i veri uomini piangono.
Gli insegni ad ignorare le folle che chiedono sangue e a combattere anche da solo contro tutti, quando è convinto di aver ragione.
Lo tratti bene, ma non da bambino, perché solo con il fuoco si tempera l'acciaio.
Gli faccia conoscere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso.
Gli trasmetta una fede sublime nel Creatore ed anche in se stesso, perché solo così può avere fiducia negli uomini.
So che le chiedo molto, ma veda cosa può fare, caro maestro".
 (ABRAHAM LINCOLN)

Credo che una lettera cosi concepita non abbia bisogno di commenti ma solo di analisi e di riflessione. Credo che anche noi, oggi, possiamo prendere lezione da un pensiero tanto profondo ed ancora così attuale.
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario


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lunedì, luglio 08, 2013

LA CRESCENTE “DIPENDENZA” DAI SOCIAL NETWORK: LE MODERNE PIAZZE VIRTUALI D’INCONTRO SU INTERNET, QUASI UNA DROGA DEL TERZO MILLENNIO.


Oristano, 7 Luglio 2013
Cari amici,
nella mia precedente riflessione del 5 Luglio ho dialogato con Voi sulla forte accelerazione che il processo comunicativo ha avuto soprattutto in questi ultimi 10 anni. La comunicazione che Internet ha sviluppato e allargato in modo esponenziale ha creato un “mondo nuovo”, irreale, fatto di incontri comunicatavi non più fisici ma esclusivamente virtuali, dove  dalla persona si è passati alla sua immagine, dal reale si è passati all’immaginario. Non per niente la nostra società è definita ormai  “società dell’immagine”!
 

L’internauta vive, nella fase iniziale, questa astrazione dalla realtà come qualcosa di “magico”. Nella comunicazione mediata da Internet si scorrazza in un mondo nuovo, tutto da scoprire, dove ciascuno scende in campo non con il proprio carico umano di bellezza o bruttezza, giovane età o acciacchi di vecchiaia, ma può farlo da cavaliere giovane e forte, da principe azzurro o da Biancaneve, da Fata Turchina o da Superman. Con Internet, si scopre una “second life”, una seconda vita virtuale, dove è consentito superare le barriere e i vincoli di tempo e di spazio, di fisicità e di sogno, dove a tutti è consentito di volare con la fantasia.
 

Internet, infatti, annullando la dimensione spazio temporale, consente ciò che nella realtà non si può realizzare o che si può fare in molto più tempo. Nei social network ognuno si dichiara come la sua fantasia gli consiglia: uomo o donna, giovane o vecchio, intrigante o timido, buono o cattivo. Facebook, Twitter, e le varie chat, abbattono le frontiere del reale e consentono agli internauti di recitare, protetti dall’anonimato, nella grande commedia ideale e desiderata. Nell’immenso palcoscenico della rete, in stanze che in realtà difficilmente potrebbero esistere, ognuno da sfogo alle sue fantasie, senza i freni inibitori presenti nella realtà, consentendo discorsi ed incontri solo virtualmente possibili. In queste Community virtuali si creano comunque dei legami, dei vincoli più o meno stabili, delle sensazioni di appartenenza che rispondono a quel grande bisogno umano di socializzare. Nelle stanze virtuali si può sperimentare la propria identità in tutte le sue sfumature: cambiando l'età, la professione e perfino il sesso di appartenenza; ci si propone in modo inusuale, ascoltando le reazioni degli altri e confrontandosi con altre personalità più o meno reali, in un gioco che ricorda le antiche favole tra boschi incantati, principi, principesse e streghe più o meno cattive.


Il computer è ormai diventato una novella “lampada di Aladino”, uno strumento capace di trasformarci a nostro piacimento. Effettuata, poi, questa trasformazione virtuale, come si fa a spegnere il computer e tornare nella realtà dove ci ritroviamo “piccoli e neri”, come quel pulcino della pubblicità? A questo punto le ore passate davanti allo schermo del computer aumentano sempre di più, sottraendoci alla temuta quotidianità. Lentamente ma inesorabilmente ci si allontana sempre di più dalla realtà, privilegiando le relazioni virtuali a scapito di quelle reali, riducendo i contatti fisici, ormai divenuti fonte d'ansia e quindi da evitare! E’ un processo, quello subìto, di lenta assuefazione che, quasi senza traumi crea dipendenza, come una qualsiasi droga. Certo, senza timore si può sostenere che il computer crea una nuova, moderna, forma di dipendenza, definita dagli esperti Internet-dipendenza , Retomania o anche Internet Addiction Disorder (I.A.D.).
Moderna forma di dipendenza che gli studiosi hanno iniziato a radiografare fin dagli anni ’90 del secolo scorso. Il famoso psichiatra Goldberg in quegli anni propose dei criteri diagnostici (allora molto discussi) per accertare la I.A.D., rifacendosi ai sintomi abitualmente osservati per mettere a fuoco le dipendenze più comuni. Egli più precisamente sottolineò che per accertare con sicurezza la “dipendenza” dei soggetti esaminati da Internet era necessario monitorare con attenzione i segni clinici evidenziati: limiti e tempi di tolleranza e di astinenza dal computer, esame dei danni derivati, subiti dalle ordinarie relazioni sociali, occupazionali e familiari. Più recentemente per individuare e distinguere con maggiore chiarezza i segni di rete-dipendenza, anomali rispetto al consumo non patologico di Internet, si fa riferimento ad alcuni comportamenti che rappresentano dei precisi indicatori qualitativi o quantitativi, capaci di differenziare la normalità dalla patologia.
 

Questi indicatori hanno permesso di evidenziare 3 tappe nel percorso di allontanamento dalla normalità verso la forma più stabile della Dipendenza Patologica dalla Rete.
1.         Prima tappa verso la rete-dipendenza o fase iniziale E' caratterizzata dall'attenzione ossessiva e ideo-affettiva a temi e strumenti inerenti l'uso della rete, che genera comportamenti quali controllo ripetuto della posta elettronica durante la stessa giornata, ricerca di programmi e strumenti di comunicazione particolari, prolungati periodi in chat.
2.         Seconda tappa o tossicofilia E' caratterizzata dall'aumento del tempo trascorso on-line, con un crescente senso di malessere, di agitazione, di mancanza di qualcosa o di basso livello di attivazione quando si è scollegati (una condizione paragonabile all'astinenza). Inizialmente ciò era accompagnato anche da un notevole aumento delle spese, che spesso rappresentava un lieve fattore di inibizione della tossicofilia, oggi pressoché irrilevante, date le numerose possibilità di rimanere a lungo collegati a basso costo. Restano, tuttavia, importanti indicatori di tossicofilia il malessere soggettivo off-line e l'abuso on-line, spesso anche nelle ore lavorative e nelle ore notturne, in cui si è disposti a rinunciare anche al sonno.
3.         Terza tappa o tossicomania E' la fase in cui la rete-dipendenza agisce ad ampio raggio, danneggiando diverse aree di vita, quali quella lavorativa, delle relazioni reali e quella scolastico-lavorativa e in cui si rilevano problemi di scarso profitto, di assenteismo scolastico-lavorativo e di isolamento sociale anche totale.
Studiosi importanti (Cantelmi T., Talli M., 1998) hanno evidenziato i sintomi più significativi: nella prima fase è rilevante l'abuso del tempo in rete (in genere anche 60-70 ore settimanali); nella seconda si aggiungono i sintomi di ansia e irrequietezza crescente, nella terza iniziano a compromettersi le relazioni sociali, lavorative o scolastiche, che sopravvivono sporadicamente tra un collegamento e l’altro, estraniando sempre di più il soggetto colpito dalla realtà sociale.

Come disintossicare, come dare un aiuto concreto agli Internet dipendenti? I tentativi sono stati tanti, e, ancora oggi, come per le altre tossicodipendenze, la soluzione non è a portata di mano. Così come hanno fatto discutere i principi-guida adottati inizialmente per la diagnosi della retomania, sono state numerose anche le critiche ai cosiddetti gruppi di auto-aiuto on-line, uno dei primi metodi utilizzati, soprattutto in America, allo scopo di fornire un supporto per superare il problema della rete-dipendenza. Tale modalità di trattamento, infatti, assimilabile al trattamento di un vero e proprio tossicodipendente, curato con la sua stessa droga, sembra non aver avuto sempre successo. La quotidiana “ingestione” di Internet, una droga anch’essa virtuale, è necessario combatterla con le armi psicologiche più che chimiche.



Per prima cosa è necessario ricreare nel soggetto colpito una maggiore “consapevolezza” del reale, passato in secondo piano rispetto al virtuale. Partendo, per esempio, dall’utilizzo dei sempre più diffusi “test e questionari on line” di autovalutazione del proprio rapporto con la Rete, che possono rappresentare un punto di partenza per rendere il soggetto “consapevole del problema”, vissuto a lungo in precedenza in modo non disturbante. Il passo successivo, partendo proprio dalla consapevolezza acquisita, può essere un aiuto professionale individuale o una condivisione reale del problema attraverso l’analisi collettiva, fatta con “un gruppo omogeneo”, che presenta gli stessi sintomi, anche attraverso delle riflessioni guidate sulla necessità di superare le eventuali insicurezze che possono essere alla radice del ricorso ad Internet per socializzare.





Senza arrivare alla “cura del drogato da Internet”, è necessaria una maggiore attenzione allo strumento della prevenzione. E’ questo lo strumento utile a tutti, semplice ed efficace, se usato agli inizi dell’approccio ad Internet, prima che diventi un uso smodato, un abuso. Prevenzione fatta di regole chiare, che possiamo così riepilogare:
a)  limitare la quantità di tempo trascorso quotidianamente on line (non più di una o due ore), possibilmente non instaurando un'abitudine quotidiana che deve essere a tutti i costi rispettata, ma con flessibilità costante;
b)  variare ed integrare le attività on line con altre attività reali (es. acquisti, svaghi o relazioni sociali), poiché in tal modo non si trasforma la Rete nello strumento privilegiato di relax, di evasione e di contatto con se stessi, ma una delle possibili varianti al quotidiano;
c)  mai abbandonare la socializzazione reale, che non può essere totalmente sostituita da quella virtuale, da considerarsi integrativa e mai esclusiva;
d)  nel caso si avvertisse una forte necessità poco controllabile di collegarsi ad Internet, non lasciarsi dominare dall’evento ma ricorrere, senza indugio,  ad un aiuto competente.




La rete, cari amici, è uno strumento formidabile, unico ed insostituibile, ma richiede, come molti altri strumenti, saggezza e capacità di utilizzo. Volare, cari amici, è una cosa bellissima! Ma sappiamo tutti che per volare sono necessarie delle ali forti e resistenti, pena la fine di Icaro. Anche  volare in rete richiede capacità e strumenti adeguati.
Grazie a tutti dell’attenzione!
Mario