giovedì, aprile 30, 2020

COLDIRETTI SARDEGNA: LA REGIONE ACQUISTI FORMAGGIO SARDO, PER DONARLO ALLE FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ, OLTRE CHE PROTEGGERE IL SETTORE.


Oristano 30 aprile 2020

Cari amici,

Chiudo i post di aprile parlando delle difficoltà attuali della nostra amata Sardegna. La nostra isola sta pagando un prezzo davvero alto, economicamente parlando, a causa della pandemia del Coronavirus. La sua economia, basata in modo prevalente sul settore agro-pastorale e su quello turistico, risente più di altre della crisi che si sta abbattendo in conseguenza del fermo delle attività. Difficoltà che si riscontrano sia nei settori della produzione che nell’economia delle famiglie, che, già in condizioni precarie, rischiano davvero il tracollo. Vista la situazione la COLDIRETTI SARDEGNA, per bocca del suo Presidente Battista Cualbu, ha lanciato una proposta alla Regione che potrebbe essere una prima mano d’aiuto.
“La nostra proposta alla Regione sarda è quella di stanziare la somma di 5 milioni di euro da investire nell’acquisto di formaggi sardi a breve stagionatura, da donare alle famiglie meno abbienti. In questo modo si otterrebbe un duplice scopo: Sostenere i caseifici in questo particolare momento di fermo con l’acquisto dei formaggi e ristorare economicamente le 120mila famiglie senza reddito a cui verrebbe donato”. Questa in sintesi la proposta del Presidente Cualbu.
La proposta della Coldiretti sarda, entrando nei dettagli, riguarderebbe oltre 4 milioni di litri di latte e la produzione di circa 7 mila quintali di formaggio sardo, più o meno 6 kg (due forme) per le 120 mila famiglie senza reddito. Formaggio sardo consumato in Sardegna! Sicuramente un “intervento tampone”, non certo risolutivo, ma comunque capace di ristorare un comparto, quello lattiero caseario, e allo stesso tempo dare una mano alle famiglie indigenti, che non sono più in grado di sostenere la magra economia familiare.
“Un vero esempio di economia circolare”, come ha sottolineato Luca Saba, direttore di Coldiretti Sardegna, “in cui la Regione non fa un intervento di mero assistenzialismo, ma di intelligente sostegno a due settori: la filiera lattiero casearia e le famiglie indigenti, promuovendo ed educando al consumo del cibo locale a km0, sicuro e garantito”.
Coldiretti Sardegna, per questi validi motivi, ha ribadito l’urgenza dell’accoglimento del provvedimento richiesto, chiedendo al Presidente Solinas la convocazione di un tavolo virtuale con le Organizzazioni agricole e i rappresentanti delle cooperative e dell’industria casearia per programmare e valutare la possibilità di attuare quanto prima questa misura che consentirebbe di programmare gli ultimi tre mesi dell’annata lattiero casearia.
Cari amici, la nostra Regione, la cui economia non può permettersi il lusso di essere lasciata senza sostegno, ha nella produzione casearia il suo punto di forza. Il formaggio più importante per il comparto lattiero caseario sardo (prodotto con oltre il 60% del latte ovino) è il Pecorino Romano DOP, la cui produzione e vendita condiziona la remunerazione del latte ai pastori. Le sue vendite nel mercato interno e anche in quello dell’export sono fortunatamente in netto miglioramento, con risvolti positivi anche sul prezzo.
Le esportazioni negli USA, di gran lunga il suo principale sbocco commerciale, continuano a confermare anche nei primi 3 mesi del nuovo anno un trend positivo, registrando (secondo i dati del Dipartimento del Commercio USA diffusi dal Consorzio di Tutela), nei primi due mesi del 2020 una crescita del + 27,5 per cento in volumi e +24,7 in prezzo. Le vendite vanno bene anche nei discount. Risultano, invece, fortemente penalizzati dalla crisi del Covid-19 i pecorini (ma anche i vaccini) freschi e molli, che, a seguito della chiusura delle aziende, imposta dalle restrizioni derivanti dal Coronavirus, hanno conseguentemente contratto le vendite. 
Secondo Coldiretti Sardegna questo è il momento in cui la Regione non può nascondersi dietro i bizantinismi della politica, ma dare il suo forte sostegno a tutta la filiera, perché possa proseguire un’attività che risulta essere non solo importante ma addirittura “portante” per l’economia dell’Isola. Battista Cualbu, ha affermato con convinzione che l’intervento della Regione non solo risulta necessario, ma deve essere messo in atto con effetto immediato. 
“È necessario, in questo momento anomalo ma decisivo per l’annata, mettersi subito al lavoro in un tavolo e fare il punto. C’è la necessità di tutelare e salvaguardare i formaggi a bassa stagionatura, che si stano ritagliando uno spazio nel mercato, ma che adesso rischiano di uscirne indeboliti, danneggiando soprattutto quei caseifici che più di tutti hanno investito nella diversificazione delle produzioni. Dall’altra abbiamo anche il dovere di contenere le produzioni e di conseguenza governare il mercato del Pecorino Romano che da un anno a questa parte conferma prestazioni positive”.
Cari amici, il momento che attraversiamo è di grande delicatezza, e di conseguenza, errori od omissioni potrebbero risultare deleterie per la nostra fragile economia. Se la Regione sarda c’è, se abbiamo eletto i rappresentanti validi, lo vedremo dai risultati. In politica la mancanza di coraggio si paga sempre, senza se e senza ma.
A domani, amici.
Mario

mercoledì, aprile 29, 2020

IL PANE ALLA ZUCCA: UNA BONTÀ POCO NOTA, MA SFIZIOSA, SAPORITA E INVITANTE. IDEALE ANCHE PER APERITIVI E MERENDE GENUINE.


Oristano 29 aprile 2020

Cari amici,

Proprio in questo periodo, nel quale trascorriamo troppe ore in casa aspettando tempi migliori, soprattutto nella speranza di un attenuarsi del triste problema creato da Coronavirus, cerchiamo di non restare inoperosi, considerato che, invece, potremmo cimentarci, in cucina, nella realizzazione di antiche ricette che, in precedenza, potevamo solo pensare, sognare, schiavi di giornate lavorative troppo intense e stressanti. La cucina, in giornate lunghe e noiose, può essere un bel diversivo, che consente anche di coinvolgere gli altri, in particolare se sono presenti figli adolescenti.
Si, amici, oggi voglio proprio consigliarvi di mettervi all'opera e cimentarvi nella realizzazione di una bella ricetta che può essere messa in atto senza troppa fatica o competenza. Oggi Vi voglio invitare a preparare in casa il “Pane alla zucca”, un pane dal profumo e dal gusto invitante, ideale anche per accompagnare degli aperitivi o dei break di mezza mattina o di metà pomeriggio. La regina di questa ricetta è la zucca, ingrediente eccellente per la preparazione di tante ricette saporite, come lasagne o cremose vellutate, ma anche componente di prim’ordine nella preparazione di un pane speciale, lievitato e fatto in casa da noi, con sapienza e amore: proprio il pane alla zucca. 
Un pane morbido e profumato, semplice e delicato, con un sapore unico, capace di sposarsi sia con il dolce che con il salato, e che all’occorrenza può diventare il re della vostra tavola. Immaginatelo posto al centro della tavola imbandita, circondato da salumi, formaggi e confetture: ciascuno potrà scegliere il proprio abbinamento, e farcire il proprio spicchio di quel pane come preferisce! Ma gli amanti del pane, proprio come sono io, lo gusteranno anche da solo, perché il pane alla zucca è così buono che non ha bisogno di nient’altro! Ed ecco, amici, i consigli utili per chi di Voi vuole provare e prepararlo!

Preparazione. Come fare in casa il pane alla zucca.

Dopo aver acquistato una bella zucca, la apriamo riducendola in 3 o 4 pezzi, e, dopo aver eliminato la parte centrale con i semi con l'aiuto di un cucchiaio, la mettiamo sul fuoco in acqua salata coprendola solo parzialmente. Una volta giunta ad ebollizione, la lasciamo cuocere per circa 15-20 minuti. Si potrebbe cuocere anche a vapore, oppure con il forno a microonde.
Una volta che abbiamo accertato che la polpa ha raggiunto una consistenza molto morbida, la stacchiamo con facilità dalla buccia e la passiamo nello schiacciapatate. Messo poi l’impasto ricavato in una terrina capiente, aggiungiamo a più riprese la farina 00, sbriciolando per bene con le dita e incorporando il lievito di birra. Mescoliamo ora con un cucchiaio di legno il composto, aggiungendo a piccole dosi, fino a raggiungere la giusta consistenza, la farina 00. 
Uniamo ora il sale e l'olio extra vergine d'oliva. Se il composto dovesse risultare troppo asciutto, versiamo, poco per volta, un altro po' d'acqua a temperatura ambiente, continuando a mescolare per amalgamare per bene tutti gli ingredienti. L’impasto così ottenuto va lavorato fino a che non si otterrà una consistenza morbida e liscia. A questo punto trasferiamo la “palla” dell’impasto in una ciotola precedentemente unta d’olio d’oliva, lavorando ancora con le mani l’impasto e ricavando delle formine rotonde di pasta, che copriremo con una pellicola, lasciamo lievitare per circa 3 ore a temperatura ambiente, in un luogo caldo, al riparo da correnti d'aria.
Quando ci accorgiamo che l'impasto delle formine è ben lievitato, le trasferiamo su una spianatoia, lavorandole ancora con le mani per renderle più tondeggianti e, preso dello spago da cucina unto con olio d’oliva, modelliamo le formine intrecciando lo spago così da formare delle piccole zucche, con otto spicchi. Per rendere questi paninetti ancora più gradevoli, si possono aggiungere, a piacere, dei semi di zucca tostati come guarnizione.
Ale termine, dopo aver confezionato per bene i paninetti a forma di zucca, li passiamo in un forno ventilato a 180°, cuocendo per circa 30-35 minuti. Per una più corretta lievitazione, si consiglia di mettere sul fondo del forno una teglia con un po' d'acqua, in modo da creare, durante la cottura, la giusta umidità che renderà il pane più morbido. A cottura ultimata il nostro pane alla zucca avrà una crosta bella dorata, particolarmente invitante! Prima di servire a tavola eliminiamo lo spago e, state sicuri che gli apprezzamenti non vi mancheranno!
Amici, coraggio, cimentatevi, vedrete che in questo modo riuscirete ad utilizzare al meglio le tante ore trascorse a casa!
A domani.
Mario



martedì, aprile 28, 2020

LA CONTINUA RICERCA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE. UNA LUNGA STORIA, COSTELLATA DI VITTORIE MA ANCHE DI SCONFITTE. E I DUBBI SUL FUTURO NON MANCANO...


Oristano 28 aprile 2020

Cari amici,



La storia dell’intelligenza artificiale comincia nei primi anni del secolo scorso. Uno dei pionieri fu certamente Alan Turing, considerato uno dei padri dell’informatica moderna. Era il 1936, quando mise le basi per sviluppare i concetti di calcolabilità e computabilità, dando vita alla prima macchina che prese il suo nome. La macchina di Turing, primo embrione dell’intelligenza artificiale, contribuì a sviluppare, come disciplina scientifica, tutta la materia fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Fu quello un periodo di grande fermento scientifico, e, dopo la macchina di Touring, si concretizzarono gli studi sui calcolatori e il loro utilizzo per avere sistemi intelligenti non umani. Era l'inizio di un'epoca nuova, che avrebbe avuto un impatto incredibile sulla civiltà dell'epoca che contava in tutto e per tutto sull'intelligenza emana e sulla forza lavoro fisica dell'uomo; Era il seme di una rivoluzione che non si sarebbe più fermata!
Nel 1950 lo stesso Turing, scrisse l’articolo intitolato “Computing machinery and intelligence”, in cui proponeva quello che sarebbe divenuto noto come “test di Turing”. Secondo il test, una macchina poteva essere considerata intelligente se il suo comportamento, osservato da un essere umano, fosse considerato indistinguibile da quello di una persona. Grazie al suo lavoro, il tema dell’Intelligenza Artificiale fu recepito dalla Comunità scientifica, che sviluppò fortemente la logica matematica (per la dimostrazione di teoremi e l’inferenza di nuova conoscenza) e successivamente le reti neurali (nell’ultimo decennio la loro tecnologia è stata implementata non poco e oggi vengono applicate nell’ambito del Deep Learning, un ramo del Machine Learning).
Se la seconda parte del secolo scorso fu importante perché mise le basi dell’attuale sviluppo dell’intelligenza artificiale, in questo inizio di secolo e di millennio, molto si è concretizzato delle iniziali idee partite da Turing. Oggi sono un’immensità i miliardi investiti in progetti che prevedono una rivoluzione tecnologica incredibilmente futuristica. Dopo il grande sviluppo dei progetti avvenuti in particolare nella Sylicon Valley, la terra dei filantropi, delle start up scalabili e della solida work ethic, la fantasia avanza prepotente e nulla potrà essere d’ora in poi come prima. 
L’intera cultura della Valley è costruita attorno a sentimento ben preciso: la FOMO (o meglio the Faer Of Missing Out), ovvero la paura di perdersi qualcosa di importante.) Grazie alla FOMO giovani founders raccolgono milioni senza avere un prodotto concreto, grazie alla FOMO si dà spazio a tecnologie ben lontane dall'essere commercializzabili e grazie alla FOMO, a volte, nascono enormi imperi come Facebook o Uber. La storia e l’evolversi dell’intelligenza artificiale è un lungo alternarsi di periodi di delusione ed eccitazione, quest'ultima rafforzata dalla irrazionale paura di non trovarsi sul carro del vincitore.
Questa avventurosa corsa verso un futuro sconosciuto, ci spinge a ricordare quanto, in tempi lontanissimi, scrisse il grande Tucidide: “Conoscere il passato per comprendere il presente e progettare il futuro”. Come consiglia lo storico greco è meglio partire con calma, con i piedi ben saldi a terra e con una forte curiosità osservare cosa successe in passato. La rilettura della storia, certamente è un aiuto importante! Correva l’anno 1954 quando il primo esperimento di “machine translation”, oggi lo chiameremmo il primo Google traduttore, ebbe un certo successo. Usando un dizionario di 250 parole i ricercatori dimostrarono come una macchina fosse in grado di tradurre dall'inglese al russo senza un uomo al suo fianco! 
Da questo primo evento prese il via una catena di progetti sempre più complessi, che, tra successi e insuccessi, ci ha portato fino ai nostri giorni. Oggi possiamo sorridere, perché la complessità del perfezionamento dell’intelligenza artificiale ha fatto cadere molte teste e tanti insuccessi misero in dubbio la possibilità che una autonoma intelligenza artificiale potesse essere realizzata. Ma gli studi proseguirono con grande caparbietà.
Dopo un periodo di assoluto silenzio, negli anni ’80 l’entusiasmo si riaccese. Geoffrey Hilton e il suo team di scienziati riscoprono il ‘backpropagation algorithm’ e lo applicano ai nuovi neural network. Il governo Giappone stanziò una cifra esorbitante per costruire il nuovo Computer di Quinta Generazione, visti i recenti expert system, applicazioni più o meno di successo in campi come lo speech recognition e il riconoscimento del testo scritto (…solo ora, 2020, abbiamo applicazioni soddisfacenti in questo campo). Sempre in quegli anni ‘Deep Blue’ di IBM sconfigge per la prima volta il campione mondiale di scacchi (1989), fatto che assestò un vero e proprio colpo mortale agli scettici, e che mise al centro dell’attenzione l’intelligenza delle macchine. 
Gli scienziati si convinsero di aver trovato l’uovo di Colombo: i Robot, attraverso l’intelligenza artificiale, diedero l’idea di poter conquistare il mondo sostituendo l’uomo. Gli investimenti in questo settore aumentarono spaventosamente: le grandi aziende tech, in preda ad una paura di folle di non rimanere al passo e perdersi il prossimo trend tecnologico, spesero miliardi per accaparrarsi l’investimento migliore. Le start up più innovative in questo settore vennero inglobate dalle aziende per il team di persone e il know how posseduto. L’intelligenza artificiale è considerata ormai una tecnologia estremante versatile, e ogni settore d’applicazione ne può usufruire.
Ma non è tutto oro quello che luccica. Se è pur vero che i successi non sono mancati, non illudiamoci di aver raggiunto il Paradiso! Certo, abbiamo macchine che si guidano davvero da sole, robot sanitari che trovano soluzioni per curare le malattie rare e molto altro. Tuttavia il passato ci deve insegnare la massima cautela, in quanto i rischi, spesso enormi, sono dietro l’angolo! Siamo sicuri di aver valutato bene tutto? Siamo sicuri che le ricadute su economia, occupazione, e gestione sociale saranno tollerabili? Siamo sicuri che l’autonomia totale che vogliamo dare alle macchine non creerà danni irreversibili all’uomo?
L’uomo spesso continua a giocare a fare il Dio! È successo in passato e succederà ancora! La mente umana, il miglior computer esistente al mondo, è meglio che si renda conto che dovrà sempre governare le sue creazioni, prima che queste, diventate troppo autonome, lo rendano succube e robot-dipendente, arrivando magari anche alla sua estinzione. 
Credo, amici, che ci sia da riflettere non poco!
A domani.
Mario

lunedì, aprile 27, 2020

COVID-19: "LA MONTAGNA HA PARTORITO UN TOPOLINO". IL GOVERNO PER LA FASE 2 HA CAMBIATO POCO E NIENTE, SIA SULLA LIBERTA' INDIVIDUALE CHE PER IL COMMERCIO MINUTO.


Oristano 27 aprile 2020

Cari amici,

Quella del 4 maggio era una data attesa con ansia un po' da tutti. Dopo due mesi circa di "fermo totale", con seri problemi sia di natura psicologica che sociologica, con milioni di lavoratori in cassa integrazione, rinchiusi con le famiglie in casa, praticamente "agli arresti domiciliari", spesso in appartamentini dove lo stare tutti insieme per 24 ore  risulta assolutamente alienante, ci si aspettava almeno un po' di "responsabile respiro". Così, però, non è stato.
Nessuno sottovaluta il rischio, sarebbe da folli, ma in questo caso la decisione presa dal Governo credo che sia partita dal presupposto che il popolo italiano è composto da persone inaffidabili, che, senza l'obbligo imposto in maniera dittatoriale, non risultano in grado di autoregolarsi. A leggere per bene il nuovo Decreto in realtà cosa cambia? Praticamente nulla; si è concesso di consentire eccezionalmente la "visita parenti stretti", e chi invece non va d'accordo con i parenti (ci sono i giovani che hanno relazioni amicali e sentimentali in corso) o non li ha e volesse andare a trovare un amico che non vede da 2 mesi? Zero, perché mica l'amicizia è una cosa importante! Se poi, vista la stagione estiva alle porte, chi ha casa al mare volesse andare, anche in solitario, a dare una ripulita e una sistemata alla casa, non può, tanto che importa, la stagione estiva è già saltata!
Amici, la cosa che più appare chiara, ogni giorno di più, è che veniamo considerati più che cittadini sudditi, incapaci di autogestirci, come imbecilli (dal latino baculus, bastone), bisognosi cioè come i vecchi del bastone,  guidati in tutto e per tutto dai soloni che ci governano. Che dire, poi, delle attività minute, come quelle artigianali e del commercio al dettaglio che, continuando ancora per un po' a stare chiuse, non avranno più la forza di rialzare le serrande e scompariranno, a favore dei colossi della distribuzione e dei servizi? Nessuno vuole sottovalutare il rischio ed il pericolo, ma credo che il senso di responsabilità gli italiani, chiusi da 2 mesi in casa, lo abbiano dimostrato a sufficienza, e lo avrebbero continuato a dimostrare anche nella "Fase 2" così come prima ipotizzata, se fossero state accolte le numerose proposte di una liberalizzazione responsabile.
Una «fase 2», quella messa in atto, che appare farsesca, che ha addirittura mantenuto l'obbligo della certificazione motivata per circolare anche all'interno del proprio comune! Certo ci sono provvedimenti condivisibili in questa fase di transizione, come la restrizione della movimentazione tra Regioni, ma non certo all'interno della stessa, in particolare in Sardegna, già di per sé isolata dal mare. Condivisibile anche la circolazione protetti da guanti e mascherina, così come il mantenimento della distanza sociale, tutti obblighi, seppure fastidiosi, da rispettare. 
Quanto alle regole per le riaperture delle aziende, queste saranno portate avanti con accordi tra Governo e le diverse Regioni, tenendo conto dei diversi indici di contagio e soprattutto delle misure di contenimento che ogni governatore sarà in grado di garantire, ma l’ultima parola spetterà sempre al Governo. Anche perché —come già accade adesso— nessuna norma potrà essere in contrasto con quelle emanate da palazzo Chigi. 
In realtà Conte si muove "consigliato" dai diversi gruppi di esperti, composti da sociologi, psicologi e manager dell’organizzazione del lavoro, che affiancano il Comitato tecnico-scientifico. Ci saranno turni e fasce orarie per i lavoratori che non sono in smart working e anche alcuni negozi potranno tirare su le saracinesche, garantendo però l’ingresso scaglionato come avviene adesso per supermercati e farmacie. Ma la domanda che in tanti si pongono è questa: “La nostra vita, dopo lo tsunami creato dal Coronavirus, come e quanto cambierà? Indubbiamente molto, perché, questo è già sicuro, nulla tornerà ad essere come prima!
Secondo il Professor Mauro Ferraresi, docente di sociologia della comunicazione all’Università Iulm di Milano, una volta superato il periodo di blocco che stiamo attraversando, il tempo di riadattamento alla vita ordinaria sarà pari ad almeno cinque volte il periodo di fermo. Facendo un esempio pratico: se il Lockdown (così viene definita la chiusura di attività e l’isolamento in casa) sarà durato tre mesi, bisognerà moltiplicare quel tempo per cinque volte (quindi 15 mesi) prima di riportare la situazione (speriamo il più possibile) alla normalità. Ma una cosa è certa: diverse cose cambieranno per sempre, afferma il docente.
Si, amici, dopo lo shock del coronavirus, una volta entrati realmente nella «fase 2» (non in quella "farsesca" del 4 maggio), quanto alle attività economiche, considerati i negozi di vario tipo, dai bar alla ristorazione, dalle aziende turistiche ai centri vacanza, molto cambierà, perché nulla resterà come prima. A risentirne maggiormente sarà la vita sociale, che subirà tali e tante variazioni che faticheremo molto ad abituarci. Dai ferrei controlli agli aeroporti, alla regolamentazione dell’afflusso nelle grandi stazioni metro e ferroviarie, con l’adozione di tutta una serie di regole di prevenzione che dovranno evitare il contatto con le persone, garantendo le distanze.
Regole ferree che saremo costretti comunque ad accettare, elaborate in analogia a quelle sviluppate dal Team del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e note come «shut-in-economy» ossia l’economia al chiuso. Proviamo a pensare alla riapertura di bar e ristoranti, locali che vivono di socialità e dell’afflusso di un gran numero di persone. In questi luoghi la riorganizzazione sarà drastica: verrà limitato il numero di clienti che vi accedono, magari mantenendo una distanza maggiore tra i tavoli o sul bancone, e le file per entrare dovranno essere ordinate e ben distanziate, proprio come accade ora per entrare al supermercato o in farmacia. 
Anche gli eventi sportivi subiranno modifiche di non poco conto, a partire dagli stadi. Le palestre, sempre più frequentate, potrebbero iniziare a vendere pacchetti online per l’allenamento, oppure attrezzature da tenere in casa e il loro lavoro continuerà con lezioni da remoto. Se vorremo tornare al cinema, a goderci l’ultimo film in uscita, si prevede che la riapertura comporterà delle limitazioni nel numero di persone che vi accederanno. Che dire poi dei teatri. delle sale da concerto e di quelli all’aperto? Prima di dare nuovamente accesso a manifestazioni di questo genere saranno sanitari ed esperti a stabilire delle nuove regole a cui dovremo attenerci, e parallelamente le strutture dovranno adeguare i locali alle nuove regole.
Secondo Massimo Roj, amministratore delegato di Progetto CMR, lo studio internazionale di architettura che lavora in dieci Paesi e molto in Cina, “Ci saranno due fasi, una prima e una dopo il vaccino. Da alcune cose non potremo più retrocedere in nome della distanza: home working, igienizzazione, flessibilità degli spazi, digitalizzazione, sburocratizzazione…”. Anche una volta trovato il vaccino, secondo Roj, la distanza sociale resterà una regola di vita. “Credo che nulla sarà più come prima. La storia ci insegna che eventi come le pandemie cambiano i modi di vivere. E i luoghi. A cominciare dalle infrastrutture. La peste del Trecento impose nuove regole igieniche, i vicoli stretti lasciarono il posto a strade più ampie, si cominciò a pensare al sistema fognario. Vedrete, la distanza sarà una nostra nuova regola di vita”.
Cari amici, questa pandemia, una volta che sarà superata e, forse, dimenticata l’emergenza che viviamo oggi, avrà cambiato di molto il nostro stile di vita precedente. Cambio di passo nel lavoro, modifica dei luoghi dove si svolge, ma un cambio molto più marcato lo ritroveremo nel tipo di socialità a cui eravamo abituati. Saremo molto meno mediterranei, affettuosamente parlando, con un calo delle manifestazioni spontanee (abbracci strette di mano e affettuosità varie, dalle pacche sulle spalle ai baci) che ci avvicineranno molto a quelle praticate nel Nord Europa. Concerti con migliaia di persone stipate come sardine saranno solo un ricordo, così come i festeggiamenti e i cortei dopo le vittorie sportive e le affettuosità tra amici si ridurranno all'inchino, simile a quello praticato nei Paesi del Sol Levante. per molti di noi sarà davvero un pianto...

La vita, anche se ancora non ce ne rendiamo perfettamente conto, è già cambiata!

A domani.
Mario



domenica, aprile 26, 2020

LAVORO E FUTURO DOPO IL COVID-19. LE ATTIVITÀ PIU’ A RISCHIO E LE TRASFORMAZIONI NECESSARIE PER RIPARTIRE. COME CAMBIERÀ IL MONDO DEL LAVORO.


Oristano 26 aprile 2020

Cari amici,

Il COVID-19, abbattutosi come uno tsunami di violenza inaudita sul sistema produttivo mondiale, ha messo a repentaglio, oltre la salute, l’attuale organizzazione del lavoro, che, passata la tempesta, dovrà essere completamente rivista. Un’esigenza che a molti può apparire troppo drastica, ma che si è resa necessaria e indilazionabile per un fattore che molti ancora sottovalutano: ci vorranno anni prima che il Coronavirus che ha colpito oggi il mondo possa essere totalmente messo sotto controllo. Saranno gli studi già intrapresi, con la scoperta e la somministrazione di vaccini e altri accorgimenti utili, a farci tornare ad una normalità molto simile a quella di prima, ma per un lungo periodo dovremo imparare a conviverci con questo virus, mettendo in atto le migliori misure protettive possibili.
A dover cambiare, che ci piaccia o no, saranno molte cose: sia nella socialità corrente che nel mondo del lavoro. Quanto alla nostra socialità, ci dovremo scordare i raduni oceanici, i concertoni da migliaia di persone stipate come sardine; dovremo anche evitare il pieno negli stadi, il caotico affollamento di aeroporti, stazioni ferroviarie e della metropolitana, gli afflussi delle ore di punta nei supermercati, nei teatri e nei cinema, solo per citare i luoghi più comuni da noi frequentati abitualmente. Che dire poi della nostra affettuosità tutta mediterranea di abbracciare e baciare le persone anche poco conosciute, di stringere al petto bambini e anziani, e di scambiarci strette vigorose di mano? Tutte manifestazioni che piano piano impareremo ad evitare, camminando per strada indossando mascherina e guanti, facendo ciao con la mano e tenendoci a debita distanza: almeno un metro gli uni dagli altri.
Ma tutto questo non basta. Proviamo a pensare ai nostri luoghi di lavoro ed alle strutture sociali che noi oggi frequentiamo quotidianamente: dagli uffici pubblici alle banche ed agli uffici postali, dai bar ai ristoranti, dalle pizzerie alle gelaterie. Che dire poi dei modi e dei luoghi dove trascorriamo le vacanze, che tra l'altro a breve inizieranno? Tra intasamenti in autostrada, località di mare o di montagna, strutture di norma piene di gente, spiagge super affollate e con i corpi sdraiati che si toccano, pensate che riusciremo a trovare una soluzione per distanziarci dagli altri o ci dovremo rinunciare? Le risposte, amici, non sono facili da trovare! 
Quanto alle attività commerciali e produttive, ecco una panoramica delle prime cose che certamente dovranno immediatamente cambiare, dopo la prossima ripresa. 
La gran parte delle aziende che svolgono attività non indispensabili (sono rimaste aperte solo quelle relative all’alimentazione e alla sanità e relative collegate) e che sono ancora chiuse in ottemperanza al Decreto Salva Italia, a maggio inizieranno a riaprire. Seppure gradualmente, le attività riapriranno a scaglioni in base alla pericolosità; quelle attività professionali considerate molto a rischio dovranno modificare in modo drastico il loro svolgimento, tanto che, a causa delle costose trasformazioni da apportare, alcune potrebbero addirittura non riaprire, chiudendo definitivamente bottega. Secondo l’analisi fatta dalla Fondazione dei Consulenti del Lavoro, sono 3 milioni i lavoratori ora a casa, e di questi 1 milione circa sono lavoratori autonomi e circa 2 milioni sono lavoratori dipendenti.
Tra le professioni che più di tutte hanno rischiato e rischiano pesanti ripercussioni, ci sono i parrucchieri e le estetiste, mestieri in cui il contatto personale è fondamentale, a seguire, poi, le professioni legate al mondo dello spettacolo e dello sport (ferme dai primi momenti di chiusura), della ristorazione (bar, pizzerie e ristoranti), di soggiorno (alberghi, bed an breakfast, campeggi, etc.) e le altre comunque collegate alle attività principali, che verranno di conseguenza ridimensionate,  oltre al mercato degli ambulanti e dei mercatini comunali.
Altre professioni a rischio sono quelle legate all’organizzazione di eventi sociali e della congressistica, attività sulle quali gravita un minuto mondo di terzi prestatori d’opera. A rischio anche le diverse fiere reclamizzanti i diversi prodotti, dalla fiera dei cavalli, a quella del vino, passando per quelle che passano in rassegna il miglior made in Italy. E che dire poi delle attività turistiche nelle principali città d’arte, a partire dalle guide turistiche? Sebbene l’Italia vanti un patrimonio artistico invidiabile, la paura del contagio spingerà ad evitare viaggi e visite ai musei e ai luoghi di interesse storico-culturale, a partire da Roma e Firenze. Un discorso a parte merita il settore delle compagnie aeree, già in precedenza in difficoltà in Italia, e ora ancora di più in pericolo, con il rischio di una debacle senza precedenti.  
Cari amici, ho lasciato per ultimo il discorso relativo all’istruzione. Il mondo della scuola dovrà essere completamente riformato e le modalità di preparazione culturale dei giovani completamente riscritte. Oggi le scuole sono ancora chiuse: l’anno scolastico troverà una soluzione salomonica che mi ricorda quella del ’68 e del 6 politico, ma a prescindere da un anno particolare come quello che stiamo vivendo, gli anni a venire dovranno essere vissuti in un modo ben più congruo, sotto il profilo dell’insegnamento. Il corpo docente dovrà essere preparato adeguatamente per l’insegnamento a distanza e le strutture scolastiche dovranno attrezzarsi per operare con mezzi moderni e innovativi, se vogliamo dare ai ragazzi una preparazione davvero seria e valida. 
Insomma, che ci piaccia o no, lo tsunami COVID-19 ha già rivoluzionato la nostra vita e non sappiamo ancora fino a che punto la rivoluzionerà ancora…
A domani.
Mario

sabato, aprile 25, 2020

TELEMEDICINA: LA DIAGNOSTICA A DISTANZA. IN FUTURO MOLTI CONTROLLI POTRANNO ESSERE FATTI DA REMOTO. CHECK A DISTANZA PER I PAZIENTI, CON 'HOSPITHOME'.


Oristano 25 aprile 2020

Cari amici,

La possibilità di verificare lo stato di salute dei pazienti direttamente a domicilio è sempre stato un pio desiderio. Tuttavia, gli studi portati avanti anno dopo anno, con l'utilizzo della moderna tecnologia si è riusciti a concretizzarlo. Oggi, grazie alla costante innovazione tecnologica, apparecchiature per controlli di questo tipo sono ben operative e perfettamente funzionanti, in particolare presso il Cardiocentro di Lugano, che effettua il monitoraggio dei pazienti cardiopatici direttamente al loro domicilio. Inoltre, considerata la pandemia che ha colpito duro in tutto il mondo, la telemedicina, oggi più di ieri, può dare una grossa mano d’aiuto per ridurre i rischi di contagio dal virus SARS-CoV-2, che sta mettendo a dura prova la tenuta dei più efficienti sistemi sanitari. 
Si, amici, i controlli da remoto diventeranno sempre più attivi in futuro e, come il telelavoro sta cercando venire incontro alle esigenze delle attività professionali, anche nel campo della medicina non far muovere da casa il paziente e intasare così molto meno le strutture sanitarie, la telemedicina svolgerà un ruolo essenziale negli anni a venire. Ovviamente i controlli a domicilio riguarderanno i pazienti ammalati in forme lievi, in quanto lo scopo principale sarà quello di alleggerire la pressione sugli ospedali, impedendo anche, come nel caso del COVID-19, l’accelerazione incontrollata del contagio, come sembra essere accaduto in alcune circostanze durante questa epidemia, specialmente nei nosocomi del Nord Italia.
Una grande precisione nel rilevamento a distanza dello stato di salute del paziente è stata ottenuta dalla piattaforma HospitHome, prodotta da una start-up specializzata in sistemi di telemedicina, che, insieme con il Cardiocentro Ticino di Lugano, ha messo a punto un programma dedicato all’emergenza Covid-19, ottenendo anche la collaborazione di alcune tra le principali realtà della sanità ticinese. Il programma, come è stato spiegato dal Cardiocentro, parte con l’attivazione immediata di una serie di checkpoint esclusivamente dedicati alla gestione dell’emergenza Covid-19 e la distribuzione domiciliare, ai pazienti positivi al tampone, di un kit di monitoraggio e controllo a distanza del decorso della loro malattia.
Come ha spiegato il Dottor Dante Moccetti, una delle menti dalle quali è nata l’idea di supportate i malati del COVID-19, “Il programma di monitoraggio remoto sfrutta l’esperienza maturata presso il Cardiocentro Ticino, che da circa 15 anni offre servizi di telemedicina ai pazienti cardiopatici con aritmie severe e portatori di defibrillatori, pazienti che vengono monitorati a distanza con controllo giornaliero e sistema automatico di allerta nel caso di variazione dei parametri vitali. Il risultato di questa esperienza ha portato ad una diminuzione dei controlli ambulatoriali e dei ricoveri non indispensabili. HospitHome ha fatto tesoro del know-how acquisito in passato declinandolo e adattandolo per l’emergenza Coronavirus attraverso l’utilizzo delle più recenti tecnologie”.
Il telerilevamento funziona sulla base di un applicativo certificato Medical Device classe II A; il paziente viene fornito di kit di sorveglianza, composto da un tablet e un hub in grado di trasmettere real-time, grazie al quale i suoi parametri vitali, in particolare temperatura, saturazione di ossigeno e frequenza cardiaca vengono monitorati da un’intelligenza artificiale e trasmessi in automatico almeno due volte al giorno alla centrale operativa HospitHome e ai medici di famiglia dei pazienti coinvolti nel programma, che costantemente ne controllano la regolarità.
Nell’eventualità di desaturazione dell’ossigeno, i pazienti vengono immediatamente visitati dal medico curante e/o ospedalizzati; verranno ricoverati soprattutto coloro i quali presentano una patologia polmonare che determina la prognosi severa dei pazienti e l’impiego elevato di apparecchiature e personale specializzato, risparmiando di conseguenza risorse finanziare elevate della Comunità. È pure importante sottolineare che la gestione in sicurezza del paziente Covid-19 al domicilio presenta vantaggi anche sul piano emotivo e psicologico, consentendogli di affrontare la malattia col conforto del nucleo familiare che, pur nel rispetto delle più sicure condizioni di isolamento, sarà sempre più presente e confortante della solitudine di una corsia d’ospedale.
Il team di HospitHome, guidato da Dante Moccetti e coordinato dalla project manager Isabella Porrello e dal Direttore Strategico Marco Pizzasegola, continuano a lavorare senza sosta per far fronte all’emergenza Coronavirus, riuscendo a rendere il progetto immediatamente implementabile e a disposizione delle strutture sanitarie. In questa fase d’avvio è in atto l’installazione dei primi 100 kit presso il domicilio dei pazienti, ma la piattaforma è scalabile e già oggi sarebbe in grado di gestire fino a mille pazienti.
Cari amici, come anticipato in apertura di questo post, l’utilizzo dei sistemi di telemedicina permetterà in futuro di ricorrere sempre meno alla ospedalizzazione di pazienti che possono così vivere la loro malattia con i propri cari a casa; nel momento attuale, inoltre, è in grado di proteggere meglio i pazienti e il personale sanitario, oltre a salvaguardare l’intera Comunità dai rischi di esposizione al contagio. La telemedicina ha già oggi tutto il potenziale necessario per diventare un nuovo standard, un potente e innovativo strumento per portare il settore sanitario a un livello superiore e tutelare maggiormente la salute delle persone in tutto il mondo.
A domani, amici.
Mario