mercoledì, luglio 09, 2025

QUANT’È MERAVIGLIOSA E STRAORDINARIA LA NATURA! UN ESEMPIO ECLATANTE: IL CAMMELLO! PUO' BERE, IN CASO DI NECESSITA,' ANCHE ACQUA SALATA.


Oristano 9 luglio 2025

Cari amici,

Uno dei più resistenti abitatori del deserto è IL CAMMELLO (Camelus bactrianus). Questo curioso animale con le gobbe, contrariamente alla credenza popolare, non immagazzina acqua nelle sue gobbe, che sono, invece, un grande riserva di grasso, ovvero una riserva di energia per i periodi di carenza di cibo. Sfatato il mito delle gobbe come riserva d’acqua (in quanto i cammelli possono resistere molto tempo senza bere e, quando ne hanno la possibilità, possono bere grandi quantità di acqua), veniamo a conoscenza di un altro curioso mistero: i cammelli possono bere anche salata o salmastra, per reidratarsi rapidamente.

Si, i cammelli sono davvero animali dotati di curiosissime particolarità. Quando si trovano in prossimità di fonti d'acqua, i cammelli possono bere anche acqua salata o salmastra, che normalmente sarebbe dannosa per gli altri animali. Questa capacità è un adattamento alla vita in ambienti aridi, dove l'acqua dolce è spesso scarsa. Una volta trovata l’acqua, i cammelli possono bere fino a 100-120 litri d'acqua in pochi minuti per reidratarsi completamente. Ma come fa il cammello a bere tanta acqua salata?

Questo animale può bere l’acqua salata in quanto i suoi reni hanno la capacità di filtrare l'acqua bevuta, separando il sale e trasformando l’acqua bevuta in acqua dolce, adatta da bere! Ogni cellula del corpo è programmata per far questo. In caso di non reperibilità di acqua (che sia dolce o salata poco importa) il cammello, per placare la sete, può, nella stagione secca, accontentarsi (è vegetariano) dei liquidi contenuti nelle piante. E questa particolarità, amici, non è l’unica: ben altre lo contraddistinguono!

Il fisiologo Knut Schmidt-Nielsen, della Duke University, ha scoperto che il cammello ha la capacità unica di espirare l’aria significativamente più fredda della sua temperatura corporea. In questo modo si ottiene una riduzione complessiva del 45 percento della perdita d’acqua che si verifica normalmente attraverso la respirazione. Ma come fa il cammello a padroneggiare la capacità di espirare l’aria fresca, quando gli animali normalmente espirano aria a temperatura corporea? Questo segreto non fu svelato fino al 1979, quando Schmidt-Nielsen si unì allo zoologo Amiram Shkolnik, dell’Università di Tel Aviv.

Essi scoprirono che il cammello si avvale di un altro principio della fisica: maggiore è la superficie, più veloce è la velocità di evaporazione o condensa. E l’evaporazione provoca il raffreddamento. Il suo naso nasconde un intricato labirinto di passaggi d’aria che aumenta la sua superficie rispetto a quella di un passaggio diritto. Ad esempio, un naso umano ha solo 5 cm quadrati di superficie interna, mentre il cammello ha un incredibile valore di 394 cm quadrati di mucosa. Questo il meccanismo che glielo consente!

Il cammello, animale vegetariano, mangia ogni tipo di vegetale, anche quello con grosse spine, senza danneggiare lo stomaco o l'intestino; ciò è possibile in quanto la sua saliva è in grado di dissolvere le spine come un acido! Il cammello è dotato anche di due palpebre: una sottile e trasparente, l'altra spessa e carnosa. Quando inizia una tempesta di sabbia nel deserto, chiude la palpebra trasparente per evitare che la sabbia entri negli occhi. Un’altra caratteristica mica di poco conto!

Il cammello, questo animale straordinario, è in grado di sopportare quasi agevolmente temperature che variano da -29°C a 38°C e di affrontare le tempeste di sabbia sigillando ermeticamente il naso e le labbra e proteggendo, con una fitta peluria, gli occhi e le orecchie. Con le forti variazioni prima indicate il cammello, per sopravvivere, può arrivare a modificare la propria temperatura corporea: se ha freddo, aumenta la sua temperatura, mentre se ha caldo nel torrido deserto, la sua temperatura corporea diminuisce. Che dire, amici, sembra proprio un animale alieno!

Cari amici, indubbiamente queste particolari doti che la natura ha dato al cammello, sono necessarie per la sua sopravvivenza in zone dove altrimenti non avrebbe certo potuto vivere. Impressionanti davvero, le dotazioni date da Madre Natura a questo splendido animale, che dimostra ancora una volta che il nostro mondo e tutto l’Universo che ci circonda, non sono frutto del caos primordiale (come qualcuno asserisce e crede…) ma opera di quel Grande Costruttore dell’Universo, ovvero il nostro DIO!

A domani.

Mario

 

 


martedì, luglio 08, 2025

PER COMBATTERE IN MODO EFFICACE IL RISCALDAMENTO GLOBALE BISOGNEREBBE AUMENTARE IL VERDE, SPECIE NELLE CITTÀ. PIANTIAMO TANTI ALBERI DI PEUMO.


Oristano 8 luglio 2025

Cari amici,

Che il riscaldamento globale stia mettendo a dura prova la resistenza e la stabilità del nostro pianeta è ormai una triste realtà. Gli scienziati cercano ogni giorno i possibili rimedi, sono alla ricerca di soluzioni per garantire un sereno futuro alle prossime generazioni, anche se il compito appare alquanto arduo.  Su questo fronte si studia il particolare il ruolo che gli alberi possono svolgere, per bloccare, o almeno diminuire, l’aumento del riscaldamento del pianeta, cercando di limitare l’aumento a poco più di un punto percentuale.

Ovviamente, come gli studiosi sanno meglio di noi, anche tra gli alberi ci sono tante diversità e alcuni di questi, possono svolgere meglio di altri la capacità di stemperare il riscaldamento globale. Ebbene, uno di questi particolari alberi è Il PEUMO (Cryptocarya alba), un albero endemico del Cile, a cui viene riconosciuto un alto potenziale nella lotta al riscaldamento globale. È, infatti, un albero  con una straordinaria capacità di assorbire grandi quantità di CO₂, cosa che lo rende particolarmente utile al nostro fabbisogno.

E non è tutto: il Peumo è in grado di resistere a condizioni climatiche estreme, oltre a favorire la biodiversità, e questo lo fa considerare una risorsa cruciale nei necessari programmi di riforestazione globale, che si sta cercando di incentivare in tutto il mondo. Il PEUMO, dunque, di recente ha catturato l’attenzione di scienziati e ambientalisti, per le sue molteplici proprietà. Questa pianta, simbolo delle foreste sclerofille del Cile centrale, si sta rivelando una risorsa davvero cruciale nella lotta al cambiamento climatico e nella salvaguardia della biodiversità globale. Ecco i motivi per cui il Peumo merita di essere conosciuto e valorizzato.

Il Peumo si distingue per la sua capacità di adattarsi a condizioni climatiche difficili, crescendo sia in ambienti umidi che aridi. A differenza di altre specie arboree, non richiede grandi quantità d’acqua; un aspetto cruciale quest’ultimo, in un’epoca in cui la scarsità idrica sta diventando una sfida globale. Inoltre, quest'albero è noto per rilasciare umidità nell’atmosfera durante i periodi di alte temperature, contribuendo a mitigare gli effetti delle ondate di calore nelle aree urbane. Questa caratteristica, sebbene necessiti di ulteriori studi scientifici per una piena validazione, lo rende un candidato ideale per essere piantato nelle città, dove può fungere da regolatore naturale del microclima, riducendo il bisogno di sistemi artificiali di raffreddamento.

Si, amici, il Peumo è un albero perfetto da piantare in città! Con le sue radici poco invasive, non crea problemi su strade e marciapiedi, crescendo in modo regolare e sicuro. Grazie alla sua chioma ampia e alla capacità di ridurre l’inquinamento acustico, offre una barriera naturale contro il rumore delle città. Inoltre, l’albero non provoca allergie, un vantaggio davvero significativo, rispetto ad altre piante urbane che spesso aggravano i problemi respiratori nelle popolazioni sensibili.

Che dire, poi, del fatto che è in grado di assorbire grandi quantità di anidride carbonica? Tra le qualità più sorprendenti del Peumo c’è, amici, questa sua capacità di assorbire grandi di CO2, il principale gas responsabile del riscaldamento globale. Questa caratteristica lo pone al centro delle strategie di riforestazione e mitigazione del cambiamento climatico. In età adulta, si stima che un singolo albero di Peumo possa avere un impatto equivalente a dieci condizionatori d’aria in termini di riduzione della temperatura ambientale.

Amici, il Peumo non è solo un alleato dell’uomo, ma anche una risorsa vitale per la fauna. I suoi fiori, ricchi di nettare, sono un’importante fonte di nutrimento per le api, insetti fondamentali per l’ecosistema e sempre più minacciati dalle attività umane. Inoltre, i suoi frutti commestibili attirano una grande varietà di uccelli, contribuendo alla conservazione della biodiversità locale. Questo albero, inoltre, svolge anche un ruolo chiave nel mantenimento degli equilibri ecologici, creando habitat sicuri per numerose specie animali e vegetali. Passiamo, ora, alle sue proprietà medicinali e benefiche per l’uomo.

Le foglie del Peumo sono utilizzate da secoli nella medicina tradizionale cilena per le loro proprietà terapeutiche. Ricche di composti fenolici e flavonoidi, sono conosciute per i loro effetti antinfiammatori e antimicrobici. Gli estratti delle foglie e della corteccia hanno dimostrato una sorprendente efficacia contro batteri resistenti ai farmaci, come lo Staphylococcus aureus. Anche i suoi frutti, bacche dal colore rosso intenso, sono un vero concentrato di salute. Ricchi di antiossidanti come la quercetina, offrono benefici per la salute cardiovascolare e la protezione cellulare, contribuendo alla prevenzione di malattie croniche.

Oltre alle sue qualità ecologiche e medicinali, il Peumo si distingue per la sua bellezza. Con la sua chioma folta e il profumo aromatico delle foglie, abbellisce qualsiasi ambiente. Non è raro vederlo utilizzato come pianta ornamentale in giardini e parchi pubblici, dove aggiunge un tocco di verde rigoglioso e attrae visitatori per il suo fascino naturale. Questa combinazione di estetica e funzionalità lo rende una scelta sempre più popolare nei progetti di urbanistica sostenibile.

Cari amici, gli studiosi suggeriscono di riempire le città con tante piante di PEUMO, che contribuirebbero a migliorare l’estetica delle città, oltre a risolvere i problemi prima menzionati. Farlo significherebbe investire in un futuro più sostenibile per il pianeta, perchè la sua capacità di assorbire CO2, di attrarre biodiversità e di offrire benefici diretti all’uomo, fa del Peumo una “pianta del futuro”, nel senso che lo garantirebbe alle nuove generazioni! Adottiamolo davvero nelle nostre città!

A domani.

Mario

lunedì, luglio 07, 2025

SIAMO SEMPRE PIÙ SCHIAVI DELL'APPARENZA. IL BISOGNO DI MOSTRARE, IL DESIDERIO DI ESIBIRE UN CORPO PERFETTO, CREA IN TANTI LA “BIGORESSIA”.


Oristano 7 LUGLIO 2025

Cari amici,

La BIGORESSIA, (o vigoressia), detta anche 'dismorfia muscolare' o 'complesso di Adone', è definita nel Manuale diagnostico e statistico (DSM-5) come una distorta percezione del proprio corpo, che scatena la preoccupazione ossessiva che questo non sia abbastanza muscoloso, con una conseguente compulsione all'esercizio fisico, anche esagerato. In realtà è un disturbo mentale che risulta in costante in aumento, e che è strettamente legato all’immagine che ciascuno di noi ha nei confronti del proprio corpo.

Per comprendere meglio questo particolare disturbo, conviene partire dalla definizione data dal professor Joseph J. Trunzo, docente di psicologia e direttore associato della School of Health & Behavioral Sciences della Bryant University. Eccola: “La bigoressia è un termine per indicare la dismorfia muscolare, una sottocategoria del disturbo da dismorfofobia corporea. Nel BDD (behavior-driven development, cioè lo sviluppo guidato dal comportamento, ndr), un individuo ha una convinzione irrealistica, al limite del delirante, che una parte del corpo sia gravemente anormale, persino grottesca”.

Insomma, in tanti risulta in crescita il timore di non essere abbastanza muscolosi, e questa convinzione c’è da dire che colpisce principalmente gli uomini. La terapeuta Kara Becker, specialista certificata in disturbi alimentari (in primis esperta di anoressia), afferma che chi è affetto da questo disturbo si considera dotato di meno muscoli di quanto in realtà ne abbia, e questo lo mortifica non poco, tanto da spingerlo a esercizi fisici eccessivi, usare steroidi o integratori, e addirittura a seguire diete estreme per costruire un corpo più muscoloso, ovviamente con effetti negativi sulla salute sia fisica che mentale.

Tra i principali allarmi creati da questo disturbo, infatti, c’è il peggioramento della qualità della vita, dovuta anche al fatto che si tende a non assumere abbastanza sostanze nutritive per soddisfare l'energia necessaria per l'eccesso di esercizio fisico. Come accennato prima, chi è affetto da Bigoressia è molto insoddisfatto dal suo aspetto fisico, per cui cerca in ogni modo possibile di migliorarlo; questo sforzo gli causa ansia e depressione, oltre a bassa autostima. Insomma, la dismorfia muscolare continua a essere sempre più un problema che in tanti si pongono.

Questa la riflessione di Amy Gooding, psicologa clinica presso l'Eating Recovery Center di Baltimora, “Se qualcuno crede di essere più piccolo di quanto non sia in realtà, passerà più tempo in palestra, e spesso seguirà una dieta più rigida. Il suo allenatore potrebbe vedere questo comportamento come un impegno nello sport e all'inizio potrebbe addirittura complimentarsi. Però gli allenatori non vedono che sono comportamenti estremi e nemmeno i pensieri dannosi”. Ma cosa spinge sempre più giovani a cercare di esibire un corpo perfetto?

La società che viviamo, amici, è la società dell’apparenza! Veniamo costantemente bombardati, sui giornali, in TV, nel Social, da immagini che inneggiano corpi muscolosi e magri, messaggi che spingono tutti ad avere un corpo perfetto, ideale, da esibire! Secondo Jason Nagata, pediatra specializzato in disturbi alimentari presso l'Università della California, San Francisco, la pandemia legata al Covid ha creato una “tempesta perfetta” sul versante dell'insoddisfazione del corpo e dei disturbi alimentari, grazie alla combinazione di isolamento sociale, aumento dell'ansia, mancanza di formazione e di attività personali e, soprattutto, all'esplosione dell'uso dei social media.

Amici, quando un male si diffonde a macchia d’olio, come sta succedendo per la Bigoressia, risulta importante ricevere aiuto e sostegno. Sempre secondo il professor Nagata, anche se ciò non è semplice, resta fondamentale chiedere aiuto: “Ci vuole coraggio, ma parlare con un operatore sanitario, un terapeuta o un consulente specializzato in disturbi alimentari può essere incredibilmente utile”. "Si tratta di esperti che possono offrire guida, comprensione e piani di trattamento personalizzati per un percorso di recupero. I professionisti della salute sono tenuti alla riservatezza e manterranno private tutte le informazioni che condividerete”.

Cari amici, se è pur vero che viviamo nella Società dell’immagine, cerchiamo di restare sempre con i piedi per terra! Riconoscere i propri errori è sempre necessario, partendo dal necessario aiuto che possiamo ricevere in famiglia, a dai veri amici. Con caparbietà e tanta voglia di riscatto possiamo trovare la forza di iniziare un nuovo percorso di vita, più vero, più sano e soddisfacente!

A domani.

Mario

domenica, luglio 06, 2025

ENERGIA PER IL FUTURO. SCOPERTA UNA GRANDE RISERVA DI IDROGENO SOTTO LA CROSTA TERRESTRE CHE COPRIREBBE IL FABBISOGNO ENERGETICO PER OLTRE 170 MILA ANNI.


Oristano 6 luglio 2025

Cari amici,

Che la ricerca di fonti energetiche pulite, necessarie per soddisfare la crescente fame di energia, sia in costante aumento, è una grande, prioritaria realtà. Ebbene, di recente, è stata scoperta una grande riserva di idrogeno, definita «inesauribile», ritenuta addirittura sufficiente per il fabbisogno dei prossimi 170.000 anni di energia pulita! Una scoperta indubbiamente rivoluzionaria, che potrebbe davvero cambiare il futuro energetico del pianeta! Si trova nel sottosuolo terrestre, nascosta ma accessibile, ed è una grande (illimitata) fonte di energia da noi utilizzabile, oltre che pulita!

Sono stati i ricercatori delle Università di Oxford, Durham e Toronto, a scoprire questa immensa fonte energetica, che potrebbe rappresentare un punto di svolta nella transizione energetica globale. Gli scienziati hanno individuato vaste riserve di idrogeno naturale presenti poco al disotto della crosta terrestre, rivelando che la Terra ha prodotto enormi quantità di questo elemento nel corso di miliardi di anni. Secondo le prime stime, tali riserve, come accennato prima, potrebbero fornire energia pulita al pianeta per un tempo straordinariamente lungo!

Una scoperta straordinaria, di alto valore, che è stata anche pubblicata sulla rivista Nature Reviews Earth & Environment, e che conferma non solo la presenza di idrogeno in quantità molto più elevate di quanto precedentemente ipotizzato, ma anche la possibilità concreta di poterlo estrarre e utilizzare su scala industriale. Si tratta di idrogeno generato attraverso processi geochimici naturali, senza emissioni di CO₂, rendendolo così una fonte energetica a bassissimo impatto ambientale.

Amici, in un mondo costantemente alla disperata ricerca di soluzioni sostenibili, l’idrogeno naturale rappresenta un’alternativa concreta ai carburanti fossili, una fonte di energia pulita, abbondante e globalmente distribuita nel mondo, che potrebbe portare a soluzione la nostra crescente fame di energia. L’idrogeno è sempre stato considerato un vettore energetico fondamentale per un futuro sostenibile, ma la sua produzione era legata quasi esclusivamente a processi industriali ad alto impatto ambientale. Questo metodo, però, noto come produzione di idrogeno “grigio”, comporta significative emissioni di anidride carbonica.

Ora, però, la nuova scoperta cambia radicalmente lo scenario: l’idrogeno naturale, generato spontaneamente nella crosta terrestre, offre un’alternativa pulita e potenzialmente illimitata. Il team guidato dal professor Chris Ballentine dell’Università di Oxford ha analizzato i meccanismi geochimici che generano l’idrogeno all’interno delle rocce, come le reazioni tra l’acqua e i minerali ferrosi che separano l’idrogeno dall’ossigeno. Grazie a questa ricerca, per la prima volta è stata creata una mappa delle condizioni geologiche favorevoli alla formazione e conservazione di idrogeno naturale.

Una delle scoperte più sorprendenti di questa ricerca è che queste riserve di idrogeno non si trovano solo in profondità nel mantello terrestre, ma anche in formazioni geologiche più accessibili nella crosta terrestre, rendendo l’estrazione potenzialmente più semplice e meno costosa. Dalle montagne dell’Himalaya alle Alpi, passando per lo Scudo canadese, le zone con alta concentrazione di idrogeno si estendono su scala globale, rendendo questa risorsa disponibile in molti Paesi.

Amici, questa scoperta potrebbe davvero rivoluzionare il settore energetico globale. Secondo i ricercatori, con le competenze tecnologiche di oggi, l’estrazione di idrogeno potrebbe avvenire in modo efficiente, proprio come è stato fatto in passato con il petrolio, il gas e l’elio. Questo significa che, con le giuste tecniche geologiche e gli strumenti analitici, la produzione di idrogeno naturale potrebbe diventare economicamente competitiva già nei prossimi anni. L’impatto sul mercato energetico sarebbe enorme: l’industria dell’idrogeno, che attualmente è valutata 135 miliardi di dollari, potrebbe superare il trilione entro il 2050.

Cari amici, un allargato uso dell’idrogeno naturale, consentirebbe finalmente di ridurre drasticamente la dipendenza dai combustibili fossili, e, al tempo stesso, di abbattere le emissioni di CO₂ legate all’attuale produzione di idrogeno industriale. Inoltre, il fatto che le riserve siano distribuite in molte regioni del mondo (almeno 30 stati americani mostrano già segni promettenti), apre scenari geopolitici nuovi, con una maggiore equità nell’accesso alle risorse energetiche. Insomma, questa scoperta sarebbe davvero una soluzione concreta, capace di coniugare crescita economica e sostenibilità.

A domani.

Mario

sabato, luglio 05, 2025

SARDEGNA: UN PROGETTO PER RIMEDIARE AI DANNI CAUSATI DALLA SCOMPARSA DELLE FORESTE MARINE. INIZIAMO A RIFORESTARE IL MARE.


Oristano 5 luglio 2025

Cari amici,

Nel mondo, col passare dei secoli e dei millenni le foreste originarie sono andate via via scemando, tanto che alla fine si è deciso di rimediare ripiantando gli alberi, ovvero cercando di ricreare quelle foreste andate perdute! Tutto questo è avvenuto sulle terre emerse, ma c'è da dire che non basta! Infatti i danni sono avvenuti anche sotto i mari, dove le immense foreste di posidonia, in molti punti si sono talmente impoverite da creare seri problemi di desertificazione difficili da rimediare. La riforestazione, dunque, risulta di notevolissima importanza anche sotto i mari, perché “Ricostruire” la posidonia ha lo steso significato della riforestazione nei terreni, significa restituire vita agli abitanti del mare, come sulla terra, migliorando la vita e rendendo la nostra terra un mondo un mondo vivibile per noi e le nuove generazioni.

Quando si parla di riforestazione, amici, la prima cosa che pensiamo è la ricostruzione di un bosco andato perduto, magari in montagna o in collina; nelle zone alberate possiamo trascorrere del tempo passeggiando al fresco e godendo dell'aria purificata dagli alberi. Nel mondo ci sono numerosi progetti di riforestazione: dall'Amazzonia al Kenya, fino all’Europa. Alcune riforestazioni sono portate avanti da governi, altri interventi da associazioni o gruppi di cittadini. In molti casi si coinvolgono anche le comunità locali, che diventano parte attiva del cambiamento. Ovviamente, non basta piantare alberi a caso. Serve porre a dimora le varietà giuste, dando attenzione al clima, oltre ad un piano per farli crescere nel tempo. Ma, se fatta bene, la riforestazione è una delle armi più forti (e verdi) che abbiamo per riprenderci il futuro, che maldestramente abbiamo messo in pericolo!

Amici, come accennato prima. la perdita delle antiche foreste non riguarda solo quelle terrestri, con la stessa importanza riguarda anche quelle immense foreste di posidonia  sottomarina, parzialmente distrutta in diverse parti del mondo. Si, anche nei mari intorno alla nostra isola il menefreghismo dell’uomo ha messo in serio pericolo queste benefiche foreste sommerse. Anche in Sardegna, amici, i danni sono stati ingenti. Ebbene, nella splendida zona marina di Cala di Volpe, di recente è partito un progetto davvero interessante, che ha come obiettivo proprio il recupero della Posidonia oceanica, quella salutare pianta marina che è davvero vitale per l’ecosistema del Mediterraneo.

La Posidonia, amici, è una pianta vera e propria, con tanto di radici, foglie e tutto il resto. Crea delle praterie sotto il mare che sono un valido rifugio per mille specie di pesci, produce grandi quantità di ossigeno e serve da barriera naturale contro l’erosione delle coste. Il problema è che l’ancoraggio selvaggio delle barche, nel tempo, ha danneggiato moltissimo questi habitat. Già vent’anni fa era stato creato un campo boe per cercare di proteggere l’area, ma ora si è deciso di fare un passo in più.

Insomma, finalmente si è deciso di avviare un’azione di recupero seria e concreta. Come abbiamo appreso dai Media, in Sardegna è nato il progetto BLUE FOREST, definito la più grande riforestazione marina del Mediterraneo. È scaturito dalla collaborazione tra One Ocean Foundation e l’Università di Sassari, con il supporto tecnico della International School for Scientific Diving e con il sostegno di partner come Pirelli, che ha reso possibile l'avvio del progetto, e Smeralda Holding, insieme a una rete di aziende e istituzioni impegnate nella salvaguardia del mare.

L'intervento in questione interessa 80 ettari di mare all'interno del campo boe di Cala di Volpe, dove si trova una prateria di posidonia oceanica danneggiata prima che fossero regolamentati accessi e ancoraggi. L’obiettivo? Riforestarli per bene è lo scopo principale. Si è cominciato mappando il fondale per capire dove fosse più adatto il trapianto, e poi si è passati all’azione: talee di Posidonia piantate una ad una su 500 metri quadrati, usando delle biostuoie in fibra di cocco e reti metalliche.

Guidato da Giulia Ceccherelli del Dipartimento di Scienze Chimiche Fisiche Matematiche e Naturali dell'Università di Sassari e coordinato, sul piano tecnico, da Stefano Acunto (Issd), il progetto si distingue per un approccio scientifico e sperimentale volto a individuare soluzioni replicabili per la riforestazione marina su larga scala. La prima fase ha previsto la mappatura pre-intervento di circa 80 ettari di fondale, con l'obiettivo di individuare le aree idonee alla riforestazione. In pratica, ogni metro quadrato ne accoglie circa 20. E non finisce qui. Il progetto prevede un monitoraggio scientifico di tre anni, per capire se funziona e, si spera, se il successo sarà quello auspicato, di replicarlo anche altrove. È un esempio concreto di come la scienza, le istituzioni e le imprese possano davvero fare squadra per proteggere qualcosa di fragile e prezioso.

Cari amici, credo che l’iniziativa sia di alto valore, perché il mare, forse quanto e più della terra, va adeguatamente protetto, per poter lasciare alle nuove generazioni un mondo vivibile e sano. Allora, salviamo la POSIDONIA con la riforestazione marina!

A domani.

Mario

 

venerdì, luglio 04, 2025

HA TROVATO CASA ANCHE IN SARDEGNA IL “LIMONE CAVIALE” (PIÙ NOTO COME “FINGER LIME”). APPARTENENTE ALLA FAMIGLIA DELLE RUTACEEE, COLTIVARLO PUÒ DARE INTERESSANTI RISULTATI.


Oristano 4 luglio 2025

Cari amici,

Il FINGER LIME, chiamato anche limone caviale, è un agrume originario del sottobosco della foresta pluviale subtropicale dell’Australia nella quale la pianta nasce spontaneamente. È un albero spinoso sempreverde, di medie dimensioni (fino 20 m), con foglie piccole ed appuntite. I frutti sono pressoché tondi, da 3 a 5 cm di diametro, con buccia lucida bitorzoluta, piuttosto spessa (5–6 mm), mentre la polpa è acida è di colore verde pallido. È un frutto particolarissimo, e, data la sua lontana provenienza, risulta essere uno dei frutti più rari e costosi al mondo.

Il piccolo e tozzo frutto, una volta aperto, ha una polpa formata da tante piccole sfere traslucide che ricordano il caviale e rilasciano in bocca un gusto intenso e agrumato. Per questa sua curiosa particolarità è diventato un ingrediente di punta in cucina gourmet e mixology. Essendo questo frutto così particolare e richiesto dall’alta società, diversi operatori hanno provato a farlo crescere anche nelle nostre zone, e, in Italia, ha trovato la giusta terra e il clima adatto. Ebbene, ciò nonostante, seppure coltivato a casa nostra, il prezzo è rimasto elevato: circa 200 euro al chilo.

Si, amici, l'importanza e il gradimento di questo "limone caviale", o finger lime, dato il nostro clima, sta conquistando anche la Sardegna! Grazie, infatti, al clima particolare della nostra isola, la coltivazione di questa pianta ha trovato "il posto giusto" in particolare in Ogliastra, zona che sta diventando un importante centro di produzione di questo frutto pregiato. La sua coltivazione in Sardegna è relativamente recente, ma sta ottenendo buoni risultati, grazie proprio alle condizioni climatiche favorevoli. È proprio l'Ogliastra, con il suo clima subtropicale e la sua posizione costiera, che si è rivelata un ambiente ideale per la crescita di questa pianta. Inoltre, diverse aziende agricole sarde stanno investendo nella coltivazione del limone caviale, contribuendo alla diversificazione della produzione agrumaria dell'isola. Considerato che il nostro clima risulta adatto alla crescita di questo agrume, la sua coltivazione potrebbe garantire grandi soddisfazioni, proprio perché la richiesta di questo prodotto riguarda la fascia alta dei consumatori. Negli ultimi anni l’Ogliastra ha investito non poco in agricoltura innovativa, e questa coltivazione può costituire una nuova opportunità per l’agricoltura sarda di alta gamma.

Amici lettori, a prescindere dal gusto,  questo frutto è da considerarsi davvero benefico! Secondo gli studi più recenti, il suo consumo ha un effetto positivo sulla digestione, oltre a velocizzare l’assunzione dei nutrienti nell’organismo. Inoltre, così come il limone, anche il finger lime ha proprietà antisettiche, che rallentano lo sviluppo di malattie ed infezioni. Questo frutto contiene buone quantità di vitamina C, acido folico e potassio; l’azione congiunta di vitamine e sali minerali aiuta a nutrire l’organismo e a renderlo più forte, pronto ad affrontare qualsiasi tipo di sfida.

Un frutto davvero unico, amici, e, considerato il costo, lo si utilizza solo in piccole quantità, così da dare un particolare sprint in più al piatto finito. Bastano pochissime sfere per cambiare l’aspetto ed il sapore di diverse pietanze, regalando loro freschezza e novità. Gli chef le sfruttano sia per il loro sapore che per l’estetica, essendo completamente trasparenti e perfettamente sferiche. L’abbinamento più comune è con il pesce fresco, soprattutto il salmone. Il gusto dolce e delicato del pesce si lega benissimo all’acidulo del limone caviale, sia nelle tartare che sui crostini.

Una ricetta molto semplice da preparare è quella delle tartine al salmone con decorazione finale di limone caviale! Facili da preparare, sono perfette per sorprendere i propri ospiti in occasione di una cena in compagnia. Ecco un piccolo suggerimento per la preparazione. Basta acquistare della pasta sfoglia già fatta e posizionarla poi all’interno di una teglia per muffin. Dopo aver tagliato la pasta sfoglia per formare dei piccoli cestini, spennellarli poi con il rosso dell’uovo. Ora fateli cuocere in forno a 180° per un quarto d’ora, poi tirateli fuori e fateli raffreddare.

Una volta raffreddati, riempite i cestini con una crema di Philadelphia ed erba cipollina, aggiungendo poi una fettina di salmone affumicato. Ecco, ora completate aggiungendo qualche sfera di limone caviale e portate in tavola! I Vostri ospiti gradiranno di certo: è un piatto buonissimo e molto particolare, che riuscirà sicuramente a sorprendere chiunque. Un mio consiglio: accompagnate queste sapide tartine con un ottimo Vermentino di Sardegna!

A domani.

Mario