martedì, agosto 31, 2021

TRASFORMARE UN DESERTO IN FORESTA È POSSIBILE. ECCO IL SOGNO DI UN UOMO DIVENTATO REALTÀ, SEPPURE DOPO 40 ANNI. LA BELLA STORIA DEL LATTAIO INDIANO JADAV PAYENG.


Oristano 31agosto 2021

Cari amici,

Voglio chiudere i post di agosto parlando di ecologia e protezione dell'ambiente. La tristissima situazione in cui è caduta la Sardegna, dopo i violentissimi incendi di quest’estate, mi ha fatto riflettere molto. A prescindere dalla stupida violenza ecologica perpetrata dai piromani, che distruggono spesso senza motivo il bene comune, ci sono a monte omissioni e negligenze a livelli ben più alti, perché senza una seria politica di prevenzione nessun bene può essere salvaguardato seriamente, in quanto, come nel nostro caso, basta un cerino per scatenare un inferno.

La salvaguardia del pianeta e, in particolare, ognuno della propria terra, deve essere un impegno di tutti, nessuno escluso! Allora adottiamo subito un termine 'dimenticato', il termine “Prevenzione”, a cui poi siamo costretti ad aggiungerne un altro altrettanto valido, seppure a posteriori: “Ricostruzione”. Termine quest'ultimo che, però, non riguarda solo le squadre operative che il Governo sicuramente invierà nei luoghi devastati dagli incendi per piantare nuovi alberi e nuove essenze, ma tutti noi. In passato (chi ha la mia età lo ricorda bene) le campagne erano mille volte più curate di oggi; fasce tagliafuoco, sentieri sempre ben puliti, muretti a secco in ordine, soprattutto nelle zone con grandi dislivelli, sempre ripristinati in quanto capaci di contenere sia le abbondanti precipitazioni che i danni da fuoco. Oggi invece una delle cause maggiori per cui la Sardegna brucia è senz’altro l’abbandono delle campagne.

E quando dico tutti noi intendo proprio tutti. Quanti di noi fumando in auto gettano fuori dal finestrino la sigaretta accesa che sta per finire? Quanti in campagna accendono inopportunamente piccoli fuochi che poi non spengono nella maniera più consona? Quanti, in gita nelle campagne, lasciano l’auto calda dal viaggio con il motore a contatto con l’erba sottostante? Più di uno, credetemi, e questi sono solo dei pochi esempi, ma se ne potrebbero fare ben altri!

Se vogliamo  davvero salvaguardare la natura, sia la vegetazione che ci aiuta enormemente a vivere meglio che gli animali che la popolano, dobbiamo fare una cosa sola: “Amare e difendere la natura, perché è la nostra unica salvezza!”. Si, amare la natura come ha fatto e sta continuando a fare, per esempio, JADAV PAYENG, un indiano che in circa 40anni ha trasformato un’isoletta arida e priva di vegetazione in un bosco lussureggiante, vanto e orgoglio non solo suo ma di tutta la popolazione. Ecco per Voi la sua bella storia.

In India Majuli, è un’isola fluviale molto grande, posta sul fiume Brahmaputra (è forse la più grande del mondo); è sempre stata arida, sabbiosa e quasi sterile, sperduta nell’India settentrionale. In quest’isola vive Jadav Payeng, che di professione fa il lattaio; l’uomo fin da bambino aveva un chiodo fisso: proteggere l’ambiente. Innamorato della sua isola, seppure arida e priva di vegetazione, cercava in ogni modo di trasformarla in un bosco lussureggiante, cosa certamente non semplice, che poteva apparire quasi una battaglia persa in partenza. Jadav, però, caparbiamente ha voluto provarci.

Tutto iniziò quando, da adolescente, con i suoi 15/16 anni, Jadav Payeng rimase scioccato, dopo aver assistito a una triste scena: moltissimi serpenti morti erano sparsi lungo le coste dell’isola di Majuli, in quanto le inondazioni li avevano trascinati sulle sue rive, dove erano morti a causa del caldo e della mancanza di ombra. Il ragazzo pensò allora che se l’isola fosse stata alberata, anziché arida e sabbiosa, si sarebbero certamente salvati. Rimasto profondamente turbato, fece a sé stesso una promessa: dedicare la sua vita a trasformare quella sabbiosa e arida isola in un bosco, piantando un albero ogni giorno, per tutto il resto della sua vita.

Quel sogno iniziò a prendere corpo nel 1979 e oggi, dopo 40 anni, è diventato realtà! Grazie a lui è nata la “Foresta Mulay”, una foresta, amici, creata giorno dopo giorno con le sue mani, senza mai mollare. Un sogno mica piccolo, dato che quel lembo di terra da lui coltivato è più grande del Central Park e più di 12 volte la dimensione della Città del Vaticano! Ora, grazie a Jadav, la foresta da lui creata contribuisce a preservare l’ecosistema locale e la fauna selvatica nativa, tanto che ospita tigri del Bengala, cervi, rinoceronti, avvoltoi, elefanti e, naturalmente, serpenti. E non è tutto, in quanto il rimboschimento ha anche reso Majuli più sicura, grazie agli alberi che ancorano la terra dell’isola e proteggono l’area dall’erosione.

Cari amici, Jadav ha un carattere schivo e non ama molto salire sul palcoscenico per le cose che ha realizzato. Quanto da lui realizzato sarebbe addirittura rimasto un segreto se non fosse stato per il fotoreporter indiano Jitu Kalita, che ha scoperto la foresta sconosciuta mentre era in viaggio, nel 2007, per fotografare degli uccelli. Kalita ha avuto allora l’idea di far conoscere al mondo questa storia straordinaria, filmando un documentario sul lavoro di Jadav, intitolato Forest Man. Un lavoro davvero meraviglioso, tanto che gli sforzi e la dedizione dimostrata da Jadav nei confronti della natura alla fine non sono passati inosservati; persino l’ex Presidente dell’India si è complimentato con lui, conferendogli il titolo di: “Forest Man of India”.

Amici, un grande esempio anche per noi sardi, quello di Jadav Payeng, esempio che, se volessimo imitarlo, potremo anche noi fare della nostra Sardegna un grande giardino incantato!

A domani.

Mario

lunedì, agosto 30, 2021

LA FINE IMMINENTE DEL “TELEFONO FISSO”. IN FRANCIA E NEL REGNO UNITO SCOMPARIRÀ ENTRO IL 2025. E IN ITALIA COSA SUCCEDERÀ?

EVOLUZIONE

Oristano 30 agosto 2021

Cari amici,

Tutto ha un termine: l’evoluzione, unitamente alle nuove tecnologie, in tempi più o meno brevi rendono obsoleto ciò che prima sembrava addirittura innovativo e indispensabile. Dalla ruota al carretto, dalla bicicletta alla moto e all’auto, fino a navi e aerei, tutto è avvenuto in perenne cambiamento e in tutti i settori, nella certezza che non avrà mai fine. Ebbene, amici, oggi voglio parlare con Voi di telefonia fissa, considerato che a breve questo sistema andrà in soffitta, soppiantato definitivamente dalla telefonia mobile.

In circa mezzo secolo siamo passati dal telefono presente solo in alcuni “posti pubblici” al telefono casalingo e alle cabine telefoniche poste nelle piazze più trafficate delle città, per arrivare poi ai primi cellulari (inizialmente ingombranti come pacchi postali) fino agli attuali leggerissimi smartphone, che, oltre che come telefono, funzionano praticamente come delle stazioni computerizzate, capaci di svolgere mille funzioni oltre che fare e ricevere telefonate. Ma tutto, come accennato in premessa, ha un termine e anche il “telefono fisso” possiamo dire che è arrivato al capolinea.

Si, per alcuni anche con rammarico, ma la “Morte annunciata” del telefono fisso personalmente mi riporta alla mente tutto quelle ore trascorse in attesa di chiamate trascorse in ansia, guardando muto quel telefono nero in bachelite, con la grossa cornetta e il disco con i grossi numeri per impostare le chiamate. È un’era che ci lascia, ci piaccia o no! Per ora gli unici che continuano a mantenere il telefono fisso come strumento di comunicazione sono le persone anziane, quelle che secondo i dati raccolti da Auditel-Censis sono i più difficili da convertire allo smartphone. I dati impietosi lo dicono senza ritegno: fino al 2010-2012 il ‘fisso’ era presente nel 70% delle famiglie, poi con la nascita degli smartphone e l’avanzare di Internet, lentamente ma inesorabilmente il 'mobile' è riuscito a battere il telefono fisso, che ora non ha più molti motivi per esistere.

Dolci ricordi come questi possono averli solo persone della mia età! “Dopo le 18.30, tre minuti in teleselezione da Milano a Catania costano come un cono gelato”. Questa è una frase pubblicitaria dei tempi storici, (diciamo di trent’anni fa), che un giovane di oggi non capirebbe mai, e che anche chi è un po’ più grandicello stenta a decifrare. Già! Un tempo c’erano le interurbane, c’erano le cabine con gettoni e tessera, c’era la teleselezione. All’epoca non era insolito rimandare le telefonate (e le prime timide connessioni a Internet) a subito dopo l’ora di cena o addirittura al mattino presto (per i costi), in un mondo in cui la telefonia mobile era ancora un miraggio e c’era l’ansia di non trovare nessuno, o trovare occupato.

Ora tutto continua a cambiare. In Europa già alcuni Paesi hanno incentrato le loro politiche commerciali sull'abbandono della linea casalinga, come la Francia, dove i contratti di telefonia fissa oramai non esistono più. L'abbandono completo della vecchia tecnologia in questo Paese è previsto dal 2023. In Gran Bretagna, invece, entro il 2025 non si utilizzeranno più i telefoni fissi. Stando a quanto ha riportato il Daily Mail, fautori del passaggio epocale sono le compagnie di telecomunicazione che, in tutto il Paese, mirano a favorire il passaggio alla telefonia mobile, anche grazie al 5G.

Per questo i principali operatori offrono oramai canoni in abbonamento che non comprendono più le chiamate illimitate da un numero fisso ma solo il collegamento a internet domestico e, spesso, una scheda Sim per lo smartphone, così da incrementare lo 'switch' verso il mobile. Tuttavia, in Gran Bretagna sono emerse delle critiche per l'operazione, soprattutto nei riguardi delle persone più anziane, prive di un cellulare e di una rete internet. La direttrice dell'associazione Age UK, Caroline Abrahams, ha infatti dichiarato: "dato che circa la metà delle persone anziane di età superiore ai 75 anni non è online, potrebbe esservi un serio problema di comunicazione per i nostri cittadini".

Cari amici, in realtà la scomparsa del telefono fisso non è la conseguenza dello spegnimento di antenne o delle infrastrutture dedicate. Si tratta semplicemente di un trend che, in Gran Bretagna come del resto in Europa, si palesa come evidentemente legato allo sviluppo di servizi differenti. Per ora, le principali organizzazioni telefoniche inglesi hanno già rassicurati i britannici su un 'accompagnamento' verso la tecnologia mobile anche attraverso speciali offerte, sia sull'acquisto di smartphone che particolari piani 'solo voce' per gli over 70. E in Italia cosa sta accadendo? Sicuramente qualcosa bolle in pentola, ma lo scopriremo in un prossimo post!

A domani.

Mario
UN BEL PEZZO DA MUSEO

domenica, agosto 29, 2021

IL FENOMENO “UFO” STA SCATENANDO LA NOSTRA FANTASIA PER GLI ALIENI IN TUTTO IL MONDO. L’ULTIMA BUFALA: I MAYA ERANO EXTRATERRESTRI!


Oristano 29 agosto 2021

Cari amici,

I geroglifici di Abydos 

La “voglia” di scoprire se presso di noi siano presenti persone extraterrestri, provenienti da altri mondi è sempre stata grande, ora risulta addirittura in aumento, e ogni giorno che passa si parla sempre più di avvistamenti di dischi volanti, così come di tracce lasciate nel passato da civiltà di altri mondi, che sarebbero arrivate sulla terra forse in fuga da altri pianeti. Si è ipotizzato che degli extraterrestri fossero presenti nella civiltà egizia, così come, di recente, si mormora di oggetti rinvenuti in Messico, che farebbero presupporre, addirittura, che la civiltà Maya fosse di origine aliena.

L'astronauta di Palenque

Su una pietra tombale Maya ritrovata nel Tempio delle Iscrizioni di Palenque, è ritratta una figura apparentemente umana in una posa che ricorda quella di un viaggiatore spaziale intento a pilotare un veicolo a razzo. Questo individuo sembra impugnare i comandi di guida, mentre nella parte posteriore del veicolo compare una struttura (un motore?) da cui fuoriescono quelle che appaiono essere fiamme. Altri dettagli suggeriscono la presenza di un sedile, di un apparato di respirazione e di una struttura esterna affusolata che ben si concilia con l’aspetto di un veicolo a razzo.

Si, amici, di recente è tornata a circolare in rete la storia di una scoperta fatta da non meglio qualificato gruppo di “archeologi indipendenti”, che in un sito archeologico messicano avrebbero rinvenuto delle tavolette Maya recanti inequivocabili figure aliene. Si tratta delle così dette “Pietre del primo incontro”. Dal colore verdastro delle iscrizioni i sedicenti archeologi sostengono che siano fatte di giada. Il luogo della scoperta è una località nei pressi di Puebla (Veracruz). Insomma, la bufala degli antichi astronauti alieni, arrivati sulla terra in fuga da altri mondi, viene costantemente alimentata.

La tesi degli “Antichi Alieni” in realtà non è nuova. È questa una teoria secondo cui l’umanità avrebbe avuto contatti con gli extraterrestri nel lontano passato; una leggenda che è stata riproposta da diversi autori senza, però, che mai nessuno sia riuscito a presentare una prova. Il ritrovamento delle "pietre" in Messico non è certo la chiave di volta per confermare queste storie, anzi. Innanzitutto gli autori della “scoperta” non sono veri archeologi, ma semplicemente membri di un’associazione di cercatori di metalli, la Master Detector, come si può capire dando un’occhiata al logo delle magliette che indossano.

Questo gruppo di “sedicenti archeologi” ha pubblicato delle foto di presunti pezzi archeologici trovati negli scavi per il treno Maya. All’apparenza non sono preispaniche ma la cosa più sicura è che siano invenzioni artigianali dei nostri giorni, che tentano di accreditare realtà inesistenti. Da anni questi falsari cercano di accreditare queste “creazioni” come degli originali. Il primo luogo in cui sarebbero emersi questi straordinari pezzi è stato ad Ojuelos Jalisco, e uno dei ” casi ” più conosciuti è quello della grotta a Veracruz dove sono state prese tavolette con la stessa tecnica e incisioni.

Per ora ai falsificatori è andata bene, perché nel mondo ci sono molte persone che fanno collezione di queste curiose sculture, e che pagano addirittura costi elevati per acquisirle, in quanto entusiasti del fenomeno UFO e convinti di acquisire dei pezzi unici di grande valore storico. Ad un esame più attento, è facile identificare questi reperti, in quanto non sono preispanici e nemmeno antichi, poiché le incisioni non corrispondono a nessuna cultura e ci sono errori come l’unire simboli Maya con Aztechi, con alieni e persino anche le linee di Nazca del Perù, che hanno creato queste figure. Gli autori, in realtà, seppure bravi e abbastanza creativi e abili, non sono a conoscenza delle culture preispaniche, o precolombiane, così come anche dei periodi e delle regioni di ognuna. Quindi ad un occhio esperto appare chiaro che sono solo dei FALSI!

Marco Montermini

Tornando alle così dette “Pietre del primo incontro”, c’è da dire che nonostante i sedicenti archeologi abbiano fatto delle chiamate all’Istituto archeologico messicano per accertarne il ritrovamento, i responsabili dell'Istituto hanno sempre taciuto, preferendo non rispondere; inoltre c’è da dire che i Maya nella regione e nell’epoca descritti non ci sono mai stati! Sulla strana e poco credibile scoperta è stato chiesto un parere all’archeologo Marco Montermini, divulgatore di EduTube Italia, che ha avuto modo di consultare per noi anche altri colleghi esperti di civiltà Maya: «Siamo parecchio fuori dal territorio Maya del periodo classico (250 km circa) e ben lontani dalle fonti meglio conosciute di recupero della giada come materiale (Guatemala). In entrambi i casi vuol dire poco o nulla, perché poi nel periodo post classico i Maya erano comunque lì e la giada (giadeite) veniva comunque portata anche a distanza, ma lì ce n’è veramente tanta a sentir loro, ed un materiale così prezioso in così poco spazio; insomma, un ritrovamento decisamente poco credibile».

Cari amici, che gli alieni, gli extraterrestri, e i dischi volanti o UFO, come ora preferiamo chiamarli sempre più spesso, siano un forte richiamo da parte nostra, è certamente vero. Quanto ai misteriosi ritrovamenti c’è anche da dire che, in caso di reale ritrovamento è necessario lasciare sul posto quanto ritrovato, e farlo analizzare e repertare da veri archeologi professionisti, non certo da praticoni maldestri o archeologi improvvisati, che vogliono solo turlupinarci.

A domani.

Mario

   

 

sabato, agosto 28, 2021

CAMMINARE IN UNA CITTÀ PROFUMATA, PENSATE SIA UN’UTOPIA? NO, A GENOVA È DIVENTATA REALTÀ. COL PROGETTO “GENOVA PROFUMATA”. TRE RAGAZZI HANNO INONDATO DI PROFUMO IL CENTRO STORICO.


Oristano 28 agosto 2021

Cari amici,

Martino, Filippo e Giacomo sono tre ragazzi ingegnosi che qualche tempo fa,  per lanciare nel migliore dei modi il loro brand, quello di “Euthalia Fragrances”, una linea di diffusori profumati a bastoncini, hanno realizzato un sogno che covavano nel cassetto: quello di fare della città di Genova la prima città profumata al mondo. La città di Genova, con un sindaco come Marco Bucci, non solo non ha esitato, quando ha sentito l’idea propostagli, ma ci si è buttato a capofitto, accettando immediatamente l’offerta. Gli sono brillati gli occhi, al pensiero del risultato, anche considerato che l’offerta fatta per migliorare la città era del tutto gratis!

L’idea era davvero allettante, visto che la profumazione proposta lo mandava in un brodo di giuggiole, in quanto  alla base della profumazione del centro storico della città c’era il basilico, simbolo  fortemente identitario per la città ligure. Dopo l’approvazione del Sindaco, i tre giovanissimi titolari di Euthalia sono passati alla fase due, che è stata quella di elaborare una fragranza che è stata battezzata “Genova” e che mette insieme la nota di basilico, i sapori e i profumi delle erbe aromatiche della riviera ligure e nella combinazione dei sapori e dei profumi creava il collegamento con la storia delle Repubbliche marinare.

E, finalmente, in un percorso di oltre due chilometri e con cinquecento litri di essenza sprigionati in tutto il centro storico”, la fragranza “Genova” ha delicatamente inondato i vicoli e le strade del capoluogo ligure per un mese, dal 12 settembre al 13 ottobre 2019; e così, tra i vicoli del centro storico della Superba Genova, ma anche all'Aeroporto Cristoforo Colombo, nella Stazione Marittima e all'Accoglienza del Salone Nautico 2019, per la prima volta al mondo, una città veniva inondata di un proprio profumo ufficiale: una suggestione sensoriale diffusa su un percorso olfattivo di oltre due chilometri tra le meraviglie della città antica.

Euthalia Fragrances ha sviluppato l'essenza Genova con il sostegno del Comune di Genova, di Regione Liguria e di Confcommercio Genova. Sponsor del progetto sono stati Gruppo Boero, Circolo - A ed Ett - People and Technology, mentre i partner sono Camera di Commercio Genova, Gruppo Giovani Imprenditori ConfCommercio Genova e Confesercenti Genova. A collaborare anche Stazioni Marittime, Aeroporto di Genova, Marina Genova e Simone Paoletti Architettura. Euthalia Fragrances è anche technical partner del 59° Salone Nautico di Genova.

Insomma, la scommessa dei tre ragazzi genovesi, Martino e Filippo Gavazzi e Giacomo Bertirotti, è stata quella di profumare per un mese la città con una fragranza particolare - in concomitanza con il Salone Nautico Internazionale, che poi, nell’edizione successiva, è stata la prima Fiera mondiale della ripresa lo scorso anno - con l’idea di fare di Genova la prima città profumata al mondo. Ed è così che, con un’idea straordinaria, i tre ragazzi sono riusciti a lanciare nel migliore dei modi il loro brand, quello di “Euthalia Fragrancies”, una linea di diffusori a bastoncini che è immediatamente diventata una delle più amate nel polo del lusso italiano, ma anche a realizzare il loro sogno “che era quello di fare del capoluogo ligure la prima città profumata al mondo.

Cari amici, dopo questo successo i tre ragazzi, Martino, Filippo e Giacomo, non escludono di ripetere l’esperienza profumando altre città italiane e anche straniere, per cui sono già in corso trattative. Fra i possibili nuovi obiettivi, ovvero la ripetizione dell’esperimento in altre città, c’è anche la Sardegna, una terra dove i profumi antichi e meravigliosi sono di casa! Nella nostra terra abbinare gli straordinari sapori e profumi naturali che possediamo credo che potrà essere ancora più semplice, e i ragazzi saranno certamente capaci  “di colpire i nostri cinque sensi” e quelli dei nostri amati visitatori di ogni livello e rango, offrendo loro anche la vasta gamma dei prodotti  di “Euthalia Fragrancies”.

La storia di questi ragazzi, capaci e innovativi, mi è piaciuta molto e certamente con la loro inventiva sapranno dare vita non solo al miglioramento olfattivo delle nostre città, ma anche a sviluppare nel mondo, nel modo più adeguato, la loro capacità di fornire quelle straordinarie, speciali profumazioni, già tanto gradite dal polo del lusso. Ad maiora!

A domani.

Mario

venerdì, agosto 27, 2021

LA RICETTA DI DRAGHI PER LA LOTTA ALL’EVASIONE. UNA VERA RIVOLUZIONE O L’ENNESIMO BUCO NELL’ACQUA?



Oristano 27 agosto 2021

Car amici,

L’evasione fiscale in Italia è da tempo ai livelli di una “Repubblica delle banane”. Ogni anno il MEF pubblica un rapporto, redatto da un’apposita commissione, sull’Economia non osservata e sull’evasione fiscale. L’ultimo studio del Ministero dell’Economia riporta che nel 2017 (ultimi dati completi disponibili) il tax gap ammontava a oltre 108 miliardi di euro. Per altri sarebbe addirittura di circa 200 miliardi di euro. Il totale europeo, invece, supererebbe gli 800 miliardi, collocando, comunque l’Italia come la prima in Europa, seguita dalla Germania con circa 125 miliardi di evasione.

Vi è poi l’elusione fiscale, cioè l’utilizzo di tutte le cosiddette “strade legali” e di alcuni trucchi per sottrarsi al fisco. La praticano in particolare le grandi imprese internazionali. Sfruttano i paradisi fiscali, ancora legalmente irraggiungibili dalle autorità degli Stati. Sono noti i casi legali nei confronti, per esempio, di Amazon, Facebook, Google, Apple e di altri giganti del web. Si calcola che l’elusione dei grandi gruppi esteri in Italia potrebbe generare ammanchi di entrate tra i 5 e i 20 miliardi di euro (a secondo delle stime adottate). A tutto ciò si dovrebbero aggiungere le attività illegali (prostituzione, droga, criminalità organizzata, ecc.) che nei calcoli stranamente non sono prese in considerazione.

Ebbene, ora il piano annunciato dal Governo presieduto da Mario Draghi per la lotta all’evasione sembra imboccare una “strada nuova”: l’obiettivo è ambizioso: recuperare oltre 12 miliardi in tre anni, ovvero entro il 2024. E per farlo l’ex Presidente della BCE punta forte sulle tecnologie digitali ed in particolare sui “Big data”. Per chiarire, con il termine big data viene indicata la raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati resa possibile, negli ultimi anni, dai progressi nella potenza di calcolo dei computer e nelle tecniche di intelligenza artificiale.

Attraverso questo sistema l’obiettivo del Governo è quello di costruire, grazie all’analisi dei big data, dei modelli di rischio di evasione fiscale che saranno utilizzati per guidare i controlli. Tradotto in termini più semplici: i modelli consentiranno di comprendere meglio il fenomeno dell’evasione e di associare a ciascun contribuente un indice di rischio di evasione che guiderà l’azione dell’Agenzia delle entrate. Oltre all’utilizzo delle nuove tecnologie digitali il governo Draghi punta anche sulla compliance, ovvero sull’adempimento spontaneo del contribuente che sarà invitato a chiarire eventuali posizioni incongruenti tra quanto dichiarato e quanto effettivamente versato al fisco. Il piano del recupero prevede delle tappe molto precise: entro il 2023 è previsto il recupero di almeno 4 miliardi che diventeranno 12,6 miliardi entro il 2024. Riuscirà Draghi ad avere successo dove hanno fallito tutti i suoi predecessori?

Il Presidente Draghi, come ha ribadito più volte, ha dichiarato che «Serve una riforma del fisco, ma complessiva», in quanto «Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta». Sulla riforma fiscale il Presidente del Consiglio ha ipotizzato una strada lunga, che punta a un intervento a tutto campo per arrivare a una «revisione profonda dell’Irpef», fatta di «razionalizzazioni e semplificazioni del prelievo», in grado di «ridurre gradualmente il carico fiscale» trovando le risorse per farlo in un «rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione».

Per riassumere l’idea del metodo che ha intenzione di imporre alla politica, Draghi indica due modelli: il primo è italiano e risale alla riforma Visentini del 1971 che di fatto regge ancora oggi l’architettura fiscale del Paese; il secondo invece è danese: a Copenhagen nel 2008 fu nominata una «commissione di esperti» che dopo un confronto con partiti e parti sociali presentò al Parlamento un progetto di riduzione del carico fiscale per due punti di Pil, con un taglio all’ultima aliquota marginale e un aumento della soglia di esenzione.

Cari amici, in passato, nei suoi numerosi incarichi di responsabilità ricevuti, il Presidente Draghi non si è mai lasciato abbattere dalle difficoltà, ma ha sempre tenuto la barra a dritta per arrivare al traguardo. Conoscendolo, credo che questa volta le sue promesse non saranno chiacchiere, ma finalmente, c'è da sperarlo, fatti concreti.

A domani.

Mario

giovedì, agosto 26, 2021

IL CARRUBO, PIANTA ANTICHISSIMA CHE VIVE OLTRE I 500 ANNI, I CUI FRUTTI (LE CARRUBE) HANNO NON POCHE PROPRIETÀ BENEFICHE.


Oristano 26 agosto 2021

Cari amici,

Oggi voglio parlare con Voi del Carrubo, un albero sempreverde dall’aspetto maestoso (arriva anche all‘altezza di 10 metri), che vive fino a 500 anni e trova il suo habitat naturale in terreni rocciosi e calcarei con climi caldi. Originario della Siria, si è poi diffuso in Europa, Africa Settentrionale, Medio Oriente e Asia Occidentale; oggi viene coltivato in particolare in Spagna, Portogallo, Africa, in alcuni Paesi del Medio Oriente e anche nel sud dell’Italia, Sardegna compresa.

Quest’albero, noto fin dall’antichità, ha generato miti e leggende, dato che i suoi frutti, importantissimi dal punto di vita alimentare, sono stati in passato chiamati anche “Pane di San Giovanni”. Secondo la leggenda, infatti, il santo si sarebbe nutrito di questa pianta durante i lunghi periodi di ascesi nel deserto. Il suo nome deriva dall’arabo “kharrūb” che significa “carato”, probabilmente perché si riteneva che i semi delle carrube avessero sempre lo stesso peso (1 quinto di grammo) e perciò era possibile usarli per pesare l’oro e le pietre preziose.

Questo maestoso albero sempreverde (il cui nome scientifico è Ceratonia siliqua), appartiene alla stessa famiglia dei legumi, quella delle Fabaceae e al genere Ceratonia. Si tratta sicuramente di un albero dal fascino antico, dal momento che può raggiungere anche i 10 metri di altezza e i 500 anni di età. È dimostrato che i suoi frutti venivano utilizzati già dagli antichi Egizi e dal popolo dei Berberi in Marocco, che attribuivano loro proprietà ricostituenti per lo stomaco.

All’aspetto il carrubo presenta foglie grandi e spesse di colore verde scuro, lucido, e in estate produce numerosi fiori rossastri, anche se a fruttificare sono solo le piante femminili. I frutti, le carrube, sono dei baccelli verdi (che diventano marrone scuro a maturità) lunghi circa 15 cm, che contengono dei semi durissimi, rotondi e piatti, anch’essi commestibili (previa lavorazione). Le carrube sono anche un’ottima alternativa al cacao (per chi soffre di intolleranza per questo alimento), perché la polpa delle carrube ha un sapore dolciastro, simile a quello del cacao, senza però le stesse calorie. Per di più, la carruba è priva di glutine e quindi adatta anche a chi soffre di celiachia.

A prima vista, le carrube assomigliano a dei baccelli di fagiolo, ma sono più grandi e a maturazione diventano, come detto, di colore marrone scuro. Si mangia la polpa, dalla consistenza piuttosto carnosa e il sapore assomiglia inaspettatamente a quello del cacao. Nel nostro Paese il carrubo vegeta bene al Sud, in particolare in Sicilia, Sardegna e sul promontorio dell'Argentario, in Toscana. Per crescere bene gli alberi di carrubo hanno infatti bisogno di climi caldi e terreni rocciosi e calcarei.

Ai tempi della civiltà contadina nelle stradine delle campagne, si vedevano grandi e piccini che staccavano dall’albero i baccelli maturi e li masticavano come si fa con le caramelle, mentre oggi le carrube si trovano solo in supermercati selezionati. L’analisi della composizione delle carrube ha rivelato l’alta presenza di fibre e polifenoli, capaci di abbassare i livelli di colesterolo nel sangue; le carrube contengono anche molte vitamine, soprattutto quelle del gruppo B, e sali minerali che le rendono quasi un integratore naturale. Il consumo di carrube è anche un coadiuvante nelle diete dimagranti grazie al fatto che crea un senso di sazietà; sono inoltre un alimento astringente, antiemorragico, antiacido e antisecretivo gastrico.

Anche l’infuso di carrube è utilizzato come rimedio officinale, capace di calmare la tosse, lenire il mal di gola e schiarire la voce; un uso, quest’ultimo, fatto anche dai cantanti lirici fino al secolo scorso. Questo infuso è anche una bevanda tipica del Ramadan; è semplice da preparare, e che va bene per tutti: basta lasciare in acqua fredda le carrube spezzate per un paio d’ore. Ne viene fuori una bevanda dolcissima che si beve dopo il tramonto e che reintegra zuccheri, liquidi e sali perduti durante il digiuno rituale.

Cari amici, se dopo aver letto queste righe la curiosità vi stimola a provarne il consumo, sappiate che le carrube, che potete trovare al supermercato (oppure anche in campagna), potete consumarle in diversi modi; intanto dovete sapere che sono un ottimo ingrediente per i dolci, soprattutto per quelli a base di cioccolato. Possiamo utilizzare, poi, la polpa come un sostituto del cacao, rendendo la preparazione un po' più salutare. Inoltre, possiamo consumare i frutti essiccati, dopo averli macinati e ridotti in farina, che possiamo utilizzare per tantissime ricette. Insomma, la carruba è un alimento che si presta davvero a tanti usi in cucina.

Ciao, amici, a domani.

Mario