Oristano 2 agosto 2021
Cari amici,
La dominazione dei popoli
più forti e industrializzati, nei confronti di quelli più arretrati e deboli,
come sappiamo è sempre esistita. In epoca coloniale, per esempio, l’India era colonia britannica. Dopo le lotte per l’indipendenza,
la parte orientale del Bengala era una delle aree più povere dell’India britannica.
Ottenuta l’indipendenza dal Regno Unito nel 1947, quella zona divenne il
Pakistan Orientale. Nel 1971, dopo essersi dichiarato indipendente, il
territorio del Bangladesh divenne ancora più povero, poiché il Pakistan combatté
una terribile guerra per non perderlo, distruggendo una buona parte delle sue
scarse risorse e uccidendo molti dei suoi migliori e più brillanti cittadini. E
ora, in pieno Terzo Millennio, che ne è del Bangladesh?
In realtà per il
Bangladesh (come del resto per diversi altri Paesi) poco è cambiato, in quanto
la sua grande povertà ne fa un Pese sempre succube dei “colonizzatori moderni”,
che, approfittando proprio della sua debolezza economica, ne violentano il
territorio e le popolazioni. Sono i materiali importanti per l’economia moderna
ad attirare le grandi multinazionali della tecnologia in questi Paesi poveri. Ed
ecco, dunque, le numerose “guerre invisibili”, che si scatenano per il controllo
delle loro preziose risorse.
Risorse come il COLTAN, minerale
meglio noto come la "sabbia", assolutamente necessario per costruire telefonini e
computer, oppure come i diamanti e il petrolio, per citare le risorse più famose e richieste, e
che avviluppano nelle spire dello sfruttamento diversi Paesi, considerati “portatori
d’acqua” nella logica della globalizzazione che non si arresta di fronte a
nulla, complice anche il colpevole silenzio della stampa internazionale. Il
costo umano di questa moderna “colonizzazione” è altissimo, se si pensa che
sono coinvolti tantissimi bambini che lavorano in cave, miniere e lavori
pesantissimi.
Nel Bangladesh i bambini sono in
particolare utilizzati nelle numerose miniere e nelle grandi fabbriche di mattoni. Nel
Paese asiatico, infatti, esistono più di undicimila fabbriche di laterizi. Ci
lavorano uomini, donne e bambini, che cominciano a lavorare a sei anni. Non c'è
differenza con la paga prevista per gli adulti: il compenso è proporzionale
alla quantità di mattoni che ognuno riesce a trasportare. Il Bangladesh è oggi il
nono Paese più inquinato della terra! La Banca Mondiale ha, però, avviato un
progetto ecologico che potrebbe salvare migliaia di vite umane, in particolare
quelle dei giovanissimi.
Grazie alle diverse
operazioni di sensibilizzazione, il Bangladesh inizia ora a sognare un futuro più sostenibile;
la montagna di rifiuti tossici che avvelenano il Paese, grazie ad un
intelligente progetto in corso, sarà trasformata in mattoni. Il governo, intanto,
ha già dato il via all’abbattimento
delle migliaia di fornaci illegali che avvelenavano l’aria delle città. L’obiettivo
è che nel giro di pochi anni il Bangladesh riesca a cambiare radicalmente
aspetto: da Paese inquinato, oltre che povero, a nazione sostenibile, dove le
condizioni di vita dovranno migliorare per tutti.
Una trasformazione certamente
difficile, iniziata nel 2019, e che proseguirà per i prossimi anni. I sacrifici
per la popolazione saranno immensi, ma chi è oggi al potere ritiene che sia
l’unica strada percorribile. Intanto si parte con la demolizione delle migliaia
di fornaci che, illegalmente, avvelenano l’aria delle città. Negli anni scorsi,
nella capitale Dhaka - dove un monitoraggio indipendente sulla qualità
dell’aria aveva definito la città la più inquinata al mondo -, ne sono state
rase al suolo diverse decine, e i lavoratori sono stati costretti a tornare nei
villaggi di origine, dove per il momento a farla da padrone sono fame ed
erosione costiera.
Il loro futuro non è
certamente roseo, ma una soluzione potrebbe essere lì, nascosta poco dietro
allo stesso problema. Secondo gli ambientalisti il ciclo infernale oggi in
essere, che uccide ambiente e lavoratori, potrebbe esser trasformato. E dato
che il settore dell’edilizia è uno dei pochi in forte crescita la soluzione in
grado di render tutti felici potrebbe esser quella di produrre un nuovo mattone
realizzato con i rifiuti industriali che abbondano: in un colpo solo si creerebbero
posti di lavoro e si salvaguarderebbe anche la qualità dell’aria…
Il nuovo mattone sarebbe
concorrenziale ai tradizionali blocchi di argilla e cemento. Una prima
sperimentazione è stata condotta dal Manower Sadique della School of civil
engineering and built environment della Liverpool John Moores University e da
Sadiqul Islam della Chittagong University of Engineering & Technology
(CUET) che confermano la sua validità, con caratteristiche di forza robustezza
e durata equivalenti al tradizionale mattone. Si tratta inoltre di un mattone
crudo, il che “significa enormi risparmi di carbone e legname, riducendo sia
l’inquinamento atmosferico che la creazione di carbonio”.
Trattandosi poi di
materiali di scarto la produzione non andrebbe a intaccare le risorse naturali.
L’estrazione dell’argilla, ad esempio, richiede l’esproprio dei terreni anche
agricoli che, una volta sfruttati, finiscono con l’esser irrimediabilmente
improduttivi. Invece, spiegano i ricercatori della Liverpool John Moores
University: “Questo nuovo mattone non utilizza risorse primarie e offre le
stesse caratteristiche di un mattone convenzionale”. Non richiedendo inoltre
alte temperature, né alcuna polimerizzazione in acqua i vantaggi sono evidenti.
“È pronto all’uso dopo appena 7 giorni di essiccature all’aria”, evidenzia uno
dei ricercatori. La sua produzione sarà inoltre alla portata dei piccoli
produttori: le opportunità di crescita economica sono quindi notevoli.
Cari amici, è tempo che i
Paesi industrializzati smettano di sfruttare i Paesi poveri, come in realtà è
stato fatto per secoli. Il Bangladesh, come tanti altri Paesi vittime dello
sfruttamento (dall’Africa all’Oriente, poco cambia), è alla disperata ricerca
di alternative al suo stato di Paese povero e violentato, perché la sua
rinascita, una volta che la ripresa si sarà consolidata, contribuirà al
miglioramento dell’ambiente, sempre più pericolosamente inquinato, salvaguardando
il mondo da una catastrofe che appare sempre più vicina…
A domani.
Mario
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