Oristano 31agosto 2021
Cari amici,
Voglio chiudere i post di agosto parlando di ecologia e protezione dell'ambiente. La tristissima situazione
in cui è caduta la Sardegna, dopo i violentissimi incendi di quest’estate, mi ha
fatto riflettere molto. A prescindere dalla stupida violenza ecologica perpetrata
dai piromani, che distruggono spesso senza motivo il bene comune, ci sono a
monte omissioni e negligenze a livelli ben più alti, perché senza una seria
politica di prevenzione nessun bene può essere salvaguardato seriamente, in
quanto, come nel nostro caso, basta un cerino per scatenare un inferno.
La salvaguardia del pianeta e, in particolare, ognuno della propria terra, deve essere un impegno di tutti, nessuno escluso! Allora adottiamo subito un termine 'dimenticato', il termine “Prevenzione”, a cui poi siamo costretti ad aggiungerne un altro
altrettanto valido, seppure a posteriori: “Ricostruzione”. Termine quest'ultimo che, però,
non riguarda solo le squadre operative che il Governo sicuramente invierà nei luoghi
devastati dagli incendi per piantare nuovi alberi e nuove essenze, ma tutti noi.
In passato (chi ha la mia età lo ricorda bene) le campagne erano mille volte più curate di oggi; fasce tagliafuoco,
sentieri sempre ben puliti, muretti a secco in ordine, soprattutto nelle zone con grandi
dislivelli, sempre ripristinati in quanto capaci di contenere sia le abbondanti
precipitazioni che i danni da fuoco. Oggi invece una delle cause maggiori per cui la
Sardegna brucia è senz’altro l’abbandono delle campagne.
E quando dico tutti noi
intendo proprio tutti. Quanti di noi fumando in auto gettano fuori dal finestrino
la sigaretta accesa che sta per finire? Quanti in campagna accendono inopportunamente
piccoli fuochi che poi non spengono nella maniera più consona? Quanti, in gita
nelle campagne, lasciano l’auto calda dal viaggio con il motore a contatto con
l’erba sottostante? Più di uno, credetemi, e questi sono solo dei pochi esempi,
ma se ne potrebbero fare ben altri!
Se vogliamo davvero salvaguardare la natura, sia la
vegetazione che ci aiuta enormemente a vivere meglio che gli animali che la
popolano, dobbiamo fare una cosa sola: “Amare e difendere la natura, perché è
la nostra unica salvezza!”. Si, amare la natura come ha fatto e sta
continuando a fare, per esempio, JADAV PAYENG, un indiano che in circa 40anni ha
trasformato un’isoletta arida e priva di vegetazione in un bosco
lussureggiante, vanto e orgoglio non solo suo ma di tutta la popolazione. Ecco
per Voi la sua bella storia.
In India Majuli, è
un’isola fluviale molto grande, posta sul fiume Brahmaputra (è forse la più
grande del mondo); è sempre stata arida, sabbiosa e quasi sterile, sperduta
nell’India settentrionale. In quest’isola vive Jadav Payeng, che di professione
fa il lattaio; l’uomo fin da bambino aveva un chiodo fisso: proteggere l’ambiente. Innamorato della sua isola, seppure arida e priva di vegetazione, cercava in ogni modo di trasformarla in un bosco lussureggiante, cosa certamente non semplice, che poteva apparire quasi
una battaglia persa in partenza. Jadav, però, caparbiamente ha voluto provarci.
Tutto iniziò quando, da
adolescente, con i suoi 15/16 anni, Jadav Payeng rimase scioccato,
dopo aver assistito a una triste scena: moltissimi serpenti morti erano sparsi
lungo le coste dell’isola di Majuli, in quanto le inondazioni li avevano
trascinati sulle sue rive, dove erano morti a causa del caldo e della mancanza
di ombra. Il ragazzo pensò allora che se l’isola fosse stata alberata, anziché arida e
sabbiosa, si sarebbero certamente salvati. Rimasto profondamente turbato, fece a sé stesso
una promessa: dedicare la sua vita a trasformare quella sabbiosa e arida isola
in un bosco, piantando un albero ogni giorno, per tutto il resto della sua vita.
Quel sogno iniziò a prendere
corpo nel 1979 e oggi, dopo 40 anni, è diventato realtà! Grazie a lui è nata la “Foresta
Mulay”, una foresta, amici, creata giorno dopo giorno con le sue mani, senza
mai mollare. Un sogno mica piccolo, dato che quel lembo di terra da lui
coltivato è più grande del Central Park e più di 12 volte la dimensione della
Città del Vaticano! Ora, grazie a Jadav, la foresta da lui creata contribuisce
a preservare l’ecosistema locale e la fauna selvatica nativa, tanto che ospita tigri
del Bengala, cervi, rinoceronti, avvoltoi, elefanti e, naturalmente,
serpenti. E non è tutto, in quanto il rimboschimento ha anche reso Majuli più
sicura, grazie agli alberi che ancorano la terra dell’isola e proteggono l’area
dall’erosione.
Cari amici, Jadav ha un
carattere schivo e non ama molto salire sul palcoscenico per le cose che ha
realizzato. Quanto da lui realizzato sarebbe addirittura rimasto un segreto se
non fosse stato per il fotoreporter indiano Jitu Kalita, che ha scoperto la
foresta sconosciuta mentre era in viaggio, nel 2007, per fotografare degli
uccelli. Kalita ha avuto allora l’idea di far conoscere al mondo questa storia
straordinaria, filmando un documentario sul lavoro di Jadav, intitolato Forest
Man. Un lavoro davvero meraviglioso, tanto che gli sforzi e la dedizione dimostrata da Jadav nei confronti della natura alla fine non sono passati inosservati; persino l’ex
Presidente dell’India si è complimentato con lui, conferendogli il titolo di: “Forest
Man of India”.
Amici, un grande esempio
anche per noi sardi, quello di Jadav Payeng, esempio che, se volessimo imitarlo,
potremo anche noi fare della nostra Sardegna un grande giardino incantato!
A domani.
Mario
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