venerdì, settembre 30, 2011

LA POTENZA DELLA “COMUNICAZIONE”: IERI, OGGI E DOMANI. L'ANTICA PUBBLICITA' E LA FIGURA DEL BANDITORE.


Oristano, 30 Settembre 2011

Cari amici,

è da un po' di tempo che non riporto 'frammenti' dei miei ricordi di gioventù. Ora, parlando con alcuni amici di "Comunicazione", colgo l'occasione per portare alla Vostra attenzione un antico e simpatico modo di 'comunicare' e fare la pubblicità: attraverso il "Banditore". Eccolo.


L’uomo ha sempre comunicato. Non c’è mai stata un’epoca in cui la comunicazione fosse solo linguaggio dei segni o solo “lingua parlata”. Nei millenni dell’evoluzione umana alla rappresentazione visiva ed al linguaggio, che aveva portato a sistemi complessi di grafia, fra ideogrammi, parole, suoni e numeri, si sono poi aggiunte altre innumerevoli strutture espressive fino ad arrivare alle tecniche di oggi. Possiamo chiamare questa evoluzione “la nascita della storia dell’uomo”.

Evoluzione non solo comunicativa che a partire dalle antiche civiltà, quella dei Sumeri, degli Egizi, dei Fenici dei Romani e di tutti quelli che poi si succedettero, segna un cambiamento lento ma inesorabile, che coincide con lo sviluppo dell’agricoltura, il passaggio dei popoli da nomadi a stanziali e la trasformazione dei sistemi di governo delle Comunità su scala più ampia, creando nuove norme e leggi, capaci di una gestione più ampia: da quella delle tribù a quella delle Nazioni. Non si può non comunicare! La comunicazione è un elemento connaturato nell'uomo: nessuno può esistere senza comunicare.

Nel tempo molti filosofi hanno studiato il valore di persuasione, di convinzione, di trasmissione di valori o disvalori della comunicazione. Prendiamo in esame lo strumento principale di comunicazione quale è “ La Parola”, il più antico e potente strumento di comunicazione che Dio ci ha dato!
Rileggiamo insieme un frammento del contenuto dell’ Encomio di Elena, di Gorgia da Lentini, famoso sofista vissuto nel V secolo A.C., uno dei principali iniziatori della retorica.

“…la parola è un potente signore che, pur dotato di corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine. Essa può far cessare il timore, togliere il dolore, dare una gioia, accrescere la compassione. Chi la ascolta è invaso da un brivido, dal terrore, da una compassione che strappa le lacrime e da una struggente brama di dolore. Il fascino divino che suscita la parola è anche generatore di piacere e può liberare dal dolore. La forza dell’incantesimo, accompagnandosi all’opinione dell’anima, la seduce, persuade e trasforma per mezzo del suo incanto.”

Queste parole, se ce ne fosse bisogno, sottolineano il riconoscimento, sin da tempi remoti, della forza della comunicazione nella nostra società.

Dal postulato di Watslavick(1): " Non si può non comunicare", valido più che mai, ne consegue che:" Chi non comunica non esiste".

Oggi, non solo in città ma anche nei centri più sperduti, la pubblicità è cosi diffusa e martellante che fa parte integrante del nostro vivere quotidiano. Credo che inquini anche il nostro sonno. Il mondo intero è pubblicizzato, non solo i suoi prodotti. Nessuno spazio ne è immune. La mattina andando al lavoro in auto ci martella già la radio, con i fatti del giorno; lungo il percorso, dai grandi cartelloni ai bordi delle strade, splendide gigantografie di corpi ammiccanti ci invitano a consumare di tutto e di più. Senza parlare dei settimanali, dei giornali quotidiani, del cinema, della televisione, che, attraverso subdoli messaggi subliminali(2), ci rendono automi consenzienti, spesso senza saperlo. Evoluzione rapida, spesso incontrollabile, che non si sa a quali futuri livelli arriverà.

Ho voluto doverosamente fare questa premessa per introdurre uno dei miei soliti racconti, riferiti al mio periodo giovanile, dove cerco di riportare, a chi non l’ha vissuto, quel modo antico di pubblicizzare e di comunicare che era in uso negli anni del dopoguerra (anni ’50 e ’60) e che si concretizzava attraverso la figura del “Banditore”.

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(1) Paul Watzlawick (Villach, 25 luglio 1921 – Palo Alto, 31 marzo 2007) è stato uno psicologo e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, eminente esponente della statunitense Scuola di Palo Alto, nonché seguace del costruttivismo, derivante dal pensiero relativista del costruttivismo filosofico. Inizialmente di formazione psicoanalitica junghiana, successivamente fu tra i fondatori e tra i più importanti esponenti dell'approccio sistemico.

(2) Messaggio subliminale (dal latino sub, sotto, e limen, soglia, in riferimento al confine del pensiero conscio) è un termine mutuato dal linguaggio della pubblicità ma che, in psicologia, si riferisce ad un'informazione che il cervello di una persona assimilerebbe a livello inconscio. Può essere trasmesso attraverso scritte, suoni o immagini che trattano un qualsiasi argomento che nasconde al suo interno - come in un codice cifrato - ulteriori frasi o immagini avulse dal contesto iniziale che rimarrebbero inconsapevolmente nella memoria dell'osservatore.


La pubblicità locale, invece, era appannaggio di una figura che i giovani di oggi non hanno avuto il piacere di conoscere, una figura curiosa, particolare: quella del banditore. Il tempo ha cancellato questo Guru del messaggio, questo gran sacerdote, che con la sua voce forte e suadente, riusciva, unico depositario del messaggio pubblicitario, a reclamizzare i prodotti locali ed a ‘seminare’ tra la popolazione i primi germi del consumismo. La scelta del banditore non era una scelta qualunque. Il soggetto deputato a questo particolare incarico doveva assommare una serie di qualità e caratteristiche non comuni. Oltre una voce chiara e potente doveva essere particolarmente efficace nel ‘messaggio’, persuasivo e invitante, dolce e forte allo stesso tempo, capace di allettare anche quelli più restii ad acquistare il prodotto reclamizzato.Allora era tutto molto diverso. In quegli anni, soprattutto nei piccoli centri, nelle spoglie piazze in terra battuta o acciottolato, illuminate da scarne luci di piccole lampadine a incandescenza montate su plafoniere in ferro-smalto bianco, pochi erano i cartelloni pubblicitari collocati dalle grandi case produttrici di prodotti di largo consumo: reclamizzavano birra (Peroni, Ichnusa) e liquori (Fernet, Cinar, Stock, Martini e poche altre). Questa cartellonistica era realizzata in lamiera smaltata, di piccolo formato e collocata in sede fissa nei luoghi più visibili, principalmente in Piazza. Gli altri mezzi pubblicitari erano ancora poco utilizzati: Se oggi in un giornale di 100 pagine la metà è di pubblicità ieri, forse non raggiungeva neanche il 10 per cento. La diffusione dei giornali, inoltre, era scarsa, la televisione muoveva primi passi e la radio diffondeva, dalle sue enormi casse piene di valvole, gracchianti messaggi pubblicitari di prodotti nazionali.

Per anni il banditore è stata una figura immancabile in ogni centro abitato della nostra isola. Anche la comunicazione istituzionale era affidata a lui: le comunicazioni del Sindaco, l’orario dei comizi elettorali, le vaccinazioni dei bambini e le altre notizie di pubblica utilità erano affidate alla sua voce ed alla sua abilità comunicativa.L’uomo, munito di una tromba di lucido ottone, aveva un modo particolare di annunciarsi: tre lunghi squilli, ripetuti ad intervalli differenziati, che lo identificavano immediatamente. Nei centri più grandi si muoveva a cavallo ed il suo incedere poteva essere paragonato a quello di un ‘ambasciatore’, delegato dall'Autorità ad informare i sudditi delle novità. Si fermava, a tappe prestabilite, in ogni vicinato, lanciando sempre, prima di esporre il messaggio con la sua voce potente, i tre classici squilli di tromba.

Questo segnale richiamava giovani e vecchi fuori dalle case, curiosi di ascoltare le novità, oltre che un innumerevole stuolo di bambini. Con la tromba, usata come un ‘pastorale’, iniziava sempre “su bandu” nello stesso modo, indirizzando lo sguardo verso il crocchio delle persone che pendeva dalle sue labbra: “ E si ettada su bandu…”, accompagnando le parole con ampi gesti delle mani che continuavano pomposamente a mantenere la tromba. Le comari ascoltavano attente, in gruppo intorno a lui, nell’attesa di conoscere tutti i particolari e le novità. Terminata la diffusione del messaggio, pur incalzato da mille domande, lentamente, a piedi o a cavallo, continuava “ il giro”, per fermarsi, poi, nel vicinato successivo e continuare a diffondere il messaggio ricevuto.

La ricordo con grande lucidità questa particolare figura che noi ragazzi seguivamo, come in un gioco, per tutto il percorso. Egli era praticamente l’unico depositario delle novità, di quel poco di ‘nuovo’ che in quegli anni si muoveva. Era allo stesso tempo radio, giornale e Gazzetta Ufficiale. Reclamizzava con enfasi sia l’arrivo nel paese dei venditori dei prodotti della montagna che le macellazioni del fine settimana, l’apertura di un nuovo spaccio o l'arrivo dei pesci freschi da Cabras; l’organizzazione delle feste del Paese o l’arrivo nei locali del Comune dell’esattore per la riscossione delle imposte (s’affoghizzu) (3).

Da buon showman adattava tono e intensità della voce al contenuto del messaggio: triste o lieto che fosse. Pesava le parole come un grande attore, arricchendo il messaggio con ampi gesti delle mani e delle braccia e con posture che davano al messaggio un tono di spettacolo. Era un grande trasformista!

Era lui il re del messaggio, regista e attore di una commedia con un unico soggetto.

Chissà se Vespa lo avrebbe invitato a Porta a Porta!

Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.

Mario

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(3) “ S’affoghizzu”, termine che indicava l’imposta da pagare. Il termine che deriva dal verbo sardo “affoghizzare”, preparare il fuoco, sta forse ad indicare che l’esattore portava via, come il fuoco, i pochi risparmi delle famiglie.




lunedì, settembre 26, 2011

TRA SOGNO E REALTA’ : IL PASSAGGIO NEL TUNNEL DI LUCE.



Oristano 26 Settembre 2011

Cari amici,

Vorrei che leggeste questo racconto, di mia invenzione, che credo faccia riflettere tutti.

Grazie!

Nello spoglio lettino dell’ospedale l’uomo respirava a fatica. Il rauco respiro, alternato a qualche leggero colpo di tosse, era l’unico rumore che rompeva il silenzio della notte.

L’uomo, bruciato dalla febbre, era in dormiveglia. Alternava momenti di lucidità ad altri di delirio. Aveva ormai superato gli ottant’anni e l’usura di una vita di direzione, di comando, aveva lentamente minato il suo corpo, ormai flaccido e stanco. Si rivedeva agli inizi della carriera e poi nei successivi incarichi, sempre battagliero, attivo, duro con chiunque dovesse dipendere da lui. Della responsabilità, dell’impegno, della disciplina e dell’obbedienza ne aveva fatto lo scopo di una vita. La famiglia non ne era rimasta immune. Lungi dall’essere capace di sdoppiarsi, Dr. Jekyll e Mr. Hyde, applicava in casa lo stesso metro aziendale: rigore, ordine, disciplina.

Era ormai arrivato ormai ai vertici della carriera, che aveva percorso con onori e riconoscimenti, pur con notevoli disagi e sacrifici per la famiglia. La moglie soprattutto, sempre silenziosa e attenta, ubbidiente e docile, gli aveva dato 5 figli, tre maschi e due femmine. La crescita e l’educazione di questi erano state programmate come i nuovi assunti in azienda: nessuna libertà ne di pensiero ne di azione. Quando trascorsa l’adolescenza cercarono di volare da soli, le ali vennero irrimediabilmente spezzate.

Nel delirio causato dalla febbre rivedeva come in un film tanti sprazzi, tanti “spezzoni” di una vita trascorsa a dirigere, come il comandante di una nave che solca l’oceano, delegato dall’Onnipotente a rappresentarlo su questa terra. Rivedeva le lacrime della moglie che senza profferire parola accettava decisioni che facevano tanto male, come quando allontanò da casa uno dei figli, reo di avergli disobbedito. Anche gli altri figli più giovani avevano tentato, senza troppa fortuna, di mettere in discussione la sua autorità! Ma lui, sempre vigile, attento, rintuzzava ogni e qualsiasi tentativo di eversione. Ma come si permettevano di disobbedirgli? Non capivano che tutto quello che avevano lo dovevano solo a lui, e che poteva schiacciarli come pidocchi in qualsiasi momento? Ma guarda, pensava, come va il mondo!

La febbre aumentava ed il respiro diventava sempre più affannoso. All’improvviso tutto diventò buio, totale, assoluto. Si ritrovò come un bambino in cantina quando all’improvviso manca la luce.

Dopo un po’ gli sembrò di vedere in lontananza una luce che, sempre più forte, si avvicinava velocemente. Il cono di luce chiarissima, con sfumature azzurre, si fermò davanti a lui: sembrava l’imboccatura di una lunga galleria, illuminata a giorno, e di cui non si vedeva la fine. Intimorito la guardava immobile, come paralizzato. Sarebbe voluto fuggire da quel pericolo ma non poteva. Poco dopo la luce lo inghiottì e si sentì trasportato, risucchiato come da una forza immensa, straordinaria, che non aveva mai neanche immaginato. Sentiva in qualche modo di essere in velocissimo movimento, diretto chi sa dove. All’improvviso il movimento cessò. Gli sembrò per un attimo di precipitare, e subito dopo il cono di luce si aprì di colpo e si ritrovò sdraiato su una immensa distesa bianca che non aveva, all’apparenza, ne inizio ne fine. Anche la luce era strana, particolare. Non sembrava un freddo spazio siderale, come siamo abituati a considerarlo: non vi era ne caldo ne freddo, ne vento ne rumore, uno spazio nuovo, mai neanche concepito; che fosse arrivato all’Aldilà, nell’altro mondo? Una ansia terribile lo assali. Dov’era? E poi, perché non c’era nessuno?

Mentre angosciato cercava soluzione ai sui dubbi ed alle sue paure qualcosa lo trasse dai suoi pensieri. Nel suo cervello sentì come una voce, anche se voce non era. Era qualcosa di diverso, era come se si fosse materializzata una comunicazione particolare: una comunicazione da pensiero a pensiero, differente dal solito modo di comunicare che aveva conosciuto. Il messaggio era forte e chiaro: “Sei arrivato a destinazione”. Sembrava che la trasmissione di questo messaggio continuasse, come un disco inceppato, “sei arrivato….sei arrivato”!

Incapace di qualsiasi reazione osservava questo nuovo scenario immobile, pensando: “cosa mi succederà ora?”.

Dopo un po’ il messaggio cambiò. “Dimmi come hai gestito i miei talenti”. Come prima il messaggio continuava ad essere ripetuto in continuazione. Volevano forse sapere quanto danaro avevo accumulato in una vita di lavoro? Beh se era cosi, certo non era poco. Aveva messo da parte molto più di tanti altri, anche del suo stesso rango! Perché lo chiedevano? Il messaggio, questa virtuale “voce” mentale, continuò subito dopo. “Io conosco le risposte, lo sai, ma tu devi ugualmente rispondere”, concluse. L’ansia lo assalì ancora di più. Apparve, prima in lontananza e poi sempre più vicina, una enorme cancellata con al centro due cancelli. Ai lati due enormi pilastri rotondi, come due silos, che reggevano i grossi cardini.

La ‘voce’ disse: “tra poco saprai quale dei due cancelli si aprirà e ti indicherà il luogo dove trascorrerai il resto dell’eternità”. Poi continuò: “ vedi dentro quei silos che reggono i cardini ci sono tutte le azioni che hai compiuto in vita. Le buone azioni sono contenute dentro palline bianche e quelle cattive dentro palline nere. Se dal conteggio quelle bianche saranno superiori si aprirà il cancello a destra, se quelle nere saranno state di più, si aprirà quello di sinistra. Prima di farti scoprire dove andrai ti mostro tutti e due i luoghi. Alzati e guarda”.

L’uomo si alzò con grande preoccupazione. Pensava che, considerata la domanda sui talenti, se si fosse valutato quanto nella sua vita aveva fatto fruttare in denaro, certo poteva essere considerato vincente, ma chissà se il parametro era quello. Avvicinatosi ai cancelli gli fu concesso di guardare prima a destra. Vide in lontananza un gruppo di persone vestite di bianco che stavano insieme in grande letizia: passeggiavano, ascoltavano una dolce musica, o sedute ad una grande tavola imbandita avevano davanti una immensa varietà di frutti. Pensò: speriamo che sia questa la destinazione. Il cancello si richiuse e, dopo un po’, si apri l’altro.

Subito dopo l’apertura uno spettacolo terribile si mostrò ai suoi occhi. Una immensa distesa di sabbia infuocata, come un deserto riarso dal sole, si parava davanti a lui. In questa immensità tanti uomini e donne, nudi, con catene al collo, trascinavano enormi massi sudando lacrime e sangue. Uno stuolo di terribili aguzzini frustava questi disgraziati lacerando il corpo in tutte le sue parti. Lo spettacolo era terribile e chiuse gli occhi con forza. Questo però non servì, perché le immagini continuavano a presentarsi senza interruzione. Dopo un po’ il cancello si richiuse e la ‘voce’ riprese. “ Adesso hai visto”, disse. “ Cosa credi di esserti meritato?”, continuò. L’uomo aveva terrore anche di pensare, anche perché sapeva che l’autore della ‘voce’ già sapeva la destinazione che gli sarebbe spettata! Restò immobile e due grosse lacrime gli rigarono il volto.

La ‘voce’ poco dopo continuò. “ Vedi, piangere qui ora non serve. Qui verranno asciugate le lacrime di quelli che molto hanno pianto sulla terra, a causa di chi non ha avuto pietà o compassione. Se nella tua vita non hai che fatto piangere, qui piangerai. Se non hai ben investito i talenti che ti ho dato quando sei venuto al mondo, qui me ne darai conto. Se li hai utilizzati non per dare agli altri ma solo a te stesso, se non hai dato, ma preso, se non hai aiutato ma hai solo preteso che altri aiutassero te, allora qui te ne verrà chiesto conto. Il conto, alla fine della vita, verrà presentato a tutti. Ecco il conto totale delle tue azioni. Guarda il contenuto dei silos, che contengono le palline bianche e quelle nere”.

Una forza misteriosa aprì i silos. Una enorme cascata di palline nere si sparse nell’immensa distesa bianca, mentre dall’altro silos uscì uno sparuto gruppo di palline bianche che presto scomparve, sommerso dall’enorme quantità delle altre.

L’uomo, come paralizzato, guardava impotente il terribile spettacolo. “Questo è il tuo conto”, disse la voce. “ Ora devi pagarlo”, concluse.

Il cancello di sinistra iniziò ad aprirsi e, come attratto da una forza misteriosa, fu risucchiato all’interno, come in un nuovo tunnel, diverso da quello del ‘viaggio’ di arrivo, mentre un sibilo caldo, di fuoco, avvolgeva e bruciava il suo corpo.

Con un urlo feroce, madido di sudore, si risvegliò. Si guardò intorno: era nel suo letto d’ospedale, meno male, era stato solo un sogno! Che incubo, però! Chissà se era stato un ‘anticipo’ del viaggio vero, quello dal quale mai nessuno è tornato.

Grazie di aver avuto la pazienza di leggere fino in fondo!

Ciao a tutti Voi.

Mario


giovedì, settembre 08, 2011

IL " VARIABILE" CONCETTO DI MORALE: DAI CALENDARIETTI PROFUMATI DEL BARBIERE, ALLA TOTALE LIBERTÀ DI INTERNET.


Oristano 8 Settembre 2011
Come cambiano i tempi!

Quand’ero ragazzo il sesso, almeno fino all'età dei 16 anni, era proprio un pianeta sconosciuto. Certamente la causa non era una sola. Dall'informazione all’alimentazione, abbastanza scarsa e poco equilibrata, tutto contribuiva a tenere il problema sessuale in un’aura di mistero e di tabù. Quando si toccava, per le ragioni più svariate, questo argomento i “grandi” controllavano attentamente che nei paraggi non ci fossero orecchie indiscrete. Era un sommesso sussurrare, sopratutto quello delle comari, che con grande attenzione, quasi da segreto militare, si scambiavano le novità: fossero nuove gravidanze, tradimenti o altro. Per noi ragazzi il mondo del sesso era davvero una galassia tra le meno conosciute.

La rigida separazione, poi, del mondo maschile da quello femminile certo non agevolava: banchi separati in Chiesa ed a scuola ed inoltre locali pubblici praticamente 'vietati' alle donne non accompagnate, dove una donna nubile difficilmente metteva piede se non accompagnata da un uomo di famiglia. Le poche notizie che noi ragazzi riuscivamo a carpire su questo argomento 'tabù' erano quelle che gli adulti si scambiavano dal barbiere. Noi con grande furbizia e facendo finta di giocare sostavamo a portata d’orecchio della barberia, che nei mesi caldi restava quasi sempre a porta aperta. Gli uomini si scambiavano confidenze sulle beltà e bontà delle donne e delle ragazze del paese, cosi come erano grande argomento di conversazione le performances da loro effettuate con le donnine delle ‘case’, allora ancora aperte, ad Oristano. Per noi ragazzi, allora, era questo un gossip di estremo interesse e che faceva salire a mille i giri della nostra fantasia.

L’unica barberia presente in paese era davvero il più importante punto di riferimento e di incontro per gli adulti maschi: in second’ordine venivano il bar (su zilleri), il sarto ed il ciabattino. Il barbiere restava, però, il numero uno per una particolare ragione: aveva ben occultate nei cassetti, accuratamente coperte da teli bianchi o asciugamani, le riviste ‘hard’ di allora che, chissà in che modo, riusciva a procurarsi, forse a Cagliari, dove le edicole vendevano anche le sexy riviste dell’epoca.

La figura del barbiere in quegli anni oscuri del dopoguerra era importante: i suoi compiti non erano limitati al taglio dei capelli ed alla rasatura delle barba ma doveva occuparsi di ben altro.

I suoi compiti, in un centro come Bauladu, dove non c’era neanche il medico che veniva da Milis, in bicicletta, solo per i casi veri di urgenza, erano i più svariati, assommando anche quelli che oggi sarebbero riservati ad un infermiere professionista. A domicilio faceva le “punture”, ovvero le iniezioni intramuscolari, metteva le sanguisughe (pratica allora molto in auge per far abbassare la pressione sanguigna), praticava incisioni per curare ferite, foruncoli o varie affezioni della pelle ed infine si occupava della preparazione del corpo dei morti.

Il barbiere, Peppino, aveva bottega in piazza di Chiesa. Il suo locale era frequentato a tutte le ore da giovani ed anziani. Si entrava in barberia come in un luogo deputato agli incontri: per sapere le novità, per aggiornarsi sui fatti del giorno o per aggiungere una 'nuova' notizia ancora oscura per molti, per una ironica e pungente battuta su qualcuno o per leggere una delle poche riviste che allora circolavano: Epoca, la Domenica del Corriere con il Corriere dei Piccoli e Topolino per i ragazzi.

Le donne non frequentavano il locale se non per accompagnarvi i bambini nelle rare volte necessarie (Cresime, Prime Comunioni o partecipazione a matrimoni) e per richiedere le altre mansioni svolte dal barbiere, quelle infermieristiche. La moda, allora, per le donne non prevedeva tagli particolari di capelli e anche le ragazze si ‘aggiustano’ la chioma in casa con l’aiuto dei familiari.

Questa presenza nel salone "Barberia" quasi esclusivamente al maschile, consentiva ai frequentatori l’uso di un linguaggio molto aperto, soprattutto di carattere sessuale, e l'accesso, in particolare, alla consultazione ‘riservata’ di riviste allora proibite: quelle con le immagini di donne nude; mi sembra di ricordare che questi giornali erotici, rigorosamente in bianco e nero, fossero di origine francese. Quei tempi, tanto diversi da oggi, non consentivano di dare molto spazio alla pornografia e anche le immagini dei nudi di queste riviste 'osé' erano ritoccate per evitare che suscitassero scandalo e fossero sequestrate dalla censura: nessuna peluria evidente e pose di nudo sia femminile che maschile che nascondevano totalmente gli organi sessuali. L’unica concessione fatta era per il seno che, abbondante come era in auge la moda di allora, poteva essere esibito senza troppa censura. La consultazione di questi giornali “proibiti” avveniva in modo molto riservato ed era ovviamente assolutamente interdetta la visione ai ragazzi che cercavano, ovviamente, in tutte le maniere di trovare il modo per aggirare il divieto. Non era facile: lo stipetto con le riviste era sempre rigorosamente chiuso a chiave.

Un altro motivo per cui il barbiere era particolarmente ricercato era la possibilità di essere destinatari di un particolare calendario tascabile, che alla fine dell’anno veniva, in gran segreto e con la massima riservatezza, consegnato ai migliori clienti. L’opuscolo, in cartoncino bianco, legato con un cordoncino colorato era molto profumato. Nelle pagine interne, una per ogni mese, oltre al calendario vi era disegnata una figura femminile seminuda, in pose diverse ma sempre accattivante e sorridente. All'esterno nessuna menzione o pubblicità: la riservatezza allora era ben diversa da quella di oggi!

Mi è capitato di recente di sfogliarne uno, custodito gelosamente da un amico, e posso assicurarvi che mi ha fatto davvero sorridere. Come era possibile che immagini cosi ingenue e cosi poco provocanti, che oggi potrebbero far sorridere anche i bambini delle scuole elementari, creassero, allora, tutto quel rimescolamento, quella eccitazione ? Sembra quasi che questi avvenimenti si riferiscano a chissà quanti secoli fa! Come cambiano i tempi!


Oggi sono ben altre le preoccupazioni che assillano il mondo degli adulti che debbono difendere gli adolescenti dalle innumerevoli tentazioni che li circondano. Con l'avvento della televisione prima e di Internet poi, i vecchi tabù, quegli innumerevoli 'veli' messi a protezione dei piccoli sono caduti da un pezzo. Complice di tutto questo, oltre la comunicazione globale, planetaria, il reale miglioramento delle condizioni di vita che, sia dal punto di vista alimentare che medico, hanno consentito fin dai primi anni di vita un adeguato sviluppo psico-fisico ed una precoce capacità intellettiva.

A ben pensare per chi come me ha vissuto quei tempi oscuri, che pur vicini sembrano lontani anni luce, non è facile accettare con noncuranza cambiamenti cosi rapidi. Internet, soprattutto, mi preoccupa molto. La totale libertà di accesso, la facilità con cui anche chi non è ancora maturo può operare liberamente in ‘rete’, mi angoscia non poco. Oggi per la generazione che come abecedario ha il computer, entrare in contatto, anche in giovanissima età, con altri veri o falsi coetanei è un grande rischio. La ‘rete’ può, anche senza volerlo, essere una vera rete-trappola per giovanissimi ingenui che possono cadere preda di soggetti adulti privi di scrupoli.

Compito degli adulti non è quello di negare loro i nuovi strumenti informatici ma quello, invece, di farglieli conoscere a 360 gradi, con tutto il carico di bene e di male di cui sono portatori.

Non voglio insegnare niente a nessuno. Lo sappiamo tutti: il compito di genitori è il più difficile del mondo e nessun libro potrà mai darci la soluzione.

Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.

Mario