sabato, febbraio 29, 2020

SELFIE, UNA SMODATA, PATOLOGICA PASSIONE! SE NE FANNO OLTRE 93 MILIONI AL GIORNO, SINTOMO DI UN CRESCENTE DISAGIO INTERIORE.


Oristano 29 febbraio 2020

Cari amici,

L'ultimo post di Febbraio, in un anno tra l'altro bisestile, lo dedico (anche se ironicamente) ad una nuova forma di narcisismo: i SELFIE. Lo smartphone, ormai nostro inseparabile compagno di vita, non è solo un mezzo comunicativo ma qualcosa di più: una vera e propria “estensione” del nostro corpo, una parte robotica che integra quella naturale, una aggiuntiva parte del corpo della quale proprio non riusciamo più a fare a meno. 
Con questo strumento.appendice, infatti, viviamo e trascorriamo la nostra giornata, e anche tutti gli altri soggetti che fanno strada con noi ci fanno compagnia per suo tramite: potremmo addirittura dire che gli altri si relazionano con noi soprattutto guardandoci attraverso le lenti del nostro smartphone! Si, pensate che nel mondo si scattano oltre 93 milioni di selfie al giorno, in pratica 1000 al secondo, una vera e propria ossessione!
Tutto questo sta a significare che il nostro IO soffre di un serio disagio interiore, male sempre più diffuso nella nostra epoca; quello che stiamo vivendo è l’inizio di un millennio che ci vede abbandonare sempre di più la visione individuale, fagocitata da quella collettiva. Insomma, per chiarire, siamo diventati “come i tralci di una vite”, parte di un organismo complesso, il branco umano, e noi esistiamo solo in funzione e in stretta dipendenza di questo Moloc. Viviamo una etero-dipendenza, e tra l’altro questo status pare anche piacerci, nel senso che “esistiamo” solo in funzione degli altri che ci osservano e ci giudicano. 
L’ossessione dei selfie, gli studiosi la paragonano ad una vera e propria “dipendenza”, come l’alcool o la droga, insomma il sintomo di un grave disagio diffuso, che porta a riconoscere sé stessi solo attraverso lo sguardo altrui. Si tratta di un disagio paragonabile, come spiega il professor Giovanni Stanghellini del Dipartimento di Scienze Psicologiche, della Salute e del Territorio dell'Università di Chieti, non dissimile a quello che si nasconde dietro l’anoressia e la bulimia. 
Lo Stanghellini, autore tra l’altro del libro "Selfie - Sentirsi nello sguardo dell'altro", asserisce che l’individuo esiste solo ed in quanto venga osservato; "Videor ergo sum", è questo il nuovo io all'epoca dei selfie. "Il sé, insomma, 'prende corpo' solo attraverso lo sguardo dell'altro, solo perché qualcuno guarda il mio selfie".
Sembra incredibile, ma oggi, nello stesso tempo che ciascuno di noi impiega a contare fino a tre, nel mondo sono stati scattati circa 3000 selfie, oltre 1000 al secondo! Amici, 93 milioni di selfie scattati ogni giorno, non possiamo non ammettere che costituiscono una brutta patologia, una nuova ossessione della contemporaneità, un quadro che se non ha rilevanza clinica ha sicuramente grande rilevanza sociologica.
La realtà è che abbiamo abdicato a gestire da noi il nostro IO, e il selfie ci permette, attraverso lo sguardo e l’approvazione degli altri, di recuperare quel nostro autonomo giudizio sul nostro vivere, sul nostro essere, ovvero noi stessi. Viviamo praticamente in una dimensione etero-diretta, nel senso cheabbiamo bisogno di un pubblico per esserci”. È triste ma è una realtà inconfutabile.
Cari amici, il problema non è di poco conto, tanto che la moderna medicina ha già coniato un nuovo termine: la «selfìte», per designare quella nuova forma patologica di abuso dell'autoscatto, quel selfie compulsivo che, diventato “selfìte cronica”, si manifesta come un incontrollabile bisogno di scattare foto a sé stessi, 24 ore su 24, postandole su Facebook e Instagram più di sei volte al giorno. «Il punto però non è tanto quello dell'abuso del selfie – come sottolinea Stanghellini - quanto il fatto che il selfie è il sintomo di una mutazione della condizione umana».
L'autoscatto, insomma, crea un rapporto mediato e posticcio con la nostra immagine, spiega ancora il professore, e, come nel caso dei disturbi alimentari, il problema di base è la difficoltà di sentire il proprio corpo, sempre più comune in un'epoca in cui impera la società dello spettacolo e dell'immagine. «Tramite il selfie e cioè sentendoci visti dagli altri, riusciamo a sentirci», conclude l'esperto spiegando che l'antidoto a questa condizione di fragilità è ritrovare un contatto autentico (non virtuale) con sé stessi e con gli altri.
C’è davvero da riflettere seriamente…
A domani.
Mario

venerdì, febbraio 28, 2020

LA NOSTRA TERRA È IN PERICOLO. SARANNO NECESSARI ANCHE I NOSTRI PICCOLI GESTI QUOTIDIANI PER SALVARE IL PIANETA DALLA POSSIBILE CATASTROFE.


Oristano 28 febbraio 2020

Cari amici,

Che la terra sia sempre più in pericolo (a partire dal riscaldamento globale, conseguente alle continue, aumentate emissioni di CO2), è ormai una realtà certa e inconfutabile. La gran parte di noi, però, resta convinta che il problema è di così grande spessore che solo massici interventi di Governi e di grosse realtà industriali possano creare le condizioni per trovare la giusta soluzione per tornare alla normalità, mentre a tutti noi, che siamo solo soggetti passivi, nulla è richiesto per contribuire alla soluzione del grave pericolo. Niente di più falso!
Ciascuno di noi, considerato che in questo mondo siamo miliardi di persone, può e deve, seppure nel suo piccolo, portare il suo contributo che, moltiplicato per i grandi numeri, può costituire quel valore aggiunto capace di portare veramente a quella soluzione che tutti auspichiamo. Si, amici, tante nostre azioni quotidiane producono CO2, spesso in eccesso: dall’invio di una e-mail a una partita di calcio, dall’eccessivo uso dell’illuminazione in casa, a quello dell’auto o della moto, e così via. Se ci abituassimo a riflettere sui gesti che compiamo ogni giorno, e usassimo un comportamento più sano e rispettoso dell’ambiente, faremo davvero una grande differenza, dando il nostro importante contributo per la salvaguardia del pianeta. 
Sono i nostri comportamenti virtuosi, quelli capaci di aiutare la sostenibilità contribuendo, anche grazie al progresso tecnologico e scientifico, al proprio e all’altrui benessere. Si, miliardi di piccole azioni quotidiane svolte dalla popolazione mondiale (in particolare quelle dei Paesi sviluppati), se effettuate in maniera poco accorta, contribuiscono a creare le difficili situazioni che ci troviamo a vivere e che stanno guastando, forse irrimediabilmente, il nostro pianeta. Per comprendere meglio cosa fare e cosa non fare nel nostro vivere quotidiano, ecco una serie di consigli che gli esperti suggeriscono di applicare, pensando non solo alla nostra salute, ma anche a quella delle nuove generazioni.
Ridurre il consumo di acqua. Quante volte facciamo scorrere inutilmente l’acqua del rubinetto? Dal lavarsi le mani e il viso ai denti, passando poi al lavaggio dei piatti della frutta e della verdura. Che dire poi della lavatrice e della lavastoviglie? Spesso non le usiamo a pieno carico sprecando oltre tutto tempo e danaro, oltre ad inquinare ulteriormente l’ambiente con detersivi, saponi e spreco d’acqua. 
Ridurre il consumo di energia elettrica. Dentro casa tutto funziona praticamente con l’energia elettrica. Ma quante apparecchiature restano costantemente attaccate consumando anche se lentamente energia? Che dire poi delle luci accese dove non servono? Con un po’ di buona volontà potremmo risparmiare sulla bolletta spegnendo le luci nelle stanze in cui non c’è nessuno, utilizzando le lampadine a risparmio energetico, e staccando durante le ore di non utilizzo gli apparecchi collegati alla corrente, come TV, PC, Tablet, etc.!
Riciclare e differenziare. Due vocaboli spesso usati insieme ma con notevoli differenze. Riciclare significa fare in modo che un oggetto possa essere utilizzato una seconda volta anche con un’altra funzione, mentre differenziare significa selezionare per bene i rifiuti in modo che possano essere poi utilizzati per diventare una “seconda” materia prima. Nel primo caso evitare gli sprechi significa meno materiale da conferire inquinando di meno, nel secondo caso consentirne un sicuro recupero. La carta, per esempio è un bene molto prezioso che fa risparmiare tanti tagli di alberi, così come risulta preziosa la raccolta di vetro, lattine e della plastica, che così non si disperde nell’ambiente.
Smaltimento RAEE. I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono un grande pericolo per l’ambiente se non smaltiti correttamente. I RAEE anziché essere gettati via possono, invece, essere spesso rigenerati e tornare a nuova vita, garantendo ottime prestazioni equiparabili ai prodotti nuovi; quando invece ciò non è possibile, se smaltiti correttamente, possono consentire di recuperare importanti elementi come rame, zinco e persino oro e argento”.
Economia della Condivisione. Entrare psicologicamente nell’economia della condivisione è un comportamento virtuoso che investe molti ambiti della nostra vita: dalla sfera privata a quella lavorativa, fino al tempo libero. 
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Si basa sul riciclo, sul prestito e sull’affitto a tempo determinato e ci aiuta a ottimizzare le risorse disponibili e a sprecare meno! Il car sharing e il bike sharing sono dei servizi eccellenti che contribuiscono a ridurre le emissioni di gas e di smog, sia diminuendo il numero di veicoli inquinanti in circolazione, sia usando le bici. La filosofia dello sharing vale anche per i mezzi pesanti, mettendo in contatto i trasportatori con gli utenti allo scopo di ottimizzare i viaggi a vuoto dei mezzi di trasporto per merci, riducendo così le emissioni di anidride carbonica.
Fare una spesa intelligente. Significa comprare quando è possibile prodotti a km 0 e comprare possibilmente il necessario senza troppe scorte. Secondo uno studio della Coldiretti, una famiglia che consuma cibi locali e di stagione può contribuire a ridurre le emissioni di anidride carbonica fino a 1000 kg all’anno. È bene ricordare anche che gli allevamenti intensivi hanno un impatto molto forte sull’ambiente per cui può essere utile ridurre il consumo di carne e pesce. Fare una dieta varia, composta principalmente da frutta, verdura e proteine vegetali fa bene al fisico, ma anche alla Terra!
Ridurre gli imballaggi inutili. Il problema è molto importante, in quanto in grandissima parte costituiti da plastica. Anche facendo la spesa, è fondamentale cambiare rotta e ridurre gli sprechi; non scegliete per esempio piatti e posate usa e getta: portatevi da casa la borsa della spesa, evitando di utilizzare diverse buste di plastica, scegliete infine detersivi a consumo (portandovi il contenitore da casa), o bevande confezionate in vetro.
Ottimizzare il riscaldamento. In casa una temperatura troppo alta, oltre che creare problemi quando si esce (raffreddori e colpi d’aria) contribuisce a spendere di più in gasolio o altri combustibili; allora teniamo sui 19 gradi il termostato, in quanto più che sufficiente ad avere la casa calda ottimizzando anche i consumi. Anche gli infissi esterni andrebbero esaminati e alla prima occasione sostituiti con quelli di migliore efficienza energetica!
Dare vita più lunga agli oggetti. Sarebbe sufficiente utilizzare almeno per 9 mesi un indumento per diminuire il suo impatto (calcolato tra il 20 per cento e il 30 per cento) sull’effetto serra, sulle risorse acquifere e sul sistema rifiuti. Pensateci prima di buttare un capo: prestatelo o donatelo! Gli indumenti che non usiamo, se riciclati, sottraggono all’ambiente tra il 5 e il 10 per cento dei rifiuti potenziali.
Fare acquisti green. Non inquinate le falde acquifere: in commercio esistono molti prodotti ecologici e naturali che ci aiutano a rispettare l’ambiente e a prenderci cura di noi! Infine, “Piantate alberi”. Un albero di medie dimensioni può assimilare in media ogni anno circa 6 kg di CO2. E allora via libera agli orti urbani e al verde in città!
Cari amici, se vogliamo davvero salvare il pianeta, lasciandolo correttamente abitabile alle nuove generazioni, modifichiamo ogni giorno i nostri gesti abituali, tenendo presente che questo mondo non è un giardino di nostra proprietà da utilizzare (e inquinare) a piacere, ma è il giardino di tutti, dove - non dimentichiamolo mai -  siamo ospiti e non padroni!
Grazie, amici della Vostra sempre gradita attenzione.
A domani. 
Mario
Cartoon dell'ipotetico Paradiso terrestre

giovedì, febbraio 27, 2020

ORISTANO E LA SARTIGLIA: ASSEGNATA A “SA MASSAIA MANNA” ANNA CONTINI LA “CAMELIA 2020”. È IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO DATO AD UNA DONNA SPECIALE, PROTAGONISTA DEL TORNEO DIETRO LE QUINTE.


Oristano 27 febbraio 2020

Cari amici,

La Sartiglia di Oristano è quello straordinario e glorioso torneo “senza tempo” (nel senso che le sue nobili origini si perdono nella notte dei tempi), che ha come protagonista il “cavaliere infinito”, Su Componidori, semidio per un giorno, capace di fare da tramite tra cielo e terra. Grande protagonista, dunque, anche se, grazie alla fervida mente di un personaggio straordinario, da qualche anno Oristano ha inteso rendere onore anche alle donne di Sartiglia, quelle silenziose protagoniste della grande giostra, che dietro le quinte operano fuori dalle luci della ribalta della grande giostra. 
Ad avere avuto l’idea di rendere il dovuto omaggio al silenzioso e indispensabile lavoro di queste Massaie e Massaieddas, è stata la fervida mente (direi meglio vulcanica) di Filippo Martinez, Majorale del Gremio del Cavaliere Infinito e dall'Ordine della Camelia. Un omaggio e un tributo alle donne, che è allo stesso tempo “Un doveroso tributo alla sacralità de “Su Componidori”, quel semidio - Cavaliere infinito, Re per un giorno della corsa e delle sorti della Comunità; un doveroso riconoscimento a quella pattuglia al femminile che, in funzione di assistenza alla preparazione de Su Componidori, in silenzio e con professionalità, opera con fedeltà e dedizione, affinché il capocorsa della Sartiglia sia sempre preparato con il massimo della perfezione e della regalità, essendo il suo Re.
È la storia, cari amici, a confermarci che a dare supporto ai tanti uomini importanti, anche di quelli che cambiarono le sorti del mondo, vi furono sempre, al loro fianco, donne ugualmente importanti, spesso protagoniste dietro le quinte; è grazie anche al loro contributo che furono raggiunti risultati importanti, dimostrando in questo modo il loro indispensabile apporto. Ludovico Ariosto, oltre 500 anni fa (tempi molti vicini alla nascita della Sartiglia), riferendosi al personaggio di Angelica nell'Orlando Furioso, così scriveva: “Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, / le cortesie, l'audaci imprese io canto”, dando già allora l’esempio della sacra funzione femminile.
Era il 2015, quando Filippo Martinez, quella straordinaria figura di uomo di “multiforme ingegno” al quale è difficile attribuire una specifica professione, essendo un personaggio onnisciente (regista, scrittore, pittore, uomo di teatro, inventore dell’Università di Aristan, solo per citare i campi più noti nei quali ha voluto cimentarsi), decise che era necessario istituire un “Premio” da attribuire ad una donna speciale: scelta fra quelle che in silenzio danno un contributo essenziale alla Sartiglia. Il premio fu semplicemente intitolato “La Camelia”, ed ebbe, già dal primo anno questa motivazione: “La Camelia è il riconoscimento annuale a una donna per celebrare tutte le donne che vivono attivamente e appassionatamente i colori, i profumi, i suoni, i cerimoniali, le tensioni, la gioia e l'ebbrezza della Sartiglia”.
La scelta della camelia come simbolo del premio non è stata certamente casuale. Nel linguaggio dei fiori la camelia rappresenta la passione, l’amore dato senza riserve, offerto con dedizione e sacrificio. La Camelia è un pegno e allo stesso tempo un impegno ad affrontare ogni sacrificio in nome dell'amore. Che dire, poi, del suo potere magico di portare fortuna a chi lo indossa? È per questo motivo che Su Componidori porta cucita al petto una camelia, capace di portagli fortuna, in grado di aiutarlo ad ingraziarsi la sorte, e che è, allo stesso tempo, anche simbolo di ‘rinascita’, di ritorno alla primavera.
Quest’anno “La Camelia 2020” è stata assegnata ad ANNA CONTINI, la Massaiedda che nel 1957 iniziò la sua opera di supporto al capocorsa, diventando poi Massaia Manna decana. Quando Gabriella Collu - prïóra dell'Ordine della Camelia e Presidente della giuria designatrice del premio - l'ha informata della nomina, non si è mostrata molto stupita, in fondo era sicura che prima o poi la Camelia sarebbe stata assegnata anche a lei! Anna Contini è così entrata autorevolmente nell'elenco che di anno in anno si allunga delle “Donne-Camelia”. Lei è la 6^, dopo Angela Solinas ('15), Gabriella Collu ('16), Maria Teresa Mereu ('17), Matilde Carta ('18) e la compianta Anna Paola Corona ('19).
Anna Contini con Gabriella Collu
La cerimonia di proclamazione ufficiale e di assegnazione della “Camelia 2020” (la prestigiosa Camelia in ceramica realizzata e generosamente donata, come ogni anno, dalla ceramista/giornalista Alessandra Raggio), si è svolta Lunedì 24 febbraio nell’Auditorium San Domenico, nel corso del tradizionale incontro dei cori “Cantando a Carnevale – Omaggio a Sa Sartiglia”, organizzato dal Coro Maurizio Carta. A consegnare la Camelia 2020 è stato Roger Emmi, il leggendario banditore per anni della giostra oristanese, nonché straordinario archivio vivente di storia e di storie affascinanti.  Il suo intervento, preciso ed efficace ha, come sempre, incantato i presenti, anche se “con sacrificio” ha dovuto limitare la sua grande capacità oratoria, con un discorso di non ‘lunga durata’, in quanto era necessario dare spazio agli altri protagonisti.
Il coro Maurizio Carta, è stato davvero eccellente, esibendosi in brani dal pathos incredibilmente toccante, così come hanno deliziato il pubblico eseguendo brani eccellenti il Coro Canarjos di Nuoro e il Coro Mediana di Meana Sardo. Nella bella serata, presentata da Silvia Orrù, la gente ha applaudito con sincera commozione, perché riconoscere, in particolare alle donne della Sartiglia, la loro straordinaria fedeltà e dedizione, riempie di gioia anche l’animo e il cuore degli uomini. 
Cari amici, una “Camelia” importante si è dunque aggiunta a quelle già consegnate, e sicuramente già da subito, comincerà la ricerca per la 7^ Camelia, quella del 2021! Ecco, intanto, per soddisfare la Vostra curiosità, il testo del papiro con la proclamazione di Anna Contini Camelia 2020 e che accompagna la Camelia in ceramica:
la serata con la bella cerimonia ha avuto termine con l’esecuzione del brano “Sa Sartiglia” (testo di Salvatore Pistis e musica di Salvatore Saba), che, avendo coinvolto anche tamburini e trombettieri, ha riscosso un grandissimo successo!
Atrus annus mellus!
Grazie, amici, a domani.
Mario
La giovane Anna Contini prepara la vestizione di Anna Dina Cozzoli, 1^ donna Componidori

mercoledì, febbraio 26, 2020

METANIZZARE LA SARDEGNA? I TANTI DUBBI DI UN PROGETTO CHE, FORSE, NON È QUELLO CHE VIENE DECANTATO E CHE NON RISOLVERÀ IL PROBLEMA DEI SARDI…


Oristano 26 febbraio 2020

Cari amici,

La Sardegna, non è certo una novità, è ancora oggi l’unica regione italiana priva di una rete di distribuzione del gas naturale. Alla Sardegna in realtà mancano sempre tante cose necessarie al suo sviluppo, e, come in questo caso, parte del suo mancato sviluppo sociale ed economico è derivato dalla mancanza di energia a basso costo, che ha impedito la competizione alla pari con le altre regioni. Ebbene, dopo tanti anni di colpevole assenza, ora (forse in tremendo ritardo), si cerca di accelerare, facendo le cose in gran fretta per dotare di una rete del gas la Sardegna; fretta che ai più appare alquanto sospetta, in quanto il futuro, come ben sappiamo, non poggia certo sul gas, ma sulle rinnovabili.
La realtà è che tra 5 anni, nel 2025, secondo una direttiva dell’Unione Europea, l’Italia dovrebbe aver messo a punto la dismissione delle fonti energetiche derivate dai combustibili tradizionali, riconvertendole alle rinnovabili. La Sardegna, in questo campo, ha due centrali a carbone che andrebbero quindi dismesse e, per poterlo fare, questa la giustificazione, si sta accelerando la realizzazione della rete del gas di cui tanto si parla. Le vie ipotizzate per “metanizzare” l’Isola sono comunque diverse: dalle condotte sottomarine per portare il gas algerino attraversando tutta la Sardegna ai depositi costieri da collocare in diversi punti delle nostre coste tra cui il porto di Oristano.
Questa necessità, seppure temporanea, di utilizzare il gas per consentire il funzionamento delle due centrali oggi funzionanti a carbone per la produzione di energia, non sarà certo indolore, ed ha già scatenato un vivace dibattito, tra i fautori della “dorsale del gas” che dovrebbe attraversare tutta l’Isola, e quelli contrari, che invece sostengono l’ipotesi della messa in funzione dell’elettrodotto Sicilia-Sardegna. Tra i partecipanti al dibattito vi sono anche quelli che credono nella via di mezzo: quella di utilizzare i grandi depositi costieri di gas, senza scavare l’intera isola.
Che anche il gas non sia ecologicamente pulito è cosa ben nota, in quanto questa fonte di energia è anch’essa di origine fossile come il carbone e il petrolio, per cui il suo utilizzo comporta ugualmente l’emissione di gas serra e di altri inquinanti atmosferici, anche se in misura sensibilmente inferiore rispetto agli altri combustibili fossili. Infatti, a parità di energia prodotta, la combustione del gas naturale emette circa il 75 per cento dell’anidride carbonica (CO2) prodotta dall’olio combustibile e circa il 50 per cento di quella prodotta dal carbone. 
Tuttavia, sempre pensando al problema della nostra Sardegna, il passaggio dai combustibili fossili alle rinnovabili non avviene dall'oggi al domani, quindi sarà comunque necessaria una transizione temporanea al gas, in attesa dell’incremento delle fonti rinnovabili; “transizione” che però, essendo limitata nel tempo, deve avvenire in modo ragionato e ponderato, senza creare situazioni che possano creare danni perenni al territorio, come quello della realizzazione della dorsale, che tra l’altro impiegherebbe tempi abbastanza lunghi.
Attualmente (dati dal piano energetico ambientale regionale) in Sardegna abbiamo i seguenti dati relativi alle fonti di produzione energetica: 78 per cento termoelettrica, 11 per cento eolica, 5 per cento bioenergie, 5 per cento fotovoltaico, 1 per cento idroelettrico.  Quanto alla Fonte termoelettrica, il 42 per cento viene da carbone, il 49 per cento dai derivati dal petrolio, il 9 per cento dalle biomasse. 
L’utilizzo del gas naturale sarebbe conveniente sul piano ambientale ed economico, qualora integralmente sostitutivo del carbone e dei derivati dal petrolio, anche se bisognerebbe tenere conto di un particolare non trascurabile: oltre il 46 per cento dell’energia prodotta in Sardegna “non serve” all’Isola ma viene esportato.   
C’è anche da fare un’altra considerazione, anch’essa molto importante: il metano, considerati i tempi di realizzazione della dorsale, arriverebbe in Sardegna non prima del 2025, quando ormai le fonti rinnovabili saranno ben più diffuse e saranno già le principali fonti di produzione energetica. Ecco allora l’interrogativo: vale la penna di spendere oltre 1,6 miliardi di euro, rivoluzionando l’intera isola con i lavori necessari, senza aver vagliato per bene le cose, e senza aver pensato prima ad altre eventuali soluzioni meno onerose sia dal punto di vista ambientale che economico?
Il popolo sardo si sta interrogando preoccupato su questo importante aspetto del futuro dell’Isola, e di recente i sindaci sardi indipendentisti, riuniti nell’associazione “La Corona de Logu”, in un’assemblea pubblica molto partecipata e seguita, hanno redatto un documento, che pone ufficialmente “Cinque domande” al Governo della Regione Autonoma della Sardegna, chiedendo una maggiore chiarezza sull’argomento metanizzazione. Ecco le cinque domande poste alla Giunta Regionale.

1.      Quale sarà il costo definitivo del metano per i consumatori sardi?

2.   È conveniente per i sardi investire 1,6 miliardi di euro nella realizzazione della dorsale per raggiungere solamente 73 Comuni su 377?

3.      In quale anno sarà completata l’infrastruttura?

4.      Il metano renderà l’Isola energeticamente autosufficiente?

5.      Quali sono i rischi per l’ambiente?

Il documento, poi, così continua: “Prima ancora di assumere una posizione definita sulla metanizzazione dell’isola, da amministratori locali indipendentisti vogliamo perfetta chiarezza sull’argomento. I cittadini delle nostre comunità rivolgono infatti a noi ogni giorno queste stesse domande e pretendono legittimamente risposte. Ma le risposte possono venire, su tale tema in particolare, solo dopo uno studio approfondito e una valutazione realistica, non ideologica e non affaristica, dei bisogni della Sardegna e dei suoi abitanti”. 
Il documento, sempre riferendosi ai “Bisogni presenti e futuri” della nostra Isola, così continua: “Non possiamo dimenticare che questa infrastruttura ipotecherà per decenni le politiche e le esistenze di figli e nipoti, e anche di chi ancora non è nato. Le cinque domande coprono altrettanti ambiti fondamentali relativi alla metanizzazione dell’isola. Solo una risposta esaustiva e soddisfacente a tutte quante insieme permetterà a noi e alle nostre Comunità di scegliere consapevolmente”.
Cari amici, il problema appare serio e difficile da risolvere, perché mentre il Governo nazionale, per bocca del Presidente Conte, ha dichiarato che l’ipotesi elettrodotto Sicilia-Sardegna rimane la prima scelta, mentre la Regione parteggia per la dorsale, intanto i depositi costieri di Gas GNL a Oristano e Cagliari continuano ad essere predisposti e a breve potrebbero entrare in funzione, garantendo l’utilizzo del gas nelle centrali ora a carbone  anche in tempi brevi. Come andrà a finire, nessuno per ora lo sa.
Personalmente, la mia modesta opinione è che le centrali ora a carbone potrebbero essere alimentate dai depositi di gas GNL ormai in via di installazione, evitando l’enorme spesa miliardaria per realizzare la dorsale. Il gas, come tutti auspicano, è una soluzione provvisoria, in attesa, dopo il 2025, di vedere operativi quei forti incrementi nel campo delle energie rinnovabili.
Staremo a vedere come va a finire…
A domani.
Mario
In futuro? Solo energie rinnovabili

martedì, febbraio 25, 2020

MEZZORA DI CAMMINATA AL GIORNO, TIENE ALLENATO ED EFFICIENTE IL NOSTRO CERVELLO, EVITANDO DI DIVENTARE SMEMORATI!


Oristano 25 febbraio 2020

Cari amici,

Che muoversi, camminare, risulti un’attività benefica per il nostro organismo, a tutte le età, è una cosa talmente nota che credo che tutti siano concordi nel confermarlo. L’uomo del resto non è nato per muoversi con i mezzi che successivamente ha creato, ma per spostarsi utilizzando le sue estremità, ovvero le gambe.
Col tempo, tuttavia, in particolare per lo sviluppo delle attività umane, il muoversi a piedi, per lavoro o per diletto, è diventato solo un ricordo, tant’è che per alcuni è qualcosa che appartiene al passato e non al presente. Eppure il camminare era e rimane un’attività davvero salutare, che apporta benefici a tutto il nostro organismo, in particolare, come gli studiosi hanno appurato di recente, migliora in modo significativo il funzionamento del nostro cervello.
Camminare a tutte le età almeno mezz'ora al giorno, possibilmente in modo veloce, aumenta il numero dei neuroni del nostro cervello, e questo significa un miglioramento della memoria e delle capacità cognitive della persona. Inoltre, come sostiene il Dottor Sergio Pecorelli, professore emerito di Ginecologia e ostetricia dell'Università di Brescia e componente del Comitato scientifico FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana), questo esercizio “aumenta anche la vascolarizzazione del cervello: nel senso che dà energia a queste nuove cellule". A riportare le sue dichiarazioni, che sostengono con convinzione che camminare “è una sorta di medicina”, è l'AdnKronos Salute, che ha sottolineato i benefici meno noti di questa attività fisica, come riportati dal professore.
Alla domanda su quali siano le dosi corrette di questa terapia, il professor Pecorelli ha risposto: "Si parla spesso dei famosi 10 mila passi al giorno, e tutti abbiamo un contapassi sul telefonino. Ma l'unità di misura più corretta è rappresentata dai minuti. L'ideale, lo dice anche l'Organizzazione mondiale della sanità, è fare almeno mezz'ora al giorno di camminata veloce, minimo per 5 giorni a settimana". Quando cominciare? Ecco la risposta: "Da subito: già quando il bambino ha 2 mesi bisogna lasciarlo libero di muoversi; poi dai 2 ai 5 anni deve fare almeno 3 ore al giorno di movimento, dal gioco allo sport”.
"In qualunque momento della nostra vita - assicura ancora Pecorelli - il movimento ha un impatto fondamentale di prevenzione delle malattie e di mantenimento delle nostre capacità fisiche e mentali". Un elemento chiave, di fronte a una popolazione mondiale che invecchia. "Oggi sono più di 50 milioni nel mondo le persone che soffrono di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza. Nel 2050 si pensa che saranno 135 milioni, un po' in tutti i continenti. E questo dato è molto preoccupante. L'unica cosa che possiamo fare è prevenzione, e la prevenzione migliore è l'esercizio fisico", dice ancora il professore.
Questo tipo di attività "stimola infatti la produzione a livello cerebrale di una sostanza che si chiama Bdnf, un fattore che va a colpire l'ippocampo anteriore, deputato a costruire le cellule chiave per la nostra memoria e le nostre attività cognitive". Non solo: "I nostri muscoli dopo l'allenamento – sostiene sempre Pecorelli - mettono in circolo una serie di sostanze tra cui i fattori di crescita vascolare, che passano la barriera emato-encefalica e permettono di costruire nuovi piccoli vasi, i quali portano nutrimento ed energia alle nuove cellule".
Insomma, non è mai troppo tardi per mettere mano a tuta e scarpe da ginnastica! "Se a 65-70 anni una persona si ripromette di fare una camminata veloce di mezz'ora al giorno, anche 45 minuti se può, alla fine dell'anno avrà l'1% in più di cellule cerebrali. Avrà, dunque, una riserva cellulare maggiore che gli servirà per la memoria e le capacità cognitive". Per muoversi senza rischi dopo gli 'anta', ecco dunque i consigli dello specialista: "Avere delle scarpe comode (sono stati studiati modelli con suole più larghe e a prova di caduta), mai andare a camminare da soli, meglio in coppia o con amici, fare percorsi sicuri e accertarsi che il terreno sia adeguato. Inoltre se possibile è bene cambiare percorsi, perché così si viene anche stimolati dal punto di vista cerebrale".
Cari amici, "Il vero rischio è non camminare”, come assicura il professor Pecorelli. La cosa migliore che possiamo fare è ricordarci che l'attività fisica, anche quando non ne abbiamo voglia, è come una prescrizione medica. L'esercizio fisico deve essere prescritto. E chi può farlo - si chiede Pecorelli - meglio dei medici di medicina dello sport insieme al medico di famiglia?".
A domani, amici.
Mario