lunedì, febbraio 03, 2020

LA SECONDA CONFERENZA DI “ITINERA ROMANICA”, DEDICATA AD ADELAIDE, GIUDICESSA DI TORRES, REGINA DI SARDEGNA.


Oristano 3 febbraio 2020

Cari amici,

Venerdì scorso 31 gennaio, all’interno del ciclo di conferenze promosso dall'Associazione Amici del Romanico, dedicate alle donne del Medioevo sardo protagoniste della vita politica dell’epoca, il tema è stato dedicato ad Adelaide, giudicessa di Torres. La conferenza, tenutasi nella sala S. Pio X del Museo Diocesano Arborense, portava il seguente titolo: “Un’effimera regina di Sardegna. Storia di Adelaide, giudicessa di Torres”.
Sarà perché gli argomenti trattati da questa associazione sono sempre risultati di grande interesse, ma il pubblico che si è riversato al Museo Diocesano era proprio quello delle grandi occasioni. La bella sala, con una capienza di 120 posti circa a sedere, non è stata sufficiente, tanto che numerose persone sono rimaste in piedi. Relatrice della conferenza la Dr.ssa Valeria Carta, dottoranda presso l'Università degli Studi di Cagliari.

Dopo i saluti rituali portati da Presidente dell’associazione, la Dr.ssa Carta ha dato inizio alla sua relazione, esponendo con dovizia di particolari la reale importanza che la giudicessa Adelaide aveva avuto nel periodo. Dall’esame dei rari documenti (Libellus Iudicum Turritanorum, Atti notarili di Genova e saggi storici) è stata ricostruita la vita di Adelaide. Figlia di Mariano II di Torres e da Agnese di Massa (figlia di Guglielmo I e di Adelaide Malaspina), nacque ad Ardara, presumibilmente nel 1207; i suoi fratelli erano Barisone, che succedette al padre, e Benedetta di Cagliari, che andò in sposa al conte di Ampurias, e che diventerà giudicessa di Cagliari dal 1217 al 1232.


Nel 1238 muore il marito Ubaldo e Lei doveva succedergli sul trono come vedova del defunto marito. Il marito, tuttavia, aveva designato a succedergli come erede il cugino Giovanni Visconti. Ma il cugino Giovanni si trovava a Pisa. Così Adelasia, che sorprendentemente aveva rifiutato di sposare Guelfo, di fatto divenne sovrana nel giudicato di Gallura. Nel frattempo ritornò nel nativo giudicato di Torres, trasferendosi dal castello gallurese di Monteacuto al palazzo giudicale di Ardara.
Adelasia, però, non avendo intenzione di subire passivamente le direttive della Chiesa e, sebbene fosse già trentunenne preferì accettare la proposta dei Doria in merito a un matrimonio con un ragazzo di diciotto anni, definito attraente e bello, Enzo, figlio naturale dell'imperatore Federico II di Svevia. Ancora una volta Gregorio IX, infuriato nel vedere la Sardegna sottratta alla sua influenza, scomunicò Adelasia, che aveva violato gli accordi, e il marito svevo. 
Il matrimonio non risultò felice per Adelasia. Enzo, infatti, insofferente e desideroso di ritornare nella penisola, nel luglio del 1239 lasciò la Sardegna, convocato dall'imperiale genitore, per combattere nei suoi eserciti. Adelasia si separò così da Enzo, mantenendo comunque il titolo di giudicessa di Torres e di Gallura. Nonostante ciò, Enzo continuò fino alla morte a fregiarsi del titolo di re di Torres e di Gallura: emanava decreti, impartiva ordini e direttive e, nel testamento, lasciò i territori sardi ad una figlia naturale.

Gli ultimi anni della regina Adelasia furono tristi e solitari, avvolti nella leggenda delle cronache popolari. Non esistono documenti che possano in qualche modo inserire la figura dantesca di Michele Zanche nella sua vita. Rarissimi documenti parlano di lei, che sicuramente era ancora sul trono fino al 1255, allorché il papa Alessandro IV scrisse quattro lettere ai giudici sardi e una era indirizzata alla sovrana di Torres. Adelasia, infine, dato che il palazzo ardarese e Sassari erano controllati dai vicari di Enzo, si ritirò volontariamente nell'austero castello di Burgos, che non lasciava mai e in cui trascorse i suoi ultimi anni.
Con la dipartita di Adelasia, che aveva lasciato i suoi beni alla Chiesa, si estinse il giudicato di Torres, spartito tra i Doria, i Malaspina e gli Spinola. Indubbiamente la sua fu una vita tormentata, tanto che fu definita “La giudicessa triste”.
La Dr.ssa Valeria Carta, in chiusura della relazione l’ha voluto ricordare, con il sonetto di Jacopo da Lentini, poeta e notaio dell'imperatore, che iniziava così: "Angelica figura e comprobata, dobiata di ricura e di grandezze, di senno e d'adornezze sete ornata e nata d'afinata gentilezze".
A termine della relazione, il pubblico è stato invitato a fare delle domande e ad avviare un dibattito. Poi, il presidente Antonello Figus, dopo aver ringraziato tutti, ha ricordato i prossimi appuntamenti: il 7, il 14 e il 28 di febbraio, nei quali verranno trattati i personaggi di Eleonora d’Arborea, Timbora di Roccaberti e Sibilla De Moncada e, nell’ultima giornata, Massimilla, Badessa di S. Pietro di Silki.
Davvero una conferenza di sicuro interesse!
Mario








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