Oristano 13 febbraio 2020
Cari amici,
Oggi mi piace riflettere con Voi, cari lettori, sulla straordinaria caratteristica di noi sardi: la longevità. La Sardegna, come ben
sappiamo, è considerata a pieno titolo una “Blue Zone”, ovvero una terra
di centenari, per il fatto che è dimostrato che i Sardi sono uno dei popoli più
longevi al mondo; questo importante record ha mobilitato non poco gli studiosi,
che non fanno altro che cercare di trovare le motivazioni che consentono di
raggiungere simili traguardi.
Tra i segreti di lunga
vita studiati finora, c’è certamente l’amenità dei luoghi, la mancanza d’inquinamento,
una vita attiva ed un’alimentazione sana ed equilibrata; a tutto questo bisogna
poi aggiungere la predisposizione dei sardi alla resilienza, ovvero quella
capacità di affrontare e superare le difficoltà, oltre alla particolare composizione
del microbiota, cioè le colonie di microrganismi che vivono nell’intestino.
Ebbene, tutto questo, però, agli studiosi non è bastato, tanto che la ricerca
continua e di recente sono salite alla ribalta anche altre ipotesi.
Una di queste ipotesi,
elaborata dai ricercatori dell’Università di Cagliari, risulta oltremodo curiosa, in quanto ha messo in relazione la particolare longevità dei sardi
con il ruolo svolto dal “Recettore dell’amaro”, il così detto TAS2R38. Questo interessante studio, svolto dai ricercatori dell’Università di Cagliari e pubblicato lo scorso mese di dicembre su Scientific Reports, ha valutato
il rapporto tra percezione dei sapori amari e la longevità nei Sardi.
Lo studio ha coinvolto 94
centenari della “Blue Zone” della Sardegna, un’area che comprende sei paesi
montani dell’Ogliastra e della Barbagia, in cui la percentuale di nati tra il
1880 e il 1900, che hanno raggiunto i cento anni, è doppia rispetto a quella
dell’intera Isola. In questa popolazione
di centenari i ricercatori hanno valutato con quale frequenza si presentasse la
forma funzionale del recettore TAS2R38 (cioè quella che percepisce le sostanze
amare PROP e PTC), rispetto alle due popolazioni di controllo provenienti dalla
zona di Cagliari (181 persone di 18-35 anni e 98 persone di 36-85 anni).
Poiché la capacità di
percepire il sapore dei composti suddetti è considerata un indicatore di
salute, le alterazioni del TAS2R38 non solo modificano la percezione del gusto
e le abitudini alimentari, ma influenzano anche la suscettibilità alle
malattie, la severità e la prognosi e, di conseguenza, le aspettative di vita. Ebbene,
le analisi hanno rivelato che PAV, cioè la forma funzionale di TAS2R38, era più
frequente tra i centenari della Zona Blu rispetto ai gruppi di controllo, dove
al contrario era più frequente la forma non funzionale AVI.
Poiché è noto che tali
recettori controllano anche le risposte immunitarie e vari processi fisiologici
in sede extra-orale e le loro disfunzioni sono associate a rino-sinusite cronica,
tumori colon-rettali e malattie neurodegenerative, la ricerca ha dimostrato che
i centenari, risultando più sensibili ai composti amari (supertasters) rispetto
a quelli "non-tasters", di conseguenza appaiono più protetti nei confronti delle
malattie cardio-metaboliche.
Secondo le ipotesi più
accreditate, infatti, dal momento che la percezione dei composti amari è
associata a quella dei grassi, i supertasters sentirebbero di più anche il
sapore di questi ultimi e, perciò, ne ingerirebbero di meno. Al contrario,
invece, i non-tasters mangerebbero più grassi per compensare questo deficit
gustativo, andando incontro a sovrappeso e obesità, fattori di rischio
accertati per il diabete, l’infarto e l’ictus.
Come sempre, però, tutto oro
quello che luccica. Infatti, una maggior sensibilità ai sapori amari porta i
supertasters a consumare meno alimenti amari, alcuni dei quali, tuttavia, risultano
benefici per la salute e per questo motivo non rinunciabili. Tra le più
importanti sostanze utili che contengono il sapore amaro, vi sono: i
secoiridoidi dell’olio extravergine di oliva, i glucosinolati della rucola, dei
ravanelli e dei broccoli, i polifenoli di agrumi, tè verde e caffè.
Le sostanze amare in essi
contenute, infatti, oltre a proteggere le cellule dai radicali liberi ne
controllano la crescita e la sopravvivenza, contrastando lo sviluppo di
malattie degenerative e tumori. In sostanza i risultati dello studio (anche se in
parte un po’ contradditori), suggeriscono di perfezionare ulteriormente la
ricerca, che appare comunque molto interessante. Una delle certezze, infatti, è
il fatto che i Sardi della Zona Blu risultano più longevi in quanto
geneticamente predisposti a una dieta povera di grassi.
Staremo a vedere cosa
riusciremo ancora a scoprire!
A domani, amici!
Mario
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