Oristano 12 febbraio 2020
Cari amici,
Nonostante a parole si
dica che si sta facendo di tutto per diminuire la corruzione, in Italia l’Indice
di Percezione della Corruzione (CPI), riferito allo scorso 2019, vede l’Italia
collocata al 51° posto nel mondo, con un punteggio di 53/100. Il
nostro Bel Paese, dunque, guadagna ben poco: solo un voto in più rispetto alla
scorsa edizione, restando ancora ben lontano dalla sufficienza e molti problemi
strutturali ancora tutti da risolvere.
Per definire il
posizionamento delle 180 nazioni e stilare la relativa classifica, il Corruption
Perceptions Index prende in
analisi tredici valutazioni fatte dagli esperti. I risultati ottenuti per il
2019 in realtà non sono troppo incoraggianti neanche per molti altri Paesi: più
di due terzi delle Nazioni, nonché buona parte delle economie più avanzate del
mondo, presentano una situazione stagnante o mostrano una diminuzione negli
sforzi alla lotta contro la corruzione.
In dettaglio, a dominare
la classifica (collocati ai primi 2 posti), sono la Danimarca, a pari punti con
la Nuova Zelanda (nell’anno precedente, il 2018, la Nuova Zelanda era in
seconda posizione). A seguire la Finlandia, mentre la Svizzera si piazza al
quarto posto, come Singapore e Svezia. Nello specifico, dall’indice emerge anche
che oltre due terzi dei Paesi analizzati ha un punteggio inferiore a 50. Sono
invece 16 i Paesi che hanno subito un forte peggioramento, tra cui l’Australia,
l’Ungheria e la Turchia. Nessuna sorpresa anche nelle parti basse del ranking:
Somalia, Sud Sudan e Siria si posizionano agli ultimi posti.
In Europa, dopo la
Danimarca, sono in eccellente posizione Finlandia e Svezia, mentre al
contrario, Bulgaria, Romania e Ungheria occupano le ultime tre posizioni della
classifica continentale. A livello globale l’analisi dettagliata vede un
peggioramento del Canada (-4 punti), della Francia e del Regno Unito (-3),
mentre migliorano le posizioni la Spagna (+4) e la Grecia (+3). Tra i Paesi del
G20 rimangono stabili Germania e Russia (rispettivamente con un voto di 80 e di
28, come nel 2018) mentre perdono due punti gli USA (69 contro i 71
precedenti).
Tornando al nostro Paese,
prendendo in esame il periodo che va dal 2012 al 2019, l’Italia ha guadagnato 12 punti e scalato 21 posizioni. Il 2012, come ha evidenziato Giovanni
D’Agata, Presidente dello “Sportello dei Diritti”, il nostro Paese ha segnato
una svolta importante con l’introduzione della Legge Severino e successivamente
ha rafforzato il miglioramento con l’istituzione dell’Autorità Nazionale
Anticorruzione.
Si, amici, nel settore
pubblico purtroppo permangono alti livelli di corruzione, scarsa trasparenza e
conflitti d’interesse. Le Istituzioni, per fa riacquistare la fiducia dei
cittadini, dovrebbero operare senza indugio, perché possa essere percepita una
maggiore trasparenza e integrità, in specie all’interno della Pubblica
Amministrazione. Le nuove norme varate sono andate certamente nella giusta
direzione ma ancora insufficienti, in quanto senza regole certe sulla
trasparenza (è d’uso cercare di influenzare le decisioni pubbliche) e quindi sulle
attività di lobbying, la corruzione non potrà certo essere debellata.
Non illudiamoci dunque dei
modesti risultati raggiunti in 7 anni: se abbiamo guadagnato 12 punti, ci
rendiamo anche conto che i miglioramenti stentano a continuare, visto che anche
se nello scorso anno un rallentamento c’è stato, rispetto ai miglioramenti
degli anni precedenti. In particolare, come dimostrano diversi fatti di
cronaca, la criminalità organizzata continua a spadroneggiare, preferendo
spesso l’arma della corruzione, rispetto alla brutale violenza di prima; la corruttela
è un reato ben più difficile da identificare e combattere.
A tutto questo c’è anche
da aggiungere, come accennato prima, la mancata regolamentazione del lobbying e
dei conflitti di interesse, cosa che avrebbe potuto sicuramente porre un freno agli
atti di corruttela, ma ancora il Parlamento, per i difficili accordi tra le
forze politiche, non è ancora riuscito a varare i relativi atti
regolamentativi. Tra l’altro, di recente, non è stato dato un buon esempio di
trasparenza, inserendo nell’ultima legge Finanziaria l’abolizione degli
obblighi di comunicazione dei redditi e dei patrimoni dei dirigenti pubblici.
Che dire poi dell’attuale
regolamentazione degli appalti pubblici, mille volte dichiarata migliorabile per
renderla capace di filtrare eventuali intromissioni corruttive, ma purtroppo mai
presa in mano sul serio? Un codice degli appalti più efficace e un maggior controllo
e successivo monitoraggio degli appalti affidati, riuscirebbero di certo a
diminuire drasticamente la corruzione in atto!
Cari amici, se il nostro
Paese vuole davvero scrollarsi di dosso la nomea di “Paese corrotto”,
dovrà seriamente affrontare ben altre sfide. Le parole, i buoni propositi, non
bastano! Ci vuole coraggio e determinazione per prendere decisioni che, anche
se potenzialmente potrebbero essere in grado di portare via dei voti (quelli
comprati, ovvio), il ritorno ad un’Italia pulita, dove la corruzione è bandita,
porterebbe al Governo quegli italiani che lo meritano davvero! Quelli
trasparenti ed onesti!
A domani.
Mario
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