sabato, febbraio 15, 2020

L’INVIDIA E IL DISPREZZO PER IL SUCCESSO ALTRUI, DIMOSTRANO CHE LA SINDROME DI PROCUSTE È ANCORA VIVA E VEGETA!


Oristano 15 febbraio 2020

Cari amici,

C’è un male sottile che da molti secoli avvelena la specie umana: è la “Sindrome di Procuste”. Questo sentimento negativo, che in genere si manifesta con l’invidia e il disprezzo nei confronti di una persona che ha avuto più meriti di noi, è da sempre così forte, che è in grado di creare serie problematiche anche nella persona che lo prova. Chi soffre di questa sindrome, che nella gran parte dei casi è ingiustificata, è caratterizzata da ostilità, avversione, antipatia, odio intenso e aggressività, nei confronti dell’altro, visto come un temibile avversario. Ma vediamo meglio perché si chiama Sindrome di Procuste.
Procuste, detto anche Damaste, era un personaggio della mitologia greca, che di professione faceva il brigante nell'Attica. Figlio di Poseidone, Procuste operava appostato sul monte Coridallo, lungo la via sacra tra Eleusi e Atene; qui aggrediva i viandanti e li torturava, straziandoli e battendoli con un martello su un'incudine a forma di letto. I malcapitati deposti su questo letto di tortura venivano così massacrati: stirati a forza se troppo corti, o amputati qualora i loro arti sporgessero dal letto. L’uomo, data la sua terribile fama, era temuto e ricercato e, dopo diversi tentativi, fu Teseo ad ucciderlo facendogli patire la stessa sorte. Ma vediamo perché la sindrome derivante da questa figura mitologica continua a svilupparsi in età moderna.
Come ben sappiamo l’uomo è sottoposto costantemente a numerosi e variegati stati emozionali. Gli studiosi addirittura affermano che l’uomo vive immerso in una miriade di emozioni. Queste sono costituite da gioia o dolore, gratitudine o antipatia, felicità o tristezza paura o rabbia, solo per citare le emozioni più frequenti. Ma vi sono anche momenti in cui prevalgono le emozioni ancora più complesse, come l’imbarazzo, la vergogna, il senso di colpa, la gelosia, l’invidia e il disprezzo.
Proviamo a focalizzare la nostra attenzione sugli ultimi due sentimenti negativi: l'invidia e il disprezzo. Il disprezzo, per esempio, può essere ritenuto valido e accettabile nei confronti di una persona che ci ha fatto del male, che ha deluso le nostre aspettative, che si è macchiata di tradimento nei nostri confronti; ma quando questo sentimento dovessimo provarlo nei confronti delle persone che hanno avuto solo “la colpa” di essere riuscite ad emergere più di noi, di superarci nel lavoro o nella vita sociale, perché magari più brave e capaci, il nostro disprezzo, così come la nostra invidia, sarebbero assolutamente fuori luogo, sentimenti assolutamente ingiustificati!
Eppure l'invidia, questo subdolo sentimento, seppure sotto molti aspetti anomalo in quanto privo di giustificazione, è più frequente di quanto possiamo immaginare! Si, amici, questa malevola sindrome, detto appunto di Procuste, colpisce anche oggi tante persone, in particolare nel mondo del lavoro, dove aleggia in tutte le classi: dall’operaio al manager. È presente, inoltre, in tutti gli aspetti della vita relazionale e di società, dove si insinua come un virus, non appena ci accorgiamo che chi ci sta vicino riesce a conquistare più simpatie di noi!
A ben pensare, le conseguenze che questo malevolo sentimento crea sono alquanto dannose. È accertato scientificamente che è una patologia mentale abbastanza grave, dannosa anche per il soggetto che ne soffre. Chi è affetto da questa sindrome non solo invidia costantemente gli altri ma tenta anche di ostacolarli per evitare che raggiungano i loro obiettivi personali. In realtà questa invidia/disprezzo che si manifesta nei confronti dell’altro risulta legata a doppio filo all’autostima del soggetto, costretto ad un continuo confronto con l’altro, che gli appare come un temibile avversario che lo mette in ombra e quindi da atterrare.
L’ansia interiore creata dalla sindrome di Procuste, porta il soggetto a confrontarsi costantemente con l’altro, facendo diventare questo confronto ossessivo e distorto, minando così le sue difese e portandolo a sentirsi sminuito, frustrato e sconfitto. Questo suo comportamento irrazionale, quando si confronta con gli altri, lo porta a dichiarare in modo convinto che le persone che lo hanno superato erano tutte mediocri. Non ammetterà mai che qualcuno possa brillare più di lui; in questo modo, invece di sforzarsi di crescere come persona e allargare così i propri orizzonti, cerca invece di limitare quelli degli altri.
Riconoscere una persona affetta da questa sindrome non è difficile. Chi ne soffre ha un atteggiamento prepotente, messo in atto per nascondere la sua insicurezza e il sentimento d’inferiorità, si mette sempre sulla difensiva, cercando di “deformare” la realtà per portarla a suo vantaggio, è intollerante e non da deleghe, mantenendo su di sé molte responsabilità per non cederle agli altri col pericolo di farli brillare, non è mai disponibile al cambiamento, e il suo giudizio deve essere preso sempre come verità assoluta.
Cari amici, la sindrome di Procuste è molto più diffusa e dannosa di quello che comunemente si tende a credere! Pensate che anche nei Paesi anglosassoni (seppure con una mentalità un po’ diversa da quelli cresciuti con la cultura greca) esiste una sindrome similare, che si manifesta con la tendenza a criticare o isolare chi riesce ad emergere. È chiamata “Tall poppy syndrome” (“sindrome del papavero alto”), ed è davvero molto simile alla sindrome di Procuste.
La cultura anglosassone ha acquisito questa patologia mutandola in realtà dalla cultura romana. Nel libro di Tito Livio sulla storia di Roma si narra che il figlio di Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma, dopo la conquista della città di Gabi si consultò col padre per domandargli come organizzare la nuova vita della città appena dominata. Il re padre, mentre passeggiavano nel giardino, con un bastone spezzò tutti i papaveri più alti della media, per indicare al figlio, sotto forma di metafora, che avrebbe dovuto eliminare tutti i cittadini di quella città che prima contavano!
Cari amici, invidiare il successo degli altri è purtroppo una male così diffuso che pensare di liberarsene non sarà facile; in realtà molto deriva dalla competizione esagerata che di norma viviamo, dal fatto che il rapporto umano non è governato dall’amore ma dall’odio, e così l’avanzare degli altri nei nostri confronti fa scattare quei meccanismi che fanno crescere in noi i sentimenti malevoli, a partire dal disprezzo.  
La fratellanza, purtroppo, non alberga facilmente nella specie umana! È triste, amici, ma è così.
A domani.
Mario

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