giovedì, febbraio 20, 2020

PNEUMATICI FUORI USO E IL DIFFICILE RICICLO. ORA, PERÒ, CON UN NUOVO METODO, NON SARANNO PIÙ UN PROBLEMA AMBIENTALE.


Oristano 20 febbraio 2020

Cari amici,

Che nel mondo circolino ormai tantissimi mezzi di trasporto che si muovono su gomma, non è certo una novità, anche se spesso dimentichiamo che le gomme sulle quali si muovono hanno una vita abbastanza breve, con necessità di diversi “cambi” nel tempo. Questo fa sì che si accumulino immense cataste di pneumatici usati, che risultano essere una merce difficile da smaltire. Si pensi solo che di pneumatici per auto ogni anno ne vengono venduti tantissimi, tanto che nel solo nel 2019, sono stati circa 3 miliardi (cifra stimata dai ricercatori della McMaster University in Ontario). Un numero così importante sta anche a significare che, una volta “consumati”, smaltirli risulta un vero problema, e perciò la maggior parte dei pneumatici usati (PFU) finisce ancora oggi in discariche o impianti di stoccaggio. Con il rischio, in caso di incendio, di rilasciare nell’aria contaminanti estremamente dannosi per l’ambiente. 
Questo problema, difficile da risolvere, ha alimentato diversi studi e, in particolare negli ultimi anni, numerosi progetti di ricerca hanno cercato di trovare nuove metodologie di recupero, utili al riciclaggio delle componenti di questo difficile prodotto. A parte il “riciclo creativo”, che assorbe ben poca cosa, gli studi degli anni scorsi hanno cercato di trasformare questi pneumatici in granella di gomma, utilizzata poi, miscelata al cemento, per realizzare mattoni per l’edilizia, oppure per creare asfalti più insonorizzati, e addirittura essere trasformata in carburante. Un recupero tuttavia parziale, in quanto, comunque, alcune sostanze restavano irrecuperabili, come i polimeri per esempio; il motivo è dovuto ai forti legami che si creano durante il processo di indurimento, in cui lo zolfo viene miscelato con gomme naturali per creare ponti tra i polimeri e trasformare così il liquido in un materiale solido.
Ora però, grazie a nuovi studi, qualcosa di importante è cambiato. Una ricerca condotta dai ricercatori canadesi della McMaster University, poi pubblicata su Green Chemistry, ha messo a punto un innovativo sistema che potrebbe risolvere l’annoso problema. “La chimica dello pneumatico è molto complessa e, per una buona ragione, non si presta al degrado”, ha spiegato Michael Brook, professore presso il Dipartimento di Chimica e Biologia Chimica della McMaster University e autore principale dello studio. “Le proprietà che rendono gli pneumatici così durevoli e stabili su strada li rendono anche estremamente difficili da distruggere e riciclare”.
Il team di ricercatori è riuscito a sviluppare e mettere a punto quelle che il professor Brook ha descritto come “forbici molecolari”, che funzionano tagliando i legami polimerici e “dissolvendo” il materiale gommoso. “Abbiamo trovato un modo per tagliare tutte le linee orizzontali, quindi, invece di avere una rete, si ottengono delle singole corde, che possono a loro volta essere isolate e successivamente riutilizzate molto più facilmente”.
È certamente solo un primo passo di un lavoro complesso quello effettuato, e gli stessi scienziati specificano che la ricerca è ancora agli inizi e che la tecnica trovata è attualmente troppo costosa per essere impiegata a livello industriale. Tuttavia una nuova strada è stata aperta e la svolta sembra essere promettente e, come tante altre volte è successo, ora si lavorerà per rendere il nuovo processo più economico, che consentirà applicazioni ben più ampie. “Ci stiamo lavorando, ma questo è il primo e più importante passo” - ha affermato Brook - questo processo chiude il ciclo sulla gomma per autoveicoli, consentendo la conversione di pneumatici usati in nuovi prodotti”.
Cari amici, la scoperta di cui stiamo parlando, credo sia ben più importante di quanto appaia. In realtà i grandi Paesi sviluppati, ovvero quelli che utilizzano la gran parte di questi pneumatici che poi diventano un rifiuto difficile, cercano di liberarsi di questi “rifiuti pericolosi”, inviandoli in altre parti del mondo dove risiedono i Paesi poveri. Vanno a finire in Asia, per esempio, le gomme usate in molti Paesi europei, primi fra tutti Regno Unito e Italia. Si, proprio la nostra beneamata patria.
Da un’indagine svolta dalla Reuters è risultato che l’Europa è in parte artefice delle emergenze climatiche in Paesi ad elevato tasso di inquinamento nel continente asiatico. Questo proprio per la consuetudine (in gran parte illegale) di trasferire questa tipologia di rifiuto in questi Paesi poveri, che li acquisiscono per ragioni economiche, smaltendoli, poi, in modo irregolare. Molti carichi di pneumatici vengono trasferiti in India (quasi un terzo) e a seguire in Corea del Sud e in Turchia.
Come ha spiegato Reuters, “Per molti Paesi sviluppati, spedire pneumatici all’estero è più economico che riciclarli a livello nazionale.” Il problema di questo “traffico” è anche rappresentato dal fatto che gli pneumatici non sono considerati materiali pericolosi, dunque se ne perdono le tracce nei container e finiscono in villaggi sperduti in cui non vengono trattati secondo le regole, arrivando ad incidere sulle emergenze climatiche.
Ecco perché, cari amici, ci auguriamo tutti che la ricerca che ho riportato oggi, semplificando le procedure di ricupero, riesca quanto prima a rendere meno appetibili le pratiche illegali o scorrette di smaltimento, contribuendo in modo significativo a salvaguardare il nostro pianeta.
A domani.
Mario



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