Oristano 10 febbraio 2020
Cari amici,
È scomparsa l’INFLAZIONE!
L’abbiamo combattuta per anni, era considerata una peste da Governi, banche
centrali e risparmiatori, in quanto capace di divorare in poco tempo i risparmi
di una vita, e poi, lentamente ma inesorabilmente, essa si è eclissata,
scomparendo dal giro commerciale dei Paesi industrializzati. Così come succede
per le persone che non ci sono molto simpatiche, oggi però iniziamo a sentirne
la mancanza, perché in realtà essa aveva una funzione per molto tempo ignorata.
Ora infatti, che ci
ritroviamo ad inflazione zero, e sotto certi aspetti addirittura negativa, ci
accorgiamo che l’economia non ne ha beneficiato affatto, e molti Paesi,
compreso il nostro, sono caduti in deflazione, con la ripresa economica che non
accenna a ripartire. Il fatto che in
passato l’inflazione fosse arrivata a toccare le due cifre, mentre oggi praticamente
non esiste, se a molti può sembrare una buona notizia, in realtà ha creato
invece un bel problema, in quanto anziché un aumento di ricchezza, ha partorito
una diminuzione.
Nei periodi prima
ricordati, quanto si parlava di inflazione a doppia cifra, l’economia cresceva:
ne sono un esempio eclatante gli anni Settanta del secolo scorso, che videro anche
in Italia una crescita economica straordinaria, con uno sviluppo di affari che
creò nuove aziende e numerosi posti di lavoro. Allora, poniamoci il problema:
perché l’inflazione è considerata la “bestia nera” dell’economia? In realtà le
dinamiche scatenate dall’inflazione sono molteplici ed è importante conoscerle
bene e cercare il giusto equilibrio, anche se spesso è difficile da trovare.
L’inflazione in realtà
non va considerato un male assoluto, ma un meccanismo da tenere a freno, ovvero
sotto controllo. Con un’inflazione modesta, l’economia gira, i soldi depositati
hanno la giusta remunerazione (cosa che stimola il risparmio) la gente spende
(pensando che frenando gli acquisti di oggi, domani costerebbero di un po’ di
più) e le aziende investono, creando nuovi prodotti e nuovi posti di lavoro. È l’inflazione
fuori controllo, invece, quella che distrugge il cosiddetto potere d’acquisto –
visto che i soldi valgono sempre meno – e rende quindi l’economia di un Paese
caotica ed estremamente debole.
Insomma, il mercato
richiede un’inflazione sotto controllo! Un’inflazione mediamente bassa risulta
positiva, mentre un’inflazione alta, crea panico e mette a rischio il mercato.
Mediamente bassa, però, non significa inflazione vicina allo zero. Quando l’inflazione
non esiste, e i prezzi non salgono o salgono pochissimo, il mercato corre il
rischio di fermarsi: le aziende non investono, perché i clienti frenano gli
acquisti o li rinviano (tanto le merci non aumentano di prezzo). Questo è praticamente
quello che oggi stiamo toccando con mano, ed è un vero problema. Zero
inflazione, infatti significa essere a un passo dalla deflazione, cioè in una
situazione di generale calo dei prezzi, che è ancora peggio dell’inflazione: perché
chi deve comprare è ulteriormente frenato dal fatto che se attende pagherà di
meno.
Ecco un esempio. Perché
una famiglia deve comprare oggi un televisore nuovo quando tra qualche mese
costerà meno? Un imprenditore perché dovrebbe fare oggi un importante
investimento in azienda, se sa che tra pochi mesi spenderà meno? In questo modo
le spese vengono rimandate, causando ulteriore deflazione, che a sua volta
disincentiva ancora di più dallo spendere, sia le famiglie che le aziende. E
non è tutto.
In periodi di questo
tipo, il risparmiatore (l’Italia, tra l’altro, continua ad essere un Paese di
forti risparmiatori) vede che i suoi soldi depositati in banca non solo non
fruttano alcun interesse, ma deve sostenere addirittura un costo per
mantenerli. È questo uno è certo uno stimolo a continuare a risparmiare. Per
questa ragione le principali banche centrali hanno fissato come obiettivo delle
loro politiche monetarie il raggiungimento di un tasso di inflazione del 2 per
cento, un livello che ritengono sufficientemente basso da garantire prezzi
stabili e sufficientemente alto da tenere alla larga la deflazione.
La BCE, durante il
periodo di Mario Draghi, ha provato, attraverso lo strumento finanziario del
Quantitative Easing, di immettere flussi di liquidità nel sistema, in modo da
ricreare le condizioni per una risalita, seppure modesta, dell’inflazione e di
conseguenza una ripresa del mercato. Ciò nonostante, però, poco o nulla si è
mosso e la situazione appare ancora ferma al palo. Allora sarà necessario
studiare nuovi sistemi, magari straordinariamente innovativi, ma tali,
comunque, da ricreare situazioni che possano mettere in moto l’economia.
Le idee, tuttavia, non
mancano, anche se forti. Si parla di mettere in atto soluzioni un tempo
ritenute impossibili da applicare: come ad esempio il finanziamento di grandi
progetti infrastrutturali (magari legati alla green Economy) “stampando
denaro”, da parte delle banche centrali, ovvero immettendo grossi
quantitativi di moneta sul mercato, nell’intento di raggiungere 2 obiettivi:
rivitalizzare l’economia e far risalire l’inflazione.
Indubbiamente appare una
soluzione per poter uscire da una crisi che finora appare senza via di sbocco
ma che comunque è da trovare. Per quanto riguarda l’Italia, sarà la BCE, ora
guidata da Christine Lagarde, a trovare la soluzione giusta che si spera possa
far ripartire l’economia dell’intera Unione Europea, che, se vorrà sopravvivere,
dovrà rassegnarsi ad aprire i cordoni della borsa che continua a tenere chiusi
ermeticamente.
A domani.
Mario
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